Vaccino Covid, al via la sperimentazione sui bambini
La sconfitta del Covid, che circola largamente tra i giovani e giovanissimi spesso in forma asintomatica, è inattuabile senza il coinvolgimento dei minori che rappresentano il 36% della popolazione mondiale. Ne sono sempre più convinti esperti e scienziati di tutto il mondo. Al punto che c'è già chi sta facendo i primi test del vaccino per gli under 16.
Stiamo parlando dello Stato di Israele, che ha già inoculato Pfizer a 600 bambini tra 12 e 16 anni, con ottimi risultati sull'efficacia e sicurezza del farmaco e l'urgente inclusione dei più giovani nel protocollo di prevenzione vaccinale per il raggiungimento dell'immunità di gregge.
La stessa azienda ha dichiarato di condurre in questo momento uno studio rivolto alla somministrazione del vaccino su individui tra 12 e 15 anni e tra 5 e 11 anni. Anche Astrazeneca estenderà la sperimentazione ai bambini di età inferiore a 6 anni.
Moderna, che sta già realizzando il trial sugli adolescenti (12-17 anni), ha recentemente reclutato 6.750 bambini in età compresa tra 6 mesi e 11 anni negli Usa e in Canada, per il trial clinico KidCove di fase 2-3 sul vaccino, in collaborazione con Niaid (National Institutes of Allergy and Infectious Diseases e Biomedical Advanced Research and Development Authority. Iltrial randomizzato si svolgerà in doppio cieco, secondo il quale una parte dei partecipanti riceverà il vaccino mentre l'altra metà placebo.
Per i bebè e i bambini sono stati modificati i dosaggi, ma tutti avranno la seconda dose dopo 4 settimane. Lo studio stabilirà sicurezza e immunogenicità del vaccino, seguendo i minori sino a 12 mesi dal richiamo: «È ovviamente un avanzamento importante della ricerca anti-Covid» – afferma Enrico Bucci, professore associato alla Temple University di Philadelphia – «proteggere questa fascia anagrafica costituisce una sicurezza maggiore per tutti». Gli antivaccinisti replicheranno che il rischio di malattia severa nei bambini è molto basso e che possono sviluppare senza il supporto del farmaco una sufficiente immunità naturale: «A parte il fatto che l'infezione per i bambini non costituisce un rischio zero, poiché abbiamo testimonianza dell'insorgenza di una rara patologia a carattere infiammatorio post-Covid nell'infanzia (MIS-C Multisystem Inflammatory Syndrome in Children, con febbre persistente, dolori articolari e addominali, talvolta coinvolgimento polmonare, spesso miocardite ovvero infiammazione del cuore )» – sottolinea – «senza la vaccinazione di questa fascia anagrafica stabiliremmo un azzardatissimo reservoir vitale e perpetuo del virus che ci impedirà di eliminarlo per sempre dalla specie umana».
Sars-CoV-2 continuerà a circolare, a infettare e reinfettare i bambini, sino a quando le mutazioni del virus prenderanno il sopravvento: «Avere mutanti pericolosi metterebbe a rischio la salute dei più piccoli, poiché non sappiamo in quale forma il virus evolverà (già l'età anagrafica dei casi più gravi in terapia intensiva sta sensibilmente diminuendo) e quanto diventerà aggressivo» – spiega - «inoltre potrebbe compromettere anche la protezione degli adulti con il vaccino, per ora efficace contro le varianti esistenti. Il sistema reggerà soltanto se riusciremo a immunizzare tutti».
La scelta di vaccinare un ragazzo di 18 anni e scartarne uno di 17 non è etica: «Quale sarebbe la differenza? Qual è il limite per iniziare a somministrare il farmaco?» – conclude – «abbiamo il dovere morale di utilizzare la ricerca scientifica e le evidenze che risulteranno dalla sperimentazione per evitare di mantenere un serbatoio virale particolarmente insidioso per la risoluzione della pandemia».
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