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August 31 2012
Esperimento riuscito. La proiezione in streaming dei film della sezione Orizzonti (quasi) in contemporanea con quella al Lido era una delle novità più attese di questa 69ª edizione della Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia. Una novità – già collaudata in rete dal sito specializzato Mymovies.it ed ora consacrata dal festival – ad alto tasso tecnologico, eppure concepita in modo semplice, rapido ed efficace. Ad un costo ragionevole.
Ad inaugurare la piattaforma Festival Scope annessa al sito della Mostra è stato il film italiano Gli equilibristi di Ivano De Matteo, con Valerio Mastandrea e Barbora Bobulova, e la partecipazione di Maurizio Casagrande, Rolando Ravello e Grazia Schiavo (in uscita il 14 settembre con Medusa).
Uno sguardo doloroso e partecipe sulla vita di una famiglia normale che, dopo la frattura tra marito e moglie, non riesce a fare i conti con il costo di una nuova quotidianità divisa.
La procedura è facile e a portata di clic, basta seguire il percorso guidato sul sito del festival. Si sceglie il titolo da acquistare, ci si registra fornendo qualche dettaglio anagrafico e si compra tramite carta di credito il biglietto “virtuale” di 4,50 €. Una mail al proprio indirizzo di posta elettronica conferma la prenotazione e una seconda fornisce il link personale cui collegarsi per la proiezione.
Ieri sera, l’inizio di quella de Gli equilibristi previsto per le 21 (ora italiana) è stata puntualissima. Non proprio in contemporanea con il Lido come annunciato, perché la proiezione ufficiale in Sala Grande era già avvenuta nel primo pomeriggio. La visione on line (con sottotitoli) è unica, in streaming puro non ripetibile e senza possibilità di scaricare il film, per ovvie ragioni di sicurezza volte ad impedire atti di pirateria, e lo screening deve avvenire entro 24 ore dall’orario ufficiale di inizio della proiezione. Con la comodità di potere fermare il film, per riprenderlo in seguito dal punto in cui si era interrotto, ma sempre entro le 24 ore dall'orario indicato.
È bastato un clic, quindi. Ed è iniziato lo spettacolo, preceduto dalla bellissima sigla della Mostra realizzata quest’anno dal disegnatore italiano Simone Massi. Proprio come se si fosse seduti in proiezione al Lido, o quasi. Perché purtroppo l’emozione della sala viva e soprattutto del grande schermo è un valore aggiunto che lo screening on line non possiede. Mancanza che spiega forse il costo ridotto del biglietto, nonostante la comodità di essere seduti in casa propria e l’aspetto ultratecnologico che di solito al cinema, quello vero, fa sempre lievitare i prezzi.
Eppure, nel caso de Gli equilibristidi Ivano De Matteo, la solitudine del pc e l’intimità del contesto in cui ha avuto luogo la proiezione ha sorretto bene la dimensione emotiva della pellicola, che poco alla volta, sguardo dopo sguardo, silenzio dopo silenzio, conquista e commuove lo spettatore fino a tirarlo dentro la storia di un uomo onesto che, come tanti italiani di oggi, non ce la fa a sopravvivere.
Quella di Giulio (Valerio Mastandrea), infatti, non è solo la storia di un padre affettuoso, separato e messo in ginocchio dai doppi conti da pagare. È qualcosa di più. Rispetto ad una trama ormai non tanto originale, messa in luce nella sua drammaticità sia dalla tv, nella fiction Rai con Giuseppe Fiorello Sarò sempre tuo padre, sia dal cinema, con la commedia fortemente amara Posti in piedi in Paradiso di Carlo Verdone.
Il film di De Matteo, peraltro, non è nemmeno un film sulla separazione e sulle sue conseguenze psicologiche, visto che la coppia Mastandrea-Bobulova è civile e collaborativa soprattutto con i figli, ma è un film sull’equilibrismo economico – come ha detto lo stesso regista a Venezia – che oggi ha reso funamboli tutti gli appartenenti al ceto medio. Quelli che uno stipendio ce l’hanno ancora, ma che guadagnando mille euro al mese vivono ormai sulla soglia della povertà.
Questa parabola discendente, lenta e al contempo rapida come in un piano inclinato, Ivano De Matteo ce la racconta attraverso gli occhi sempre più smarriti di un Valerio Mastandrea struggente in un’interpretazione che sarà difficile da dimenticare. Complice la macchina da presa che, sotto la mano di un regista abituato al documentario, cerca i suoi personaggi e gli va incontro per entrare con discrezione nelle loro emozioni osservate dallo spiraglio di una porta socchiusa o da dietro una grata. Con delle inquadrature che sembrano delle fotografie, accompagnate dalla musica di Francesco Cerasi, in costante equilibrio anch’essa per non sopraffare la forza già eloquente delle immagini. Che non nasconde la propria potenza neanche sullo schermo ridotto di un normale pc.
A dimostrazione del fatto che quando il cinema è grande le dimensioni dello schermo possono anche diventare un dato del tutto relativo.