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September 07 2020
La storia di Salvatore Ferragamo, ciabattino napoletano nato da una famiglia povera, diventato stilista a Hollywood e fondatore di uno dei marchi più conosciuti, è la giusta parabola da portare ora al Lido, in un'edizione particolare della Mostra del cinema di Venezia, primo grande evento internazionale che si celebra in presenza in questo 2020 segnato dal Covid, nell'Italia che per prima in Occidente ha pagato la zampata della pandemia. Venezia 77 e Ferragamo: due eccellenze italiane simboli di resilienza e modelli nel mondo del nostro saper fare.
È Luca Guadagnino, regista italiano molto apprezzato negli States, nominato all'Oscar nel 2018 per Chiamami col tuo nome, a raccontarci la storia umana, artistica e imprenditoriale di Salvatore Ferragamo nel suo film documentario fuori concorso Salvatore: Shoemaker of Dreams.
Nato il 5 giugno 1898 a Bonito, a un centinaio di chilometri da Napoli, undicesimo di 14 figli, Salvatore sin da piccolo ha avuto il desiderio di fare il calzolaio. Trascorreva le ore a guardare lavorare il ciabattino del paese, anche se il padre, contadino, non approvava perché considerava quello del calzolaio il più umile dei mestieri. Le prime scarpe Salvatore le ha realizzate alla sorellina Giuseppina per la Comunione. Secondo la tradizione, doveva indossare scarpe bianche ma la famiglia Ferragamo non aveva i soldi per acquistarle: Salvatore si fece prestare dal calzolaio di Bonito chiodi, filo, tela bianca e gli attrezzi necessari e la notte, di nascosto, fece il suo primo paio di scarpe, riempiendo tutti di stupore. Aveva solo 9 anni.
Dopo aver aperto a 14 anni un'attività di calzolaio nel suo paese, raggiunse i fratelli emigrati in America, in cerca di fortuna. Sbarcò a Ellis Island il 7 aprile 1915, dopo quindici giorni di navigazione. Il docufilm Salvatore: Shoemaker of Dreams, guidato dalla voce narrante dell'attore Michael Stuhlbarg, ripercorre le esperienze a Hollywood, quando creò scarpe per Marilyn Monroe, Greta Garbo, Audrey Hepburn; e poi il ritorno in Italia, il successivo rischio di fallimento, la rinascita nel suo laboratorio di Firenze fino alla definitiva consacrazione e al successo imprenditoriale.
«Realizzare un film su nostro padre era una cosa che avevamo a cuore già da tempo» dice la figlia Giovanna Gentile Ferragamo. «Soprattutto per far sapere da dove è partito. È stata una persona che da niente, anzi forse da meno di niente, è riuscita a realizzare tutti gli obiettivi».
E ora più che mai c'è bisogno di esempi così illuminanti e incoraggianti. «Non ci potrebbe essere un momento più importante di questo per presentare Salvatore: Shoemaker of Dreams», secondo il figlio Leonardo Ferragamo. «Perché alla fine è una storia che appartiene a questo tempo e alla difficoltà che stiamo vivendo quest'anno. Mio padre ha sempre avuto grandi visioni, passione e coraggio, non si è mai fermato di fronte alle difficoltà. Quella del ritorno in Italia è stato il momento culminante della vita: animato dal successo avuto in America, ma non volendo accettare compromessi nella qualità dei suoi prodotti, decide di tornare in Italia, perché lì aveva conosciuto i valori italiani e le competenze nell'artigianato. Ha avuto il coraggio di abbandonare quello che forse mai nessuno avrebbe raggiunto con i sogni più ambiziosi per tornare nel suo Paese. Sceglie Firenze perché rappresentava l'epicentro dell'artigianato, della cultura e della storia e in modo rivoluzionario organizza le sue fabbriche raccogliendo valori umani prima ancora che calzolai. Riparte e inizia a esportare i suoi prodotti nel 1927 e due anni dopo qualcosa più grande di lui, di chiunque, la crisi del '29, lo invade: poco dopo fallisce perché non gli pagavano più le forniture. C'è un'analogia con quello che stiamo vivendo oggi, in questo periodo pieno di incertezze. Dobbiamo far nostro il suo esempio, quello di qualcuno che con la forza d'animo, la passione e l'energia riesce a scavalcare la crisi. Due-tre anni dopo compra Palazzo Feroni, apre negozi in Italia e in Europa e riparte in modo instancabile».
Scritto dalla giornalista di moda e autrice Dana Thomas, Salvatore: Shoemaker of Dreams con un minuzioso lavoro di montaggio, realizzato da Walter Fasano, raccoglie materiali di archivio, immagini inedite e interviste ai membri della famiglia Ferragamo, al regista Martin Scorsese, alla costumista Deborah Nadoolman Landis, a studiosi, docenti, stilisti, giornalisti, critici di moda e cinematografici. C'è anche la voce di Salvatore Ferragamo attraverso registrazioni d'epoca restaurate e interviste radiofoniche rilasciate in Australia.
«Ci sono voluti anni per montare il film e bilanciare i pesi del materiale estrapolato da questa camera delle meraviglie che è l'archivio Ferragamo», spiega Guadagnino, che ha avuto acceso agli archivi del marchio che custodivano interviste, aneddoti e informazioni inedite oltre alle ultime testimonianze di Wanda Miletti, moglie di Salvatore.
In questa assonanza che sembra perfetta oggi, tra la storia di Ferragamo e il cinema che con Venezia vuole ripartire, il pensiero di Guadagnino non può che andare al momento storico attuale: «Per me è importante essere qui ora. Essere a Venezia è essere a casa, credo sia la mia decima o undicesima volta qui, tra regie, produzioni, giurie… Siamo presenti ovviamente con disciplina e rispetto delle misure. C'è un'organizzazione incredibile alla Mostra e sono felice e orgoglioso di Alberto Barbera e Roberto Cicutto. La selezione presenta titoli outsider. Il Covid ha dato anche opportunità: ci sono meno star ma più registe donne e debuttanti».
Guadagnino, che a Venezia presenta anche il cortometraggio Fiori, Fiori, Fiori girato in Sicilia tra gli amici di infanzia durante il lockdown, sarà presidente della giuria del Festival di San Sebastian che si terrà dal 18 al 26 settembre prossimi. «Ho detto subito sì, non sono stato a contare il numero di contagi in Spagna. Sono certo che l'organizzazione garantirà la sicurezza. Sostenere il cinema e i filmmaker è una missione. E sono onorato. La pandemia è un evento molto prevedibile che bisogna affrontare come esperienza che ci unifica. Questa è la bellezza nella tristezza».