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January 14 2013
Sono stato linciato sul web, tra twitter, Facebook ed email, per aver scritto che dopo la performance da Santoro, Silvio Berlusconi è l’unico che sappia mostrare un comportamento da leader. Il leader è uno che sta avanti, che precede e che si tira dietro la gente, non uno che segue gli umori della piazza. Bersani è cauto, calmo e soporifero. Monti deve tutto il suo charme al fatto che un anno fa si presentò come l’antimateria di Berlusconi ed ora quell’effetto è finito. Casini ha delegato la sua propria leadership a Mario Monti proclamandosi suo scudiero. Vendola zappa il suo orticello ben nutrito dalla vecchia sinistra finto-moderna e antioccidentale chiamando Monti “faccia di bronzo”. Per trovare una sintesi, il panorama è statico, prevedibile, uguale a se stesso e immobile come il cielo tolemaico della prima Repubblica.
Ed è nel confronto con quella staticità paralizzata che Berlusconi seguita a sorprendere e sparigliare, rispondere con uno scatto, un guizzo, una determinazione che – spiace dirlo – gli altri si sognano. È questo ciò che più o meno hanno pensato tutti alla fine della famosa puntata di “Servizio Pubblico”. Ed è questa la novità che la sinistra italiana ha cercato, come al solito, di nascondere sotto il tappeto. È infatti immediatamente partita un’operazione mediatica negazionista per truccare l’evidenza e mettere alla gogna chiunque richiamasse l’attenzione sullo strano fenomeno cui non eravamo più abituati: un leader capace di far cambiare opinione alla gente. Ma al tempo stesso, la sinistra più scaltra ed evoluta che si riconosce nel quotidiano Repubblica, ha parzialmente dato atto dell’accaduto, cercando però di ricondurre l’evento alle dimensioni di un fatto monstre, un evento da baraccone. Quel che sfugge è invece proprio l’aspetto prettamente politico dell’operazione che sta compiendo Berlusconi che sta sgretolando le certezze su cui tutti scommettevano.
Ricordate? Bersani, si ripete, vince alla Camera anche grazie al Porcellum, ma al Senato potrebbe non farcela e dunque potrebbe aver bisogno di Monti e Casini. Ma per farlo dovrebbe pagare un pedaggio salato perché Monti non ha alcuna intenzione di fare il gregario e in cambio dell’appoggio al Senato chiede la presidenza del Consiglio. Lì eravamo. Un gioco statico e allo stesso tempo brutale che ci aveva abituato calcolare la capacità di resistenza di Bersani preso nella tenaglia fra Monti e Vendola che si è costruito da solo, mentre Vendola cerca di scippare consenso mandando i ricchi all’inferno e attaccando brutalmente Monti che vede finire l’effetto speciale che sa usare meglio: apparire come l’antimateria di Berlusconi.
Questo era (e ancora in parte è) il telaio logico della politica in questo inizio d’anno. Ma quel telaio è in parte scardinato nel momento in cui Berlusconi è partito alla riconquista dei suoi voti perduti e che finora hanno costituito quell’enorme serbatoio di voti congelati nell’astensione. Tutti coloro che conoscono la storia politica del nostro Paese sanno ciò che Palmiro Togliatti, il grande segretario del Pci che era sopravvissuto alle purghe staliniane di Mosca, ripeteva ai suoi questo concetto: la maggioranza degli italiani non vuole saperne della sinistra, anche se non si può dire che sia tutta di destra. Ma non ci vuole al potere. Dunque, per vincere dobbiamo compiere due operazioni complesse. La prima è mantenere la destra divisa e la seconda è mantenere la sinistra unita.
Ed è vero: ogni volta che gli italiani sono andati a votare in massa, come il 18 aprile del 1948 quando il Fronte Popolare di socialisti e comunisti era sicuro d’avere la vittoria in tasca, la sinistra ha perso. Ciò dipende anche dal fatto che la sinistra italiana è imperniata sul vecchio partito comunista, che poi ha cambiato molte volte nome senza mai cambiare il suo Dna. Chi voleva cambiare il Dna è stato Matteo Renzi, ma ha perso. Dunque, ancora oggi il PD è vissuto dalla maggioranza degli italiani come un oggetto non desiderabile e l’improvvida alleanza fra Bersani e Vendola l’ha reso ancor più immangiabile.
Stavolta Bersani era, anzi è, sicuro di vincere perché sa che l’elettorato di destra è spaccato: una parte voterà per Lega e Pdl, ma un’altra fetta consistente si rifiuta di andare a votare o vota Grillo, il quale perde colpi giorno dopo giorno. Dunque Bersani, Vendola, Monti e Casini, cantavano vittoria, anzi cantano, sicuri che l’elettorato maggioritario diserterà le urne. Ma ecco che accade il fatto “politico” (e non solo mediatico, televisivo e spettacolare) nuovo: Berlusconi estrae dalla sua sacca il piffero magico che suona le note che soltanto l’orecchio del suo antico elettorato ascolta, e risveglia una parte del popolo in letargo, pronto a proseguire e rimettere in moto la macchina del suo consenso.
Di qui la grande nevrosi a sinistra, di qui la necessità di ridurre a colore, minimizzare, sbriciolare e fingere di non prendere sul serio quel che è accaduto. La nevrosi è proprio quella che ho potuto misurare sui messaggi internet. La gente diventa pazza e ripete che gli viene da vomitare. Simulano malori, nausee, capogiri ed eczemi. Troppo poco per rispondere ad un cambiamento di scenario, troppo maldestro come tentativo per reggere. E Berlusconi avverte perfettamente questa debolezza crescente del fronte avverso e la sua percezione diventa il robusto ricostituente per procedere nell’operazione contro il tempo.