Tecnologia
January 09 2018
Si alle password di computer e cellulari, no a quelle dei servizi cloud. Le regole della U.S. Customs and Borders Protection, agenzia che gestisce i controlli negli aeroporti USA, sono tante ma ben chiare e difficilmente valicabili, se non per una seria minaccia alla sicurezza nazionale.
Per tutti i casi di indagini di routine, gli ispettori spesso vanno oltre quello che il senso comune considera una vera e propria violazione della privacy (e in fondo lo è), purtroppo necessaria in anni in cui alcuni dispositivi, come smartphone e notebook, conservano più segreti di quanto racconti un comune profilo su Facebook o una chat su WhatsApp.
La storia è questa: se ci fermano alla frontiera sul suolo a stelle e strisce non possiamo opporci ad alcune procedure di verifica, che includono quelle corporali e sugli oggetti che portiamo con noi e nel bagaglio a mano. Per questo chi ha intenzione di partire per gli States deve prepararsi psicologicamente a una situazione che in Europa probabilmente non ha mai vissuto: una serie di controlli pressanti e approfonditi, volti ad accertarsi che l’individuo che sta entrano o lasciando il paese non rappresenti un pericolo.
Certo, molte delle informazioni su particolari individui oggi sono già nelle mani delle autorità aeroportuali ma un’intensificazione dell’attività è sempre possibile e del tutto lecita.
Il 5 gennaio del 2018, l’agenzia US Customs and Borders Protection ha aggiornato le sue linee guida in materia di ispezioni su aggeggi hi-tech alla frontiera, includendo alcune specifiche prima assenti. Ecco una sintesi per punti.
Cosa gli ufficiali possono chiedere:
Cosa gli ufficiali non possono chiedere:
Nella pratica, gli agenti hanno il diritto di controllare i dispositivi nello stato in cui si trovano, ovvero senza connessioni di rete attive (cellulare o Wi-Fi). Sotto richiesta, i possessori devono consegnare smartphone e computer però la polizia ha il dovere di selezionare la Modalità Aereo, per evitare di accedere a contenuti online ancora non memorizzati in locale. Insomma, se avete immagini o filmati compromettenti su Dropbox e non scaricati, allora conviene lasciarli sul cloud perché lì non si possono toccare.
Ovviamente le norme precedenti hanno dei limiti. Ad esempio i poliziotti, qualora considerino l’individuo che hanno dinanzi una minaccia, devono appurare la loro idea accompagnandola da giustificazioni, interpellare un superiore, e a quel punto procedere con quella che l’agenzia definisce un’ispezione avanzata, che può comprendere l’accesso al cloud e il copia e incolla dei contenuti personali sui computer federali, dove resteranno il tempo necessario alle indagini. Passato tale termine (che non è prefissato) foto, video, canzoni, file vari, verranno eliminati e mai più resi disponibili sui terminali del Customs and Borders Protection ma resteranno sui telefonini e sui notebook degli utenti, in assenza di problemi.
La legge, per quanto dura e invasiva, è legge, dunque sottrarsi alle richieste porta le sue conseguenze. La prima è ovvia: le apparecchiature elettroniche oggetto di verifica verranno confiscate così da essere controllate a fondo dai tecnici dell’organizzazione. La seconda è decisamente più pesante perché riguarda l'eventuale volontà del soggetto di voler nascondere qualcosa (il difendere la vita privata non è contemplata come scusante fuori norma) e quindi il fermo presso gli uffici doganali dell’aeroporto.
A quel punto sarà molto difficile far valere i propri diritti, avendo rifiutato un’attività governativa lecita, che ha portato nel 2017 a controllare oltre 30 mila dispositivi tecnologici. Sembrano tanti ma rappresentano solo lo 0,007% degli ingressi annuali nel paese.