Dal Mondo
March 21 2022
Non è passato inosservato il recente viaggio del presidente siriano, Bashar al-Assad, negli Emirati Arabi Uniti. Come riferito da Al Jazeera, si tratta infatti della sua prima visita in uno Stato arabo da quando è iniziata la guerra civile in Siria nel 2011. Nell’occasione, Assad ha avuto modo di incontrare il principe ereditario di Abu Dhabi, lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, secondo cui “questa visita segnerà l'inizio della pace e della stabilità per la Siria e l'intera regione”. In particolare, secondo l’agenzia di stampa siriana Sana, il meeting “ha affrontato le relazioni generali tra i due Paesi e le prospettive di ampliamento del cerchio della cooperazione bilaterale, soprattutto a livello economico, di investimento e commerciale”. Questa visita è significativa proprio perché evidenzia come Assad stia cercando di riavvicinarsi agli Stati arabi: ricordiamo che la Siria fu espulsa dalla Lega araba nel 2011. Adesso pare che la situazione stia cambiando: non dimentichiamo d’altronde che, lo scorso novembre, il ministro degli Esteri emiratino, Abdullah Bin Zayed Al-Nahyan, aveva effettuato un viaggio a Damasco. Non è tra l’altro escluso che la distensione tra i due Paesi sia in un certo senso favorita (anche) dalla crisi ucraina.
Allo scoppio dell’invasione russa lo scorso 24 febbraio, Abu Dhabi e Riad hanno assunto una posizione significativamente ambigua. E’ pur vero che i due regni hanno successivamente sottoscritto la risoluzione di condanna dell’aggressione all’Assemblea generale dell’Onu. Ma è altrettanto vero che stanno continuando a mantenere un atteggiamento tutto sommato piuttosto benevolo nei confronti di Mosca. Tra l’altro, secondo quanto riferito dal Wall Street Journal, Emirati e Arabia Saudita si sono rifiutati due settimane fa di tenere una conversazione telefonica con Joe Biden, che aveva intenzione di chiedere alle due petromonarchie di aumentare la produzione di petrolio. Un diniego dettato, sì, da considerazioni economiche ed energetiche, ma non vanno trascurate anche le ragioni di natura geopolitica.
I rapporti tra i due regni e l’amministrazione Biden si sono infatti rivelati notevolmente turbolenti negli scorsi mesi (basti pensare al dossier della guerra nello Yemen o al tentativo di rilancio dell’accordo sul nucleare con l’Iran). Non bisogna poi trascurare che Riad e Abu Dhabi si sono avvicinate alla Russia negli ultimi anni: in Libia tutti e tre questi Stati appoggiarono per esempio il generale Khalifa Haftar. Alla luce di tutto questo, è chiaro che la visita emiratina di Assad deve essere inserita nel processo di avvicinamento tra Abu Dhabi e Mosca: ricordiamo del resto che il presidente siriano è uno stretto alleato del Cremlino e che, nel 2015, la Russia intervenne militarmente in Siria per sostenere il suo governo. Sempre Al Jazeera ha del resto rammentato che, dallo scoppio della guerra civile siriana, Assad ha viaggiato raramente, recandosi esclusivamente in Russia e in Iran.
Questo spiega l’irritazione mostrata dagli Stati Uniti per il viaggio del presidente siriano negli Emirati. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price, ha infatti dichiarato che Washington è “profondamente delusa e turbata da questo apparente tentativo di legittimare Bashar al-Assad, il quale rimane responsabile della morte e delle sofferenze di innumerevoli siriani, dello sfollamento di oltre la metà della popolazione siriana prebellica e della detenzione arbitraria e della scomparsa di oltre 150.000 uomini, donne e bambini siriani”. Insomma, l’amministrazione Biden teme un’ulteriore erosione della propria influenza su aree mediorientali che storicamente risultavano significativamente vicine agli Stati Uniti. La Casa Bianca, anche a causa di scelte politiche sbagliate compiute l’anno scorso (si pensi solo al nucleare iraniano), rischia di ritrovarsi progressivamente isolata.