Viaggio nella Milano (e nel Pci) di Mani Pulite

Un anno dopo lo scoppio di Tangentopoli, nel febbraio 1993, un colossale furto di fondi riservati sconvolge la federazione milanese del Partito democratico della sinistra, erede della tradizione del Partito comunista e sempre più in affanno. Comincia così Addio Milano bella (Guerini e associati, 288 pagine, 18 euro, in libreria da giovedì 14 gennaio), terza puntata della geniale saga di Lodovico Festa.

Il romanzo chiude perfettamente il cerchio della trilogia cominciata con il noir La provvidenza rossa e proseguito poi nella rievocazione storico-politica con La confusione morale, che hanno venduto oltre 20mila copie: questa terza creatura di Festa mescola perfettamente i due campi arati fin qui grazie a una nuova indagine di Mario Cavenaghi, ingegnere e già presidente dei «probiviri» lombardi del Pci (che in realtà, accanto alla correttezza etica degli iscritti, sorvegliavano soprattutto gli interessi strategici del Partito).

Per indagare e al tempo stesso per coprire la notizia dell'ammanco dei fondi neri del Partito, Cavenaghi viene infatti richiamato d'urgenza in una Milano che è sconvolta dall'inchiesta di Mani pulite, così come dalla corruzione dilagante e dall'ondata quotidiana degli arresti, e trova i suoi compagni immersi in un disastroso smarrimento ideologico. Da questo punto di vista, Addio Milano bella è un «giallo-non giallo», che intreccia la storia del Pci, di cui il 21 gennaio si celebrerà il centenario della fondazione, con quella di Milano e dell'Italia, ma anche con la politica e la cronaca.

In La provvidenza rossa, ambientato nella Milano fine anni Settanta, Cavenaghi indagava nei meandri di un'organizzazione politica integralista e ancora perfettamente solida. Nel secondo romanzo della trilogia, La confusione morale, ambientato nel 1984, Cavenaghi è stato invece alle prese con un Pci che rivelava i primi segni di un inesorabile declino. In Addio Milano bella il Partito, che da poco si è trasformato in Pds, s'è ormai avvitato in uno sbandamento di cui l'autore, vicino testimone di quei tempi, rievoca i colori e i passaggi.

Mentre Tangentopoli dilaga, e coinvolge inevitabilmente anche il Pds, Cavenaghi è costretto a tornare dall'esilio svizzero che si è imposto, e non deve soltanto cercare d'individuare i colpevoli dell'ammanco. Il suo compito è insieme difficile e delicatissimo: deve indagare sui soldi spariti, senza però nulla rivelare, e deve anche stendere un rapporto sull'opinione pubblica milanese. Proprio quest'ultimo incarico, paradossalmente, finirà per essere il più ossessionante e impegnativo per il funzionario comunista.

Per scovare i compagni-ladri e allo stesso tempo per comprendere che cosa è avvenuto e sta accadendo nei luoghi dov'è cresciuto e che ha amato, «il Cavenaghi» s'immerge infatti nei gironi dell'inferno politico-giudiziario del 1993, l'anno nero di Tangentopoli. E girando per Milano incontra operai e femministe, studenti e banchieri, socialisti e cattolici, giornalisti ed ex compagni passati all'estrema sinistra, avvocati e magistrati, partigiani e manager, grandi dame e vecchi saggi. Scopre così una città diversa, travolta dalle inchieste sulla corruzione, sperduta tra l'indignazione e la paura per la rottura di antichi equilibri, che troppo a lungo hanno garantito progresso e libertà. Una «Milano bella» che non esiste più.

Festa, nato a Venezia 73 anni fa, è giornalista e scrittore, e conosce alla perfezione la Milano e gli ambienti di cui scrive: è stato dirigente del Pci milanese, direttore editoriale del Moderno, condirettore del Foglio ai bei tempi di Giuliano Ferrara. Ha pubblicato saggi storico-politici, culturali ed economico-sociali per Boroli, Mondadori, Ares, Scheiwiller, goWare e Guerini.

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