Politica
November 23 2021
C'è una cosa comune nei commenti di tutte le parti in causa nella vicenda dell'offerta del fondo Kkr per l'acquisizione di Tim: «Alla fine deciderà il Governo…», «Siamo pronti a lavorare con Draghi…». Ed hanno perfettamente ragione. Perché anche se oggi si parla della parte finanziaria dell'operazione, con il titolo cresciuto del 30% in 24 ore avvicinandosi al prezzo fissato dal fondo Usa di 0,50 euro per azione (ma c'è chi dice che crescerà ancora dato che si attendono rilanci dell'offerta a prezzi più elevati), la realtà è che questa operazione è politica, anzi di politica industriale e soprattutto digitale. Quindi è perfettamente corretto che la parola decisiva spetti a Palazzo Chigi.
E qui cominciano i problemi perché la mega offerta da 11 miliardi di Kkr mette l'esecutivo e diversi ministeri spalle al muro, obbligati a dare in tempi brevi una risposta alla domanda: qual è la politica digitale del nostro paese?
L'allarme rosso scattato nel Governo è ben spiegato dalla costituzione del «Super Comitato» cui spetterà esaminare la situazione e dare una risposta composto dal Ministro dell'Economia, Daniele Franco, dal Mise con Giorgetti, e soprattutto da Vittorio Colao l'uomo voluto da Draghi alla guida del (possiamo dirlo?) fin qui nebuloso Ministero per la Transizione Digitale. È quindi giunto il tempo ed il momento di mostrare le carte, di spiegare quale sia la strategia. Bisogna mettere in sicurezza la rete di telecomunicazione del paese, forse la partita più importante di tutto il Pnrr e non solo per la quantità di miliardi che l'Italia vorrà investire nel settore ma perché dalla rete dipende di fatto la competitività e la modernizzazione dell'Italia dei prossimi 50 anni.
Non è quindi solo telefonia, stiamo infatti parlando di dati, dei dati di tutti noi; dati che dovrebbero finalmente interconnettersi tra di loro, da un ministero all'altro, da un'anagrafe all'altra. Non è un caso che proprio in queste settimane si stava ragionando sulla nascita del Cloud Nazionale, cercando di capire quale fosse il partner migliore per realizzare tutto questo. Non è un caso che pochi giorni fa l'Antitrust europea aveva dato il via libera all'aumento dal 50% al 60% di Cassa Depositi Prestiti in Open Fiber, la realtà che dovrà portare la fibra nelle case degli italiani. Per non parlare della sicurezza nazionale e persino del mondo del calcio (Tim infatti è legata a doppio filo con Dazn ed al suo accordo triennale per i diritti tv della Serie A. Ed alla Lega calcio c'è forte agitazione sul tema dato che si teme una perdita da centinaia di milioni di euro…).
Stiamo parlando di qualcosa che va molto al di là di una semplice acquisizione di un'azienda a partecipazione statale. Stiamo parlando della principale partita economica-industriale.-politica forse degli ultimi 30 anni. È per questo che tutti si sono detti «interessati e pronti a collaborare…»; da Kkr (che ha presentato un'offerta amichevole, a Vivendi (forse in questo momento i più in difficoltà e che hanno definito «insufficiente» l'offerta di Kkr) ad altri fondi. Tim fa gola a tutti, l'azienda, la rete, i suoi dati, noi.
Inutile dire che i vari partiti dopo la domenica festiva e di riflessione ieri hanno detto la loro opinione, con uscite interessanti. Salvini e Landini si sono infatti trovati d'accordo («No allo spezzatino sulle tlc…» , il Pd e Forza Italia sono entrambe sulla linea neutra («Rete unica sotto il controllo pubblico, difendiamo l'asset Tim»). Ma alla fine la palla passa al Super Comitato.
Draghi quindi non potrà limitarsi a dire «salvaguarderemo i posti di lavoro e la tutela della rete», non basta. Dovrà dire, spiegare, raccontare come sarà l'Italia digitale di domani, senza trucchi e senza ulteriori rinvii, ed agire.