Dal Mondo
May 07 2024
In questo articolo vogliamo ampliare i confini della nostra rubrica coinvolgendo una figura molto importante delle istituzioni diplomatiche italiane ed europee all'estero. Abbiamo avuto l'onore di intervistare l'Ambasciatore S.E. Vincenzo de Luca, nominato Ambasciatore d'Italia in India nel 2019 e in Nepal nel 2021, che porta con se anche un po’ di Cina avendo ricoperto anche la posizione di Console Generale d’Italia a Shanghai. L’ Ambasciatore De Luca nei Paesi dove ha prestato servizio e’ stato fondamentale per il successo del Sistema Italia e delle nostre aziende. Con lui abbiamo fatto il punto delle relazioni tra Italia ed India.
Potrebbe descriverci brevemente il suo percorso professionale e la strada percorsa per diventare ambasciatore in India?
«Ho iniziato la carriera diplomatica nel 1989. È stato un viaggio lungo una vita, che mi ha consentito di incontrare persone straordinarie in ogni campo e mi ha arricchito professionalmente e personalmente. Ho vissuto in Sudan, in Tunisia, in Francia e in Cina. Ho fatto esperienze nel settore privato con aziende come ENI ed ENEL. Mi sono occupato di Expo Milano e, alla Farnesina, di promozione economica, scientifica e culturale dell’Italia. Un’avventura che ha avuto, come ultima tappa, l’India e il Nepal».
Come valuta l'evoluzione del rapporto tra l'India e l'Italia negli ultimi anni?
«Dopo la chiusura definitiva delle vicende legate ai fucilieri di marina, le relazioni bilaterali sono enormemente migliorate. Solo per fare un esempio, nel 2021, durante la seconda terribile ondata di covid, l’Italia ha giocato un ruolo fondamentale negli aiuti sanitari. A marzo dello scorso anno, poi, abbiamo lanciato il partenariato strategico, in occasione della visita di grande successo del Presidente del Consiglio Meloni in India. Ora, la nostra collaborazione abbraccia ambiti importanti come la difesa e lo spazio, la manifattura avanzata e la transizione energetica, settori strategici dove le imprese italiane possono far leva sulla propria tradizionale disponibilità a partnership e condivisione di soluzioni tecnologiche. Si tratta di campi i cui i due paesi potranno collaborare anche in seno ai fora internazionali, dove l’India sta acquisendo un profilo sempre più definito. Abbiamo infine portato avanti anche protocolli di collaborazione nel campo culturale e in quello della mobilità per facilitare lo scambio di studenti, quello dei lavoratori e il turismo di qualità».
Ci sono impressioni specifiche sul paese che vorrebbe condividere con i nostri lettori e che ritiene importante che conoscano?
«India e Italia sono due super potenze culturali. Come il nostro paese, l’India è ricca di storia e di cultura. Una nazione enorme in cui convivono diverse tradizioni, per ciò che riguarda religione, lingua, cultura, cucina. L’età media è di circa ventisette anni, una popolazione giovane e dinamica di un miliardo e quattrocento milioni di persone che guarda con positività al futuro. E, soprattutto, c’è tanta voglia di Italia in India».
In quali settori crede ci sia un potenziale di miglioramento nel mercato indiano a favore delle aziende italiane?
«L’export italiano ha raggiunto nel 2023 il suo massimo storico di 5,2 miliardi di euro (+7,6% rispetto all’anno precedente), ben superiore ai quasi quattro miliardi pre-covid. Il 40% delle nostre esportazioni in India sono macchinari. Anche gran parte delle imprese italiane qui presenti producono macchinari. Le imprese italiane sono ben consce delle opportunità offerte dal Paese, anche quelle rappresentate dalle cosiddette citta di seconda e terza fascia, come dimostrano gli investimenti importanti fatti da chi è qui presente da anni ma anche i nuovi arrivi, con la Camera di Commercio che calcola una presenza italiana che è cresciuta da 650 aziende nel 2022 a circa 800 di oggi. D’altronde, l’India ha tutto l’interesse ad aumentare la quota del proprio PIL nel settore manifatturiero rispetto all’agricoltura e ai servizi, anche per creare le condizioni affinché i milioni di giovani indiani che entrano nel mercato del lavoro ogni anno possano trovare occupazione. Da questo punto di vista, le imprese italiane possono recitare un ruolo da protagonista nella crescita dell’economia indiana. Molte imprese si stanno espandendo sia per fornire il mercato indiano, in continua crescita, sia per diversificare e integrare le proprie catene di approvvigionamento in questo periodo complesso. I settori più rilevanti nel prossimo futuro saranno sicuramente la manifattura avanzata, le costruzioni (e il comparto dell’arredo), le infrastrutture e la transizione energetica».
Ci sono iniziative specifiche in cui una maggiore collaborazione potrebbe portare vantaggi reciproci, la cultura per esempio?
«Stiamo portando avanti una crescente collaborazione nel settore della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale e dello scambio di ricercatori e studenti per consolidare le nostre relazioni anche nel mondo accademico e scientifico. Vogliamo sempre di più stimolare gli investimenti in entrambe le direzioni sia nell’ambito della ricerca e sviluppo sia in generale nei settori innovativi. Non a caso, abbiamo aperto un nuovo Consolato Generale a Bangalore, la cosiddetta Silicon Valley indiana, dove si concentra gran parte dell’innovazione del paese».
Quali consigli darebbe ai manager o agli investitori che stanno valutando di investire in Asia, in particolare in India e in Cina?
«India e Cina sono diverse sotto molteplici punti di vista. Basandomi sulla mia esperienza in questi due Paesi ci sono due consigli che valgono per entrambi: 1) guardare a un orizzonte di medio-lungo periodo e non applicare un approccio di toccata e fuga; 2) avvalersi del sostegno istituzionale che il nostro Paese fornisce grazie ad Ambasciate, Consolati, Uffici ICE e, sul lato prettamente finanziario, SACE e Simest».
A cura di: Avv. Carlo Diego D’Andrea, Vice Presidente della Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina