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November 30 2016
Ma qualcuno lo ha sentito l’audio dell’arringa campana del governatore Vincenzo De Luca ai sindaci riuniti, per incitarli a far votare il maggior numero possibile di concittadini nel referendum, e ovviamente a votare Sì? Perché a sentirlo si resta sgomenti.
Non per quello che immaginate, il presunto linguaggio clientelare se non peggio, ma perché l’ex professore di filosofia già segretario del partito comunista, PCI, a Salerno prima di diventare di Salerno l’amatissimo sindaco a più riprese, poi sottosegretario nel governo Letta e finalmente trionfatore alle elezioni regionali come governatore, è uno scienziato della politica. Uno che non lascia niente al caso.
Senza veli, senza ipocrisie, senza vergogna. La politica con lui è quella di sempre, che per conquistare il consenso sul territorio vive di clientele, la stessa che ci fa sorridere nelle caricature dell’America di Mark Twain. La colpa di De Luca è semmai di usare un linguaggio politicamente scorretto, esplicito e sfrenatamente naif.
È un reato dire ai sindaci di lavorare per portare alle urne migliaia e migliaia di elettori, “comprandoli” con l’offerta della cena, di fritture di pesce, di qualsiasi attrattiva appetibile? Certo, fa impressione assistere alle reazioni dei sepolcri imbiancati che la politica la conoscono bene e sanno che è fatta di clientele organizzate, di un quotidiano “voto di scambio”, ma non lo dichiarano e non ci scherzano.
Altro è se dietro le parole e le battute di un sindaco esuberante, senza freni come De Luca, si nasconda il malaffare, la corruzione, se non addirittura certa criminalità organizzata. Ma questo nessuno lo può affermare. L’inchiesta per la quale si voleva De Luca incandidabile si è risolta con un niente di fatto. Colpisce che di fronte all’attivismo indisturbato della criminalità dedita a spartirsi e controllare i territori campani, la Commissione parlamentare antimafia trovi il tempo di chiedere alla magistratura se abbia aperto un fascicolo su De Luca, sulle parole rivolte ai sindaci, e in caso positivo di trasmetterle per valutazioni ai commissari.
A presiedere l’organismo, del resto, c’è Rosy Bindi che è strenua avversaria politica di De Luca (spesso entrato in rotta con i dirigenti del suo partito, celebre la contrapposizione con Bassolino governatore). Si può condannare un uomo per una battuta? De Luca è un battutista impenitente. Rifiuta il dono di due pesci da pescatori che incontra al molo, dicendo che non li prende per non finire sotto accusa per voto di scambio. Ma qual è il limite tra il linguaggio che un politico usa e i comportamenti sbagliati o irrituali o criminali nella conduzione della cosa pubblica?
Personalmente sono stufo della politica e giustizia che prescinde dai fatti e si consuma nelle parole.
L’Italia è prigioniera da sempre dei localismi, frammentata in feudi. E De Luca è un castellano, governatore e arruffapopolo di primissimo livello. Abilissimo. Furbo. Perfino simpatico. Davvero pensiamo che il proselitismo per il No non benefici del potere e dei suoi alfieri? E che cosa significa voto di scambio: lo è pure una cena pagata, in cambio di una scheda nell’urna giusta? La struttura del paese è marcia e questo è chiaro, e lo dimostrano anche le parole di De Luca, ma lo è anche per le firme false nelle candidature politiche, anche per il nepotismo sfrenato nei pubblici uffici, anche per l’incompetenza e il dilettantismo di tanti neofiti.
I politici, in Italia, nessun partito escluso, sono screditati e i cittadini, in certe zone, sono peggiori di chi li rappresenta. Temo che questo valga anche per Napoli e Salerno. Come sindaco, De Luca non è male rispetto ai suoi colleghi. Come italiano, è figlio di un’Italia che ha abbassato l’asticella dell’etica. Ma confesso che pur nel dissenso e a tratti nella nausea per un gergo poco… filosofico, fino a prova contraria continuo a considerare De Luca migliore di amministratori meno spregiudicati e diretti, ma drammaticamente incapaci di amministrare la cosa pubblica o addirittura di “educare” un pubblico. Ma capacissimi di fare i propri affari in silenzio. Sì o no che si voglia.