Economia
February 09 2017
"Buongiorno" dice, mentendo. Che non sarà un giorno buono lo sa benissimo, mentre apre la porta all’estraneo che passerà con lui tutta la giornata. Scopo: documentare come si svolge il lavoro di un commercialista nell’era della legge di Bilancio 2016, la quale impone, dall’anno prossimo, l’invio trimestrale di tutte le fatture fatte e ricevute. "È stata la bollicina di gas che ha fatto saltare il tappo della nostra rabbia" dice.
Il nostro commercialista si chiama Saverio Morlino, Panorama lo aveva già incontrato nel 2013 raccogliendo la frustrazione di un professionista alle prese con leggi fiscali che cambiano dal venerdì sera al sabato mattina: norme contraddittorie e cervellotiche, che con l’intenzione di combattere l’evasione agevolano i furbi nella marea di norme che vengono interpretate ognuno come gli pare.
Tracciare le fatture non serve.
“Si accomodi”, dice nel suo piccolo studio di commercialista a Cernusco sul Naviglio, paesone alle porte di Milano dove d’inverno entri solo con i fari antinebbia. “Da dove cominciamo? Glielo dico io da dove cominciamo. Cominciamo col dire se il governo pensa che inviando le fatture al Fisco ogni tre mesi invece che ogni anno si combatte l’evasione fiscale, si sbaglia di grosso. Quando ho iniziato a fare il commercialista, nel 1984, giravano molte fatture false, ora non è più così, adesso c’è il nero che ovviamente non è rintracciabile dalle fatture. Dicono che così l’incrocio dei dati è immediato? Beh, in passato abbiamo scoperto che molti dei dati che ci chiedevano poi non venivano utilizzati: considerando che ora, che le fatture si inviano 1 volta l’anno, stanno controllando quelle del 2014, dubito che riusciranno a controllare quelle che gli invieremo ogni tre mesi”.
Giusto, vero, sacrosanto. Ma se il lavoro aumenta, aumenta anche il fatturato. O no?
Non aumenta il lavoro, aumentano i solo costi
Ride con l’aria di chi ha capito che deve spiegare proprio tutto. “Se io facevo pagare un mio cliente 200 euro per l’invio delle fatture 1 volta l’anno, a quello stesso cliente dovrei chiedergli altri 600 euro perché le sue fatture gliele invio 3 volte in più. E secondo lei uno che mi paga 2mila, 3mila, 4mila euro l’anno accetta di pagare 600 euro in più?”
Secondo me no. “Appunto, e allora sa cosa fa? Va da un signor Rossi qualsiasi a farsele mandare”. In che senso? “Ah....!!! Ma allora lei non lo sa!!! Guardi che in Italia il lavoro che faccio io lo può fare chiunque, e magari si fa pagare meno di me perché paga i suoi collaboratori a voucher invece di assumerli. Il signor Rossi non è obbligato a essere iscritto all’albo, seguire i corsi di formazione obbligatori, pagare la cassa pensionistica... la può fare chiunque!”
Ah... “Eh... L’unica cosa che il signor Rossi qualsiasi non può fare è assumere la difesa del cliente davanti alle commissioni tributarie”.
Al Fisco conviene andare in tribunale: vince anche se perde
Beh, difendere i clienti in un contenzioso fiscale è un business (il tentativo di rallegrargli la giornata fallisce miseramente). “Allora: diciamo che io devo difendere un mio cliente in sede di commissione tributaria, e diciamo che vinco. A me chi mi paga?” Chi la paga? “Mi paga il cliente! Nel processo civile la parte soccombente paga la parte vincitrice, ma nel processo fiscale, nella maggior parte dei casi, ognuno paga il proprio avvocato, sia che vinca sia che perda, quindi mi paga il cliente sia che vinca sia che perda”. Ah... “E questo è il motivo per il quale gli italiani preferiscono evitare di andare in giudizio: perché tanto, sia che vincano sia che perdano, qualcosa pagano. Questa non è giustizia, è un deterrente”.
Adesso le spiego il paradosso del 730 precompilato
Dopo qualche ora a parlare è più chiaro perché i commercialisti hanno prima manifestato a Roma e poi minacciato uno sciopero nazionale a fine febbraio. “Il fatto è che lavoriamo per lo Stato, non più per il cliente, e io non voglio fare il poliziotto”. Cioè? “Prenda il 730 precompilato, altra genialata del governo Renzi”. Dica, dica... “Allora: lei è un mio cliente e viene da me e mi dice che vuole che le faccia il 730 usando i dati in possesso dello Stato e che lo Stato le ha inviato. Io prendo questi dati, li correggo, perché non ho ancora trovato un 730 che non fosse da correggere, e li invio. A quel punto se ho sbagliato qualche cosa, il Fisco addebita a me non solo le multe e le sanzioni, ma anche l’eventuale importo fiscale non pagato! Cioè, io pago le sue tasse! Ma questo è anticostituzionale, lo sanno tutti, è ovvio che è anticostituzionale, perché a me va bene pagare la multa per un mio errore, ma le tasse le paga chi produce il reddito, e non sono io! Il risultato è che ho dovuto estendere la copertura della mia polizza di assicurazione contro gli errori per difendermi anche dal rischio di dover pagare le tasse anche per i clienti e quindi se si va da un commercialista, ma anche da un Caf, per farsi fare la dichiarazione “precompilata”, si paga di più che non se lei mi chiedesse di farle il classico 730. Geni! Ha capito adesso perché dico che noi lavoriamo per lo Stato”? Inutile il tentativo di calmarlo: può sempre chiedere di farsi rimborsare dal cliente. O no? “No! La legge me lo vieta. Le sue tasse le pago io! Ha capito o no?”.
Se vuole, torni il 20 luglio, ma si procuri un elmetto
Meglio cambiare discorso. “In realtà se io vado all’Agenzia delle Entrate la gente... c’è un rapporto umano, sono competenti e disponibili, ma anche se si accorgono che magari l’accertamento che hanno mandato a un cliente è palesemente sbagliata, non la possono cestinare, anche se vorrebbero. Gli è vietato fare la cosa giusta, chiaro, no? E allora il massimo che ti dicono è: ok, ti rimando la sanzione ma con metà dell’importo. Così tu sei costretto ad andare a giudizio in una commissione tributaria con tutti gli annessi e connessi. Follia. E dire che ci vorrebbe così poco: se ci coinvolgessero quando scrivono le leggi fiscali molte sciocchezze si eviterebbero e potremmo dare il nostro contributo. Noi non siamo fiancheggiatori degli evasori. Certo che se invece di farci fare il nostro lavoro ci sommergono di adempimenti, allora diventiamo dei burocrati”.
Bene, potremmo finirla qui, invece Morlino, anche davanti a un piatto di pasta non si ferma più: “Ma se vuole davvero vedere che cosa significa avere a che fare con lo Stato italiano torni a trovarmi il 20 luglio, ma venga con l’elmetto”. Perché il 20 luglio? “Perché in un solo giorno dobbiamo spedire al fisco le dichiarazioni fiscali e lo “spesometro” con tutte le fatture fatte e ricevute dai nostri clienti nei primi due trimestri del 2017 diventando matti per farci dare i dati che mancano: numero di codice fiscale trascritto male, iban sbagliato, nomi illeggibili... allora sì che ci sarà da ridere, vero Alice?”
Come pagare due Imu diverse sulla stessa porzione di casa
Nella stanza entra una ragazza alta, mora, sorridente che, anche lei, non vede l’ora di parlare: “Vi ho sentito dall’altra stanza, ma non avete ancora detto la cosa più importante”. E cioè? “Io ho avuto un figlio e sono stata in maternità per diversi mesi. Beh... quando sono tornata il mio lavoro era completamente cambiato: leggi diverse, software diversi, scadenze diverse, adempimenti diversi... Vuole che le parli dell’Imu?”
Morlino, sorridendo beffardo, si distende sulla poltrona e incalza: “Sì, sì, dai... digli dell’Imu!” “Allora”, inizia Alice, “l’Imu si paga solo sulle case di lusso e sulle seconde case. Ci siamo fin qui?” Ci siamo. “Solo che poi ogni comune può decidere qualsiasi modifica e siccome noi abbiamo clienti che hanno proprietà in 150 Comuni, io mi sono letta tutte le eccezioni che questi 150 comuni hanno deciso per il loro territorio”.
Vabbè, è il suo lavoro... “Certo che è il mio lavoro, ma stia a sentire: abbiamo due signore nostre clienti, due cognate, che possiedono il 50% di un immobile dove vive la mamma di una delle due. La cognata che è figlia della signora, siccome è parente di primo grado, paga un’Imu ridotta mentre sua cognata, che è parente di secondo grado, la paga intera: due Imu diverse sulle due metà della stessa casa. Quella che ha pagato di più è entrata nello studio e ci voleva convincere che la sua Imu era sbagliata”.
Morlino interviene: “E meno male che la Tari, la tassa sui rifiuti, la calcolano i Comuni, sennò adesso, con il pagamento in base al peso dei rifiuti prodotti, acrei dovuto chiedere ai miei clienti quanta spazzatura producono in un anno!”
Ho chiesto un parere al Fisco: mi ha dato 3 risposte diverse
Vabbè, s’è fatto tardi, forse è il caso di lasciare lavorare Alice e Saverio, che però non rinuncia all’ultimo aneddoto del fisco impazzito e, come se stesse iniziando a raccontare una barzelletta, inizia: “Un mio cliente viene da me e mi chiede un parere fiscale. Glielo do e lui va via. Dopo qualche giorno mi chiama e mi dice che ha chiesto un parere anche al suo avvocato, che gli ha detto una cosa diversa dalla mia. Allora chiamo l’avvocato per capire chi avesse ragione, ma proprio non riuscivamo a metterci d’accordo. Quindi ho detto: va bene, chiediamo all’Agenzia delle Entrate con il servizio di assistenza online. Io mando la domanda con il mio account, e la stessa domanda con un account diverso e la stessa identica domanda la manda l’avvocato. Risultato: tre risposte diverse. Stampo le risposte e chiamo il cliente e gli dico: scelga lei, busta numero uno, numero due o numero tre?”.
Secondo lei vogliono davvero combattere l’evasione fiscale?
Sulla porta, prima di uscire e lasciarlo finalmente lavorare, l’ultima domanda: “Se è vero che l’evasione fiscale ammonta a 190 miliardi l’anno, come si fa a sconfiggerla”? “Io dico la mia: abolire il contante per tutti i pagamenti”. E Alice: “Rendere tutto detraibile dalla dichiarazione”. Un po’ estremiste... “Scusi, le posso fare una domanda io? Ma secondo lei c’è davvero la volontà politica di combattere l’evasione fiscale?” Gran bella domanda.