Economia
November 06 2015
Che valore diamo, oggi alla nostra vita privata? The Atlanticha pubblicato poco tempo fa un articolo molto interessante che cerca di rispondere a questa domanda. Investigando, a vari livelli, il rapporto (malato) che tante persone, oggi, finiscono con lo sviluppare con l'azienda per conto della quale lavorano.
Per quel che riguarda quadri e dirigenti, sembra andare per la maggiore una relazione di semi-devozione che lascia pochissimo spazio per la famiglia, per gli amici, ma anche per se stessi e per il proprio riposo. A operai e impiegati di livello più basso, invece, la globalizzazione offre sempre più spesso un modello di "giornata infinita", e in taluni paesi in via di sviluppo si è arrivati addirittura alla sovrapposizione totale tra "giornata lavorativa" e "tempo libero", visto che anche quest'ultimo viene gestito dall'azienda.
Cosa succede nelle aziende-casa
Partiamo da quest'ultimo caso. In Cina, in India e in altri paesi asiatici, sempre più aziende sono disposte ad offrire ai propri operai vitto e alloggio (spesso in dormitori sovraffollati e fatiscenti), e una serie di altri servizi come mense, spazi ricreativi, mini-cliniche e, perché no, anche bar e discoteche. La ragione? I turni di lavoro sono troppo intensi e stressanti, e se gli operai invece di tornare a casa vivono in fabbrica, possono riposarsi di più ed rimanere quindi produttivi anche in situazioni di particolare stress (oltre ad essere facilmente reperibili in situazioni di emergenza).
Il valore dei servizi extra per la forza lavoro
Va riconosciuto che in un primo momento tutti questi servizi extra sono stati anche apprezzati dalla maggior parte della forza lavoro che ha potuto beneficiarne. Anche dal loro punto di vista, infatti, il poter accedere a una serie di servizi essenziali a costi irrisori e senza dover fare particolari sforzi era inizialmente considerato un vantaggio piuttosto che uno svantaggio.
In Occidente, seguendo lo stesso principio, le grandi aziende hanno iniziato a offrire altri tipi di servizi aggiuntivi (nella maggior parte dei casi a prezzi convenzionati) ai loro impiegati. Dopo le mense sono infatti arrivati le banche, gli uffici postali, i piccoli supermercati, gli asili, e infine anche le palestre, i bar e gli spazi ricreativi da condividere con i colleghi a fine giornata.
Anche in questo caso, l'ampliamento delle "competenze aziendali", è stato pensato per offrire ai dipendenti la possibilità di svagarsi, di trovare un luogo sicuro in cui lasciare i figli dopo la maternità e di sbrigare piccole faccende dalla loro scrivania o quasi. Turni di lavoro molto intensi sommati al traffico delle grandi città rendono sempre più difficile conciliare la vita lavorativa con le esigenze private, è la comodità di poter trovare tutto (o quasi) in azienda all'inizio sembrava una grande rivoluzione positiva.
Come conciliare vita lavorativa e esigenze private
Oggi, però, iniziano a emergerne anche i lati negativi. Perché l'onnipresenza aziendale per molti si è già trasformata in una sorta di schiavitù psicologica, che impedisce di immaginare una vita che vada al di là della giornata lavorativa. Si va in ufficio prima per fare un'ora di palestra, si va in ufficio per la recita di Natale dei bambini, si resta in ufficio per una cenetta informale tra colleghi, e naturalmente si passa la giornata tra scrivania e riunioni per sbrigare le vere incombenze lavorative.
La quotidianità aziendale dei dirigenti
The Atlantic mette in evidenza come questa sovrapposizione sempre più totale tra vita lavorativa e vita privata contraddistingua anche la quotidianità di quadri e dirigenti. Dietro l'immagine di donne e uomini dinamici, giovani e vincenti, si nasconde spesso una vita scandita dai continui compromessi. Con la famiglia e i figli, quando ci sono, e con se' stessi, quando per l'emergenza di turno (che spesso emergenza non è) si finiscono per sacrificare preziose ore di sonno, o il riposo e lo svago del fine settimana. Non solo: è stato notato che sempre più dirigenti, una volta perso il contatto con amici, parenti e vicini di casa, finiscano, talvolta anche per l'assenza di alternative, a dedicare in maniera più o meno consapevole la loro vita al lavoro.
Come trovare un compromesso più sano
E' sano tutto questo? Certamente no, ci vuole poco per capirlo, ma il vero problema, secondo The Atlantic, è un altro. Vale a dire il fatto che il mondo moderno ci lasci ben poche alternative. Chi vive in città di dimensioni ridotte o lavora per piccole aziende una vita privata degna di essere definita tale ce l'ha ancora. Ma chi lavora in ambienti molto competitivi, a prescindere dalla posizione ricoperta, sembra non avere scelta. Negoziando una giornata lavorativa meno intensa si rischia di perdere il lavoro, smettendo di essere disponibili a qualsiasi ora del giorno e della notte si rischia di essere scavalcati da colleghi più ambiziosi, ed è ormai diffusa la convinzione secondo cui sia necessario rimanere a disposizione anche in vacanza, perché se si stacca del tutto, anche per pochi giorni, sarà impossibile recuperare.
Attenzione però, se siamo così facilmente sostituibili, siamo proprio sicuri che il nostro contributo all'azienda sia così indispensabile? E ancora, siamo davvero sicuri di voler dedicare tutto il nostro tempo per i prossimi dieci, quindici o vent'anni a un'azienda? O che riprendendoci almeno in parte la nostra vita privata non potremmo avere maggiori soddisfazioni e magari anche un po' più di serenità? Trovare un compromesso in un mondo in cui vita lavorativa e vita privata sono sempre più sovrapposte non è facile, ma forse dovremmo iniziare a cercarne uno che, almeno nel medio periodo, sostenga i nostri interessi, non quelli del nostro datore di lavoro.