Politica
July 01 2024
Dopo il disastroso primo turno elettorale, Emmanuel Macron ha un’unica certezza: deve evitare che la destra populista prenda il Parlamento francese. Il presidente ha ragione almeno su un fatto, e cioè che il prossimo ballottaggio potrebbe rappresentare un punto di svolta nella storia politica della Francia. Al momento, infatti, non solo la destra e la sinistra populista sono entrambe in vantaggio rispetto al blocco centrista. Ma l’estrema destra, guidata dal Rassemblement National di Marine Le Pen e il suo pupillo dalla faccia pulita Jordan Bardella, è balzata addirittura al 38,5%. Mentre il blocco populista di sinistra – ribattezzato Fronte Popolare – è dieci punti sotto, al 28,6%, con i centristi di Macron fermi al 20,5%.
Cosa ci racconta tutto questo? Che le contraddizioni interne al blocco anti-Le Pen saranno la salvezza (se risolte) o la fine dei sogni di gloria dei liberal-democratici. Chi propende più per questa seconda ipotesi, cita anzitutto il nome scelto dalle sinistre francesi, Fronte Popolare, che richiama – inopinatamente, a nostro giudizio – l’avventura socialdemocratica del Fronte Popolare,creato proprio per opporsi all’avanzare delle destre illiberali in Europa.
Come andò a finire quell’impresa? In Francia, il Fronte Popolare si era costituito nel 1933, unendo socialisti e comunisticome reazione all’avvento di Hitler: nelle elezioni del 26 aprile 1936, il fronte ottenne una vittoria schiacciante (con Léon Blum che costituì il suo primo gabinetto), ma già alla vigilia della seconda Guerra mondiale il fronte entrò in crisi e si dissolse per l’equivoca posizione in cui venne a trovarsi il partito comunista francese, riflesso dell’equivoca politica russa nei riguardi dei belligeranti.
Se il Fronte Popolare del 1936 era dominato da un ebreo e socialista, Léon Blum, quattro anni dopo, in pieno conflitto mondiale il leader del Partito Comunista Maurice Thorez, definì Blum un «rettile ripugnante». Di lì a poco il Fronte si sfalderà su tutta la linea. Risultato? La Francia occupata dai nazisti che dàvita alla Repubblica di Vichy, collabora con il Terzo Reich e applica norme contro gli ebrei che copia dalle leggi naziste, cheeguaglieranno in durezza quelle del regime nazista in Germania, surclassando anche le leggi razziali italiane.
Ora, senza voler fare paragoni troppo arditi, va riconosciuto che anche in queste elezioni politiche per il rinnovo del parlamento le questioni capitali/dirimenti per gli elettori francesi non vertono soltanto sull’economia e il lavoro, quanto piuttosto sugli ideali di libertà, democrazia e appartenenza all’Ue, cui si legano indissolubilmente le questioni di sicurezza e d’identità.
Per questo motivo, molti elettori pur sfiduciati e disorientati affermano che sosterranno «a malincuore» una delle fazioni principali: ma solo per bloccare l’altra parte, che considerano una minaccia esistenziale per la Repubblica. Si tureranno cioè il naso, per usare un’espressione a noi cara, al fine di bloccare gli estremismi. Che tuttavia sono presenti in entrambi gli schieramenti, con i centristi sempre meno determinanti.
Se i lepenisti sentono già aria di vittoria – e ovviamente sono gli unici a essere compatti e convinti di ciò che rappresentano – adestra permangono non pochi imbarazzi per quei moderati (e non sono pochi) che non tollerano le simpatie dei populisti per Vladimir Putin né condividono minimamente l’odio delle destre radicali verso i «diversi», siano essi ebrei o immigrati, sempre più spesso considerati da quelle parti come elementi spuri rispetto alla«vera Francia». Il che, peraltro, ricalca in parte lo schema delladestra italiana, con Forza Italia (moderati) in crescente difficoltà nel mantenere un rapporto di fiducia con i leghisti (filo-putiniani) e Fratelli d’Italia (accusati di antisemitismo e neo fascismo).
Va ancora peggio a sinistra, dove un partito estremo come La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, sta facendo rivivere appieno la vecchia tradizione francese di antisemitismo sinistrorso, e non nasconde le simpatie per gentaglia come i terroristi di Hamas. È stato lo stesso Mélenchon ad accusare un membro del partito di Macron, l’ex presidente dell’Assemblea nazionale Yaël Braun-Pivet, di essersi «accampata a Tel Aviv» per «incoraggiare il massacro a Gaza». Mentre alcuni suoi assistenti hanno chiamato «maiale» un collega parlamentare ebreo.
C’è poi chi afferma di non appartenere «alla stessa specie umana» dei difensori di Israele, e chi li accusa di genocidio. Come se lo sterminio dei palestinesi potesse davvero essere uno scopo politico perseguibile (allora Israele attaccherà anche la Giordania, dove il 60% della popolazione è di origine palestinese?). In tutto ciò, in piazza a Parigi a gridare «Israele assassino» non c’è più solo Mélenchon, visto che anche moderati di sinistra come l’eurodeputato moderato Raphaël Glucksmann ha ceduto e si è unito con il suo partito Place publique al Nuovo Fronte Popolare,nella coalizione anti Marine Le Pen.
«Si tratta di persone che non esitano a definire Hamas un’organizzazione di “resistenza” e che, solo pochi giorni fa, dopo una notte di negoziati con i loro partner moderati, si sono nuovamente rifiutati di definire il gruppo “terrorista”» sentenzial’intellettuale ebreo di sinistra, Bernard-Henri Lévy.
Furbescamente, Marine Le Pen ha ben compreso le contraddizioni di una simile armata Brancaleone e ha ufficialmente preso le distanze da affermazioni antisemite, per «ripulire» la propria immagine e presentarsi in Francia (e in Europa) come la leader di una forza credibile, degna di governare. E così facendo ha guadagnato voti al centro. Probabilmente ne ha strappato qualcuno anche a chi, ebreo di sinistra, non può tollerare che s’inneggi davvero ad Hamas. Per esempio, Le Pen ha convinto il celebre «cacciatore di nazisti» francese Serge Klarsfeld a votare per lei. Eppure, l’antisemitismo è ancora parte del DNA del partitolepenista.
«Che dire delle origini del suo partito?» sottolinea ancora Henri Lévy. «Quel partito è stato fondato 50 anni fa da ex collaboratori del nazismo, se non dalle stesse ex Waffen-SS». Vero è che Le Pen e Bardella sostengono di aver rotto con quella tradizione. Ed è un fatto è che, dal 7 ottobre, abbiano difeso apertamente Israele. Ciò non toglie che la storia non si possacancellare con una dichiarazione o un tratto di penna. Bastaleggere le biografie dei circa 500 candidati in corsa per le elezioni del Rassemblement National per scoprire ammiratori della storia negazionista, organizzatori di serate in «pigiama a righe» che prendono in giro i deportati di Auschwitz, saluti nazisti postati con orgoglio sui social media. E personaggi chiave come Frederic Chatillon - intimo di Le Pen sin dai tempi della scuola - che non solo controlla le finanze del partito, e non soltanto ha avuto guai giudiziari (anche in Italia) per finanziamenti illeciti, ma è molto vicino al regime siriano del macellaio Bashar al-Assad, tanto per capirsi.
Senza contare che il padre di Marine Le Pen, Jean-Marie, il fondatore del partito, è stato condannato per incitamento all’odio razziale per aver detto che le camere a gas usate per uccidere gli ebrei nell’Olocausto erano «un dettaglio» della storia della Seconda Guerra Mondiale. Vero è che le colpe dei padri non ricadono sui figli ma, per restare in tema di aforismi, è altrettanto vero che la mela non cade mai lontano dall’albero.
Dunque, come voteranno gli ebrei di Francia al ballottaggio? Un numero eccezionale di loro (in tutto, sono mezzo milione di persone) oggi la pensa più o meno come Alain Fischler, sopravvissuto dell’Olocausto che, per descrivere una scelta tra alternative ugualmente sgradevoli, afferma: «Mi sento come se fossi in bilico tra la peste e il colera». O come chi, molto più banalmente osserva: «È una vergogna che nella Francia del XXI secolo gli ebrei facciano ancora notizia per questo tipo di motivi».
In conclusione, la Francia che si approssima al voto non riesce a uscire dall’angolo, stretta tra radicalismi neanche poi così alternativi tra di loro e tra i quali esistono persino linee di continuità, come appunto la questione ebraica: prova ne sia che gli episodi di antisemitismo, che vanno dagli insulti al vandalismo e fino alle aggressioni fisiche, solo nel primo trimestre del 2024 sono aumentati del 300% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (dati diffusi dal primo ministro Gabriel Attal), con l’episodio forse più preoccupante accaduto la scorsa settimana, quando una ragazzina di appena 12 anni (sic!) è stata violentata e insultata proprio in quanto ebrea.
È questa la Francia che intende guidare l’Europa e che ci guarda dall’alto in basso? Quanti dei leader che si presentano alle legislative intende davvero porre fine all’odio, al razzismo, all’antisemitismo e alla violenza dilagante nel cuore laico d’Europa che ci diede la Rivoluzione francese ma che oggi è irriconoscibile? Bernard-Henri Lévy avverte i suoi connazionali: «Chi otterrà il mio voto? In questi giorni penso molto a una frase di Alexander Solzhenitsyn: “Lasciate che la menzogna venga al mondo, lasciatela anche trionfare. Ma non attraverso di me”».Buona fortuna, cari francesi.