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February 10 2015
Cadono in questi giorni due ricorrenze drammatiche, collegate fra loro non soltanto dai settant’anni trascorsi: il Giorno del Ricordo per le Vittime delle Foibe, istituito nel 2004 dal Governo Berlusconi, e l’anniversario del massacro di Porzus, nel quale i partigiani cattolici, monarchici, liberali della Brigata Osoppo furono massacrati da altri partigiani, comunisti, agli ordini del PCI e – per decisione di Togliatti - dell’esercito di Tito. Due tragedie, sul finire della grande tragedia della guerra e alla vigilia di una liberazione che, per gli abitanti di Trieste e dell’Istria venne solo molto più tardi, oppure non venne mai.
Tragedie negate anche di fronte all’evidenza storica, da una parte della sinistra italiana. Sono state la parte mancante della memoria condivisa del nostro paese.
Le diverse Resistenze
La vulgata storiografica diffusa dalla sinistra, e supinamente accettata per decenni da tutti, racconta che la Resistenza è stata un fenomeno unitario e omogeneo, e che nell’ambito della guerra partigiana hanno avuto un ruolo attivo quasi esclusivamente le brigate legate al PCI (e al PSI, allora alleati). Questa narrazione vorrebbe conferire alla sinistra i titoli per rivendicare una “superiorità morale”, delle credenziali democratiche ineccepibili, la titolarità dei valori fondativi della nuova costituzione.
Naturalmente questa lettura della storia italiana dimentica alcuni fatti importanti. Cancella per esempio l’impegno valoroso e generoso dell’Esercito Italiano “del sud”, ricostituito dopo la vergogna dell’8 settembre, che combattè con valore a fianco degli alleati, nonostante le difficilissime condizioni materiali e morali. Dimentica soprattutto che i partigiani non erano affatto una realtà omogenea: vi erano i monarchici, i militari rimasti al Nord, che si consideravano ancora legati al giuramento di fedeltà al Re e quindi al Governo Badoglio (non tutti l’8 settembre pensarono solo a fuggire); vi erano i liberali, i cattolici, gli azionisti, che sognavano di creare uno stato democratico di tipo occidentale; vi erano i comunisti (che erano una minoranza significativa e organizzata, ma comunque una minoranza) che miravano a sostituire la dittatura fascista con un’altra dittatura agli ordini di Mosca. Ognuno fece la sua parte con coraggio, ma per affermare valori e obbiettivi differenti. Le drammatiche vicende del confine orientale stanno a dimostrarlo.
L'annessione di Trieste e dell'Istria
L’annessione di Trieste e dell’Istria alla Jugoslavia di Tito era favorita da Togliatti e dal PCI, su ordine di Stalin, per un evidente e dichiarato motivo ideologico, e cioè per portare le popolazioni di quelle terre, italiani e sloveni, a vivere in un sistema comunista. Gli elementi ostili a questo progetto, nella più cinica logica comunista, andavano eliminati: se ne occuparono direttamente i comunisti italiani, come nel caso dei Partigiani della Osoppo, oppure lo lasciarono fare agli Jugoslavi, senza battere ciglio, ed anzi esaltando il legame fraterno fra i due partiti.
Ovviamente queste pagine andavano cancellate dall’album di famiglia della storia del PCI, esaltata invece come democratica, patriottica, collaborativa. Rimarrà una responsabilità storica della politica e della cultura italiana, anche quella non comunista, averlo permesso per decenni.