Vivere (bene) facendo a meno del digitale

Tutti magnificano «la rete», lui ne diffida. Tutti si entusiasmano per app di ogni tipo, lui resta scettico. Tutti chattano su whatsapp, lui si astiene. Tutti fotografano e postano se stessi su Instagram e Facebook, lui lascia perdere.
Lui è Paolo Crepet, psichiatra nonché osservatore ironico e disincantato dei nostri tempi. Che su questo impazzimento globale per le nuove tecnologie e ogni sorta di social network ha scritto un saggio anticonformista, Baciami senza rete (Mondadori) per dire, sintetizzando, «ma ci siamo rincretiniti tutti?».




Crepet sarà, sabato 10 settembre, a Camogli, al Festival della Comunicazione (dall’8 all’11,  (https://www.festivalcomunicazione.it/) dove presenterà il suo libro e le sue opinioni. Che anticipa in questa intervista:

Professor Crepet, cos’è che non le piace della rete?

Non è che la rete non mi piaccia, non dico questo, la uso se mi serve. Ho utilizzato in passato tutti gli prodotti della Apple fatti da Steve Jobs. Ma un conto è usare il web, un conto esserne usati, sopraffatti.

Chi corre questo pericolo?

Tutti. Tutti noi. È un rischio che stiamo correndo in massa. Pensiamo anche solo alla politica di questi giorni, ciò che succede nel movimento dei grillini: decide la rete, non decide la rete, il popolo della rete si arrabbia... politici che stabiliscono cose importanti partendo da tre righe di una mail. Trasmissioni che iniziano commentando twitter di politici...È una cosa da dementi. Ed è un fenomeno riguarda tutti gli aspetti della nostra vita, privata e pubblica.

Detta così, una rivoluzione che si infiltra ovunque e di cui nemmeno ci rendiamo conto...

Una rivoluzione talmente pervasiva che sta cambiando, già lo ha fatto, la nostra esistenza. Mentre una volta, per dire, la macchina da scrivere serviva per lavorare, le nuove tecnologie servono per vivere, per sapere dove stanno i figli, per mandare sms amorosi, ma anche per sapere dove e quando si riunisce  il consiglio di amministrazione. Non c’è più uno spartiacque. Lo abbiamo accettato come fosse la normalità. Ma io trovo insopportabile che il mio modo di vivere dipenda da Zuckerberg. E poi, non comunichiamo più.

Ma telefonini, social network, email sono tutti mezzi per comunicare di più e con più persone, non crede?

Credo sia il contrario, in realtà. Non si scrive più, non si legge più, non si parla più. In famiglia la conversazione e il dialogo sono sempre più ridotti. Le vede le famiglie italiane al ristorante? Ci faccia caso: ragazzi seduti con la testa china sul tablet o sul telefonino, coppie che guardano il proprio schermo e ogni tanto, tra due forchettate di spaghetti, mostrano all’altro che cosa aveva visto un secondo prima sul telefonino. Sto per andare a un  festival della comunicazione, tra un po’ non ci sarà più niente da comunicare.

È un po’ drastica, come conclusione. In fondo, app e social network possono anche sollecitare la creatività, la fantasia...

È il contrario, tutto questo comporta un abbassamento della creatività... Sostituiremo i film, le fotografie, la scrittura, la lettura, l’amore, con delle app.

L’amore: che c’è di sbagliato, in fondo, a conoscersi online, a fare i primi approcci su questa dimensione?

La rete oggi è come le agenzie matrimoniali del passato, con gli stessi risultati sconfortanti e a volte esilaranti: nei siti di incontri si presentano signorine che dicono di avere 24 anni e la quarta di seno, poi si scopre che invece è Arturo, camionista, e pure con i baffi. Non sono un bacchettone, intendiamoci, trovate pure il partner virtualmente ma non ditemi che è una cosa seria.

Può diventarlo però...

Ma va, è un grande gioco, siamo tutti ridiventati adolescenti, anche i 60enni. Quest’estate, durante una cena, era seduto accanto a me un sindaco, non dico di quale città. A un certo punto si scusa e tira fuori il telefonino, si mette a guardare in giro. “Che stai facendo” gli chiedo. “Scusa, sto cercando dei pokemon”. Io non ci volevo credere. Rido dopo però poi ragiono, e penso che questo signore amministra una città, ha delle responsabilità.

Tornando all’amore, che è poi anche il titolo del suo libro, perché non crede che si possa conoscere una ragazza o un ragazzo online e poi crearsi insieme un futuro?

Per mettersi insieme prima o poi ci si deve vedere, ma se tu sei abituato alla virtualità, l’idea di stare con una persona fisica, reale, concreta, anche solo due giorni, figuriamoci sette giorni per una vacanza, diventa terrificante.

Insomma, vivere online è un modo per nascondersi, per tirarsi fuori?

È sicuramente così. È un modo per non vivere, è solipsismo digitale che porta al narcisimo: si sopporta solo se stessi, forse a malapena. Un rapporto reale comporta fatica e tempo. Invece quello che offre il digitale è il contrario: ti faccio fare prima e con meno fatica.

Semplifica la vita.  

Il suo slogan è: ti faccio vivere facile. Ma questa facilità applicata ai sentimenti è un disastro. L’amore è fatto di fatica, sopportazione, compromessi, pazienza. Il digitale è una sorta di scolapasta, con la promessa di scartare tutte le complicazioni e tenere solo “la parte buona”, tutto il resto sono noia grane, complicazioni, quotidaneità. La vita, insomma.

Ma non è velleitario pensare di fare a meno di tutto ciò che le nuove tecnologie offrono?

La ricetta non è andare a vivere sui monti e mangiare bacche, tornando al Medioevo. Non ho nessuna veilletà per queste retromarce altrettanto retoriche. L’iPhone 7 mi interessa come strumento, non come maestro di vita. Quando a mia nonna hanno messo il citofono lei non era mica così cretina da starci attaccata tutto il giorno. Bisogna ridimensionare la digitalizzazione, farla uscire dall’intimità. Se con il casco virtuale il nonno può vedere i suoi nipotini da lontano, con la telecamerina a 360 gradi...

Non mi dirà che è una cosa negativa.

Finisce che il tuo nipotino lo vedi dal vivo tre volte l’anno anziché dieci. Per il resto lo vedrai senza fare viaggi, prendere aerei, perdere tempo. Del resto, il business delle nuove tecnologie è proprio lì.  Certo, non sentirai che il neonato si è fatto la pipì addosso. Ma  quella, anche quella, è la vita reale del nonno.

ll Festival della Comunicazione, alla sua terza edizione, si svolge a Camogli dall’8 all’11 settembre (https://www.festivalcomunicazione.it/), e sarà dedicato al tema "Pro e contro del web", spunto lanciato da Umberto Eco, ispiratore della manifestazione sin dall’inizio.


Tra gli oltre 130 ospiti (dal mondo della comunicazione, della letteratura, della scienza, delle imprese, della medicina e della psicologia, dell’arte, dei social network, del diritto, della filosofia) ci saranno Roberto Benigni, gli scrittori Luca Doninelli, Claudio Magris, Pietrangelo Buttafuoco, Donato Carrisi, Alessia Gazzola, Andrea De Carlo, Paolo Giordano;gli storici Alessandro Barbero e Massimo Montanari; l’attore Claudio Bisio con il giornalista Michele Serra; lo chef Bruno Barbieri; il sociologo Evgenij Morozov; James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera; il semiologo Stefano Bartezzaghi;il direttore scientifico dell’IIT di Genova Roberto Cingolani; il car designer Chris Bangle; l’autore televisivo Carlo Freccero; i giornalisti Piero Angela, Mario Calabresi, Massimo Gramellini, Federico Rampini, Beppe Severgnini.

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