Vola il fatturato del mondo dei "single"

Non è un paese per vecchi, titolava il libro di Cormac McCarthy. Quello che però ci troviamo davanti è sicuramente un paese per single. A livello globale stiamo infatti assistendo a un progressivo impoverimento numerico della famiglia e le prime ad accorgersene sono state le aziende, che guardano sempre più spesso alle abitudini e passioni dei single per fare affari.

Il numero dei single continua infatti a crescere in maniera esponenziale. Si conta che il 72% dei Millennials non sia in una relazione stabile, così come il 75% dei Gen Z. I motivi sono molteplici. Se i nati tra gli anni Ottanta e primi anni Novanta affermano di non voler sacrificare la propria indipendenza, la Generazione Z si dice frustrata dalle app di dating (utilizzate dal 74% di Millennials e Gen Z). I dati Istat mostrano poi come in Italia una persona su due sia single, e viva da sola (+39% negli ultimi dieci anni).

Ma c'è anche un rovescio della medaglia. Nessuna generazione ha lo stesso «spending power» dei Millennials. Secondo i dati raccolti da Money Transfers, i nati tra il 1981 e il 1996 spenderebbero più di qualsiasi altra generazione - 208.77 dollari al giorno - per un potere di spesa complessivo di 2.5 trilioni.

Ecco allora nascere il fenomeno della single o solo economy, termine coniato qualche anno fa in Corea del Sud (dove più di sette milioni di giovani vivono da soli), ormai diventato una tendenza globale. Con l’aumento dei single nella società, anche le aziende hanno iniziato a investire su prodotti e soluzioni pensate per i “cuori solitari”. A partire dal cibo.

Supermercati e mini market offrono sempre più spesso prodotti monoporzione istantanei e per quanto riguarda il delivery, i Millennials sono la generazione che ordina più spesso a domicilio (87%).

Esistono poi aziende che hanno fatto dei giovani single il loro target principale. Un esempio, nel campo del food, è quello di Hello Fresh (7,6 miliardi di dollari nel 2022), una piattaforma che offre oltre 40 ricette facili e veloci da preparare. Basta scegliere le proprie preferite per ricevere a casa un box con tutti gli ingredienti necessari, già dosati per una persona sola. Sì, perché secondo una recente inchiesta del Daily Mail, i single si trovano a pagare una sorta di «penalità» al supermercato essendo costretti a puntare su confezioni più piccole e quindi meno convenienti. Si stima che per una coppia che spende 991 sterline al mese, un single si trovi a sborsarne 1.851.

Nonostante questo, per le aziende puntare sui single sembra essere una strategia decisamente lucrativa. In Cina, le vendite su Amazon durante il Single’s Day hanno superato quelle del Black Friday e del Prime Day messe insieme. Allo stesso modo, le tanto chiacchierate dating app continuano a registrare fatturati a nove zeri. Solo per fare qualche esempio, Match.com ha chiuso il 2022 con 2.4 miliardi di dollari e Tinder con 1.6 miliardi.

Questo non ha però evitato che Millennials e Gen Z venissero definite «The Lonliest Generations», le generazioni più sole. Secondo un rapporto di Telstra, il 51% dei primi e il 54% dichiara infatti di sentirsi spesso solo. A un sondaggio pubblicato da YouGov, un quarto dei giovani intervistati non è stato in grado di dare il nome di un singolo amico, e un terzo ha affermato di sentirsi «sempre» solo. Secondo uno studio condotto da The Economist in collaborazione con la Kaiser Family Foundation, più di due adulti su dieci negli Stati Uniti (22%) e nel Regno Unito (23%) affermano di sentirsi sempre o spesso soli, privi di compagnia, o sentirsi tagliati fuori o isolati. Allora come trascorrono il loro tempo?

Secondo Amex, il 79% dei Millennials ritiene che i viaggi siano una priorità assoluta, mentre l’84% dichiara di preferire un viaggio a qualsiasi prodotto di lusso. «Le vacanze sono preziose e i viaggiatori danno la priorità a itinerari personalizzati costruiti attorno alle loro passioni» ha commentato Audrey Hendley, presidente di American Express Travel.

Una ricerca firmata da Eran Ketter sottolinea poi come i Millennials guidino quattro tendenze chiave nel turismo, tra cui il turismo creativo, il turismo off the road, gli alloggi alternativi e il turismo completamente digitale. I Millennial, infatti, hanno un approccio al viaggio completamente diverso dalle altre generazioni. Secondo uno studio promosso da Airbnb e GFK, l’80% degli appartenenti a questa fascia di età dice di cercare un’esperienza unica all’avventura. La richiesta che sembra tornare sempre è quella di vivere come un «local», ovvero come «uno del posto».

Si inserisce in questo scenario, WeRoad, azienda italiana nata quasi per caso dalla scommessa di Paolo De Nadai, ceo di OneDay nonché fondatore - a soli 19 anni - di ScuolaZoo. Il progetto riassumibile come «viaggi on the road per Millennials» oggi conta 197 destinazioni nel mondo e oltre 60.000 WeRoader. Il tasso di «returning customer» è inoltre pari al 60%.

«Un viaggio può cambiarti davvero la vita» commenta Andrea D’Amico, Chief Executive Officer di WeRoad. «Guardando al mercato dei viaggi di gruppo, Paolo aveva notato un’assenza del concetto di “community”. I viaggi d’avventura erano spesso in inglese, includevano persone da ogni parte del mondo e di ogni età. Mancava la possibilità di creare rapporti che potessero durare anche a viaggio concluso» racconta degli inizi del progetto. «Quando fai un WeRoad non lo fa solo per organizzare un viaggio d’avventura, ma è perché vuoi veramente conoscere altre persone. Il 70% di chi prenota con noi, prenota solo per se stesso. Il restante 30% parte con un partner o con un amico, ma sempre con l’obiettivo di conoscere altre persone».

«WeRoad offre la libertà di viaggiare. Parti da solo, ma vivendo l’esperienza con altre persone che hanno la tua stessa visione. Non solo, il viaggio è organizzato per aiutare a creare un gruppo e coinvolgere tutte le persone organicamente» prosegue D’Amico. «Il bisogno di contatto (dopo la pandemia) è aumentato. Il desiderio di condivisione è sempre più forte».

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