Economia
November 27 2017
(Ha collaborato Antonio Sutera)
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È stata definitivamente approvata dalla Camera dei Deputati la legge a tutela del whistleblowing ovvero della denuncia da parte di un lavoratore di un collega corrotto. Il disegno di legge C.3365-B interviene sulle modifiche già apportate dalla legge n. 190 del 2012, cd. legge Severino, che aveva precedentemente introdotto nell'ordinamento forme di tutela dei whistleblowers, sia pure in relazione alla sola pubblica amministrazione.
Le nuove modifiche introdotte riguardano innanzitutto un ampiamento della portata della normativa già prevista per gli impiegati pubblici. La legge, infatti, estende la tutela prevista per i dipendenti pubblici dall’art. 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - Testo unico sul Pubblico impiego - anche ai dipendenti di enti pubblici economici, dipendenti di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, nonché ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica (art. 1. c. 2-3 DDL C. 3365-B).
Una novità non da poco se si considera che uno dei casi più recenti in Italia, quello del whistleblower Andrea Franzoso, riguardava le spese folli di Ferrovie Nord, società partecipata che opera come gestore della rete ferroviaria di proprietà regionale. Un ambito, quello delle società che operano con concessioni pubbliche, che senza l’ampiamento della nuova normativa sarebbe rimasto del tutto scoperto.
Garanzie - Sono previste maggiori garanzie per le segnalazioni. Il dipendente pubblico che denuncia al responsabile della prevenzione della corruzione, all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile comportamenti illeciti di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non potrà essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro.
Sanzioni. A seguito di un’istruttoria da parte dell’Anac che accerti l’adozione di misure discriminatorie nei confronti del whistleblower, è prevista una sanzione amministrativa a carico dell’ente responsabile che va dai 5.000 ai 30.000 euro. È prevista un’ulteriore sanzione per il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute che va dai 10.000 ai 50.000 euro.
Nullità degli atti discriminatori. Il segnalante che sia licenziato a causa della segnalazione è reintegrato nel posto di lavoro (ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23). In questo caso si prevede un’inversione dell’onere della prova: sarà a carico dell’ente dimostrare che le misure discriminatorie o ritorsive siano motivate da ragioni estranee alla segnalazione stessa.
Il disegno di legge approvato dalla Camera estende nuove, seppur timide, forme di tutela all’interno del settore privato, prevendendo modifiche al noto decreto 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica).
Canali di segnalazione e anonimato. L’art. 2 del disegno di legge whistleblowing stabilisce che i modelli organizzativi e di gestione predisposti dalle società per prevenire la commissione di reati, ai sensi del decreto 231/2001, devono prevedere uno o più canali che consentano ai whistleblowers di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni di condotte illecite che rilevino ai sensi dello stesso decreto e che siano fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o ancora di segnalare violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente. Tali canali di segnalazione devono inoltre garantire la riservatezza dell’identità del segnalante.
Violazioni del vincolo di tutela e false denunce. I modelli organizzativi e di gestione predisposti dalle società dovranno altresì prevedere delle apposite sanzioni nei confronti di chi violi la tutela del whistleblower. Ulteriori sanzioni dovranno essere predisposte per i cattivi segnalatori o in ogni caso nei confronti di chi effettui denunce false con dolo o colpa grave.
Nullità del licenziamento. Esattamente come nel caso dei dipendenti pubblici, i licenziamenti ritorsivi o discriminatori del soggetto segnalante sono nulli, così come nulle sono ulteriori forme di ritorsione come il demansionamento. In questo caso, sarà onere del datore di lavoro provare che il provvedimento adottato contro il whistleblower non sia dettato da ragioni discriminatorie o ritorsive dovute alla segnalazione.
L’approvazione della legge è stata accolta con grande entusiasmo nel panorama politico italiano. La stessa votazione del 15 novembre scorso ha visto il voto favorevole della maggioranza di governo e del Movimento 5 Stelle con un’ampia presenza in aula (418 deputati). E in effetti, a detta dello stesso parlamentare che avanzò nel 2013 la proposta di legge, il deputato Francesca Businarolo, la legge sul whistleblowing rappresenta un importante passo nella lotta alla corruzione.
La normativa a tutela dei lavoratori incontra comunque alcune problematiche di difficile soluzione. Pur ampliando la tutela nel settore pubblico, estendendo la tutela legislativa non solo alla pubblica amministrazione, ma anche agli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, rimangono molti interrogativi per il settore privato.
La legge sul whistleblowing prevede che siano gli stessi enti di diritto privato a dotarsi di canali idonei alla segnalazione di comportamenti illeciti. Il panorama italiano, tuttavia, è costituito da innumerevoli piccole e medie imprese. Secondo i dati Istat, le piccole o piccolissime aziende rappresentano il 95% del totale delle unità produttive e impiegano circa 7,8 milioni di addetti. La maggioranza di queste imprese, inoltre, non va oltre la soglia dei 10 dipendenti. È difficile dunque immaginare che tali strutture dispongano di modelli di gestione e organizzativi tali da consentire canali di segnalazione degli illeciti che garantiscano la segretezza del segnalante e lo tutelino da comportamenti ritorsivi.
Il segnalatore sarebbe molto probabilmente esposto al datore di lavoro nel momento in cui decide di denunciare. Rimane salvo il suo diritto di agire in giudizio nei confronti del datore di lavoro per la nullità del licenziamento discriminatorio, o di qualsiasi altro atto ritorsivo, qualora questo fosse comminato nei suoi confronti. Una tutela a metà se si considera che in ogni caso il lavoratore dovrà intraprendere un’azione nei confronti della competente autorità giudiziaria a tutela dei propri diritti, sostenere spese legali non indifferenti e in ogni caso affrontare un periodo di instabilità sino alla decisione definitiva.
È comprensibile immaginare come un lavoratore, posto di fronte alla scelta di denunciare e rischiare in ogni caso di subire delle ripercussioni, possa essere combattuto e decidere di mantenere lo status quo. Dopotutto, se l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, la prospettiva di rimanere senza e affrontare un giudizio a tutela dei propri diritti non è allettante per il whistleblower.
La tutela nei confronti dei lavoratori italiani rimane dunque estremamente ridotta, specie se paragonata a quella garantita ai lavoratori Statunitensi, paese in prima linea nella salvaguardia dei whistleblowers.
Negli Stati Uniti il whistleblower viene concepito come una risorsa. Il segnalatore, infatti, consente al governo statunitense di recuperare patrimoni immensi creati dalle condotte illecite, oltre che generare un discreto introito per il fisco a seguito dell’applicazione di sanzioni salatissime per detti illeciti. Per questo motivo il Dodd-Frank Act concede un vero e proprio premio al whistleblower nel caso in cui la sua segnalazione porti a un accertamento positivo della condotta illecita a seguito di indagini della Commissione SEC (Securities And Exchange Commission of the USA Government). L’ammontare del premio ammonta tra il 10 e il 30 per cento della sanzione comminata, a patto che la sanzione superi il milione di dollari. Cifre da capogiro se paragonate alle sanzioni amministrative italiane.
Secondo un rapporto della Commissione SEC, l’ammontare delle sanzioni comminate dall’inizio del programma supera i 975 milioni di dollari, mentre i premi garantiti ai whistleblowers vanno oltre i 160 milioni di dollari. 30 milioni di dollari è l’ammontare record garantito a un singolo whistleblower nel 2014.
La portata della normativa statunitense è tale da trascendere i confini nazionali. Non è necessario essere cittadini statunitensi o lavorare per compagnie statunitensi per poter essere ricompensati per le proprie segnalazioni alla SEC, in quanto il Dodd-Frank Act ha carattere transnazionale poiché l’ambito della sua applicazione si estende a tutte le società che siano publicy traded companies ossia quotate sul mercato americano.
L’approvazione del DDL whistleblowing deve essere accolta con lo stesso entusiasmo che ha coinvolto i parlamentari che lo hanno votato. Il riconoscimento di tutele nei confronti di chi denuncia comportamenti illeciti sul posto di lavoro è uno scudo importante a difesa dei diritti di lavoratori e un’importantissima arma nella lotta contro la corruzione. È un primo passo verso un percorso necessario nella battaglia per la legalità nel nostro paese.
L’auspicio è che per il futuro possano essere adottare ulteriori misure che, oltre a garantire una tutela più ampia ai lavoratori, siano in grado di offrire dei veri e propri incentivi, sul modello americano, per chi decide di non stare in disparte e denunciare le condotte illecite.