'Woody' di Federico Baccomo. La recensione

Questa non è una storia per bambini, anche se avrebbe potuto esserlo. Questa non è una storia da dimenticare, anche se sarebbe facile. Questa non è una storia inventata, perché accade continuamente.
Questo è il mondo di una cane, visto dal suo punto di vista e che ci spiazza. Oltre ad ammaliarci. Intenerirci e riempirci d'orgoglio.

Woody (Giunti) è tutto questo e molto altro. Woody è la creatura di Federico Baccomo, è il cane con cui lo scrittore affronta un tema riconoscibile senza fronzoli, come dice lui stesso: la violenza domestica sulle donne.

Mio nome: Woody. Miei anni: quasi tre. Mia razza: basenjii. Woody: sa bene perché Padrona: dice sempre quando persone: chiedono. Ma che bel cane, come si chiama? Woody. Ma che bel cane, quanti anni ha? Quasi tre. Ma che bel cane, di che razza è? Basenjii. Ma che bel cane: eccomi proprio me!

Mentre inizi la lettura di Woody, se non sai nulla perché non vuoi sapere nulla e desideri solo che Baccomo ti sorprenda, resti un po’ confusa: l’uso della punteggiatura non la comprendi subito. La scelta non è casuale: le pause create da questa scrittura vogliono chiaramente evitare che la voce dello scrittore-Federico Baccomo si sovrapponga a quella del protagonista cane-Woody. Con successo.

Dopo le prime tre pagine si entra nella mente di Woody (il cuore è già suo sin da subito) e lo si accompagna in questo viaggio in cui la parte traumatica è già avvenuta. È da qui che parte il racconto. E pian piano siamo condotti nel mondo di Woody e della sua Padrona, attraverso la perdita dell’innocenza che gonfia il cuore. E attraverso un linguaggio quasi infantile, perché è Woody a parlare, sono i suoi pensieri a trascinare tutto e a far rumore.

La razza scelta è quella del basenjii, volutamente ricercato per le sue caratteristiche, ma che confluiscono tutte nell’amore gratuito e sconfinato che solo un cane può donare. E il libro nasce come figlio dei tre precedenti romanzi di Baccomo (Studio illegale, La gente che sta bene, Peep show, tutti da Marsilio) volendosi, in un moto di orgoglio che solo un uomo come Federico può avere, mettere tra Il piccolo principe e Il canto di Natale (solo per citare questi due che infastidiranno l’ego di Baccomo).

Come deve accadere, leggiamo ciò che l’autore pensa davvero attraverso Voce, a cui dona i suoi pensieri più intimi e che irrompe nei momenti del bisogno in Woody. Quella Voce che insegna a Woody cose nuove del mondo, sulle persone e sulla vita: “(…) cose che non sono belle, cose che non sono giuste, cose che non si possono capire.”

Da queste ne traiamo tutti una grande lezione, come poco accade leggendo un romanzo: che occorre sempre e comunque fare del proprio meglio per arrivare al lieto fine, almeno tentarci. Che non basta farlo uscire dal petto, serve davvero crederci e desiderarlo, persino urlarlo. Serve impegnarsi e perseverare, serve non mollare mai e andare avanti, per arrivare alle infinite possibilità che la vita ci regala.

Woody
di Federico Baccomo
Illustrazioni di Alessandro Sanna
Giunti, 2015
(96 pagine)
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