Lifestyle
February 08 2018
Rischia di avere una portata dirompente l'arrivo in Cina di #MeToo, il movimento contro le molestie sessuali nato in America dopo lo scandalo Weinstein. In un paese dove l’80% delle donne è stata vittima di molestie sul luogo di lavoro - come ha rivelato uno studio dell'Università di Hong Kong - la denuncia della ricercatrice universitaria Luo Xixi, ha rotto un taboo. Ma la strada è in salita.
L'effetto dirompente di #MeToo è dunque riuscito a fare breccia in Cina, nonostante la censura del Partito Comunista e i graniti stereotipi che imbrigliano la società cinese. La Cina, ad esempio, ancora oggi non ha una legge sugli abusi sessuali e le denunce per molestie spesso non vengono prese in considerazione, con il risultato che le donne non ne parlano per timore di ritorsioni.
A sfidare il taboo ci ha pensato Luo Xixi, la ricercatrice universitaria cinese che da tempo vive in America e che ha rotto l'anonimanto denunciando pubblicamente Chen Xiaowu, stimato accademico della Beihang University di Pechino. "Ha tentato di saltarmi addosso in una stanza con la porta chiusa. Tutti gli anni in cui lui è stato il mio supervisore al dottorato, sono stati un incubo", ha scritto su Weibo, una sorta di Twitter della Repubblica Popolare Cinese.
L'accademica ha poi esortato le donne a parlare e ha lanciato l’hashtag #我也是 -#WoYeShi, cioè #MeToo in mandarino - e il suo post ha ottenuto più di tre milioni di visualizzazioni in un giorno.
Il primo risultato concreto scaturito dalla denuncia di Luo Xixi è che la Beihang University di Pechino ha licenziato in tronco Chen Xiaowu. Dopo la ricercatrice, infatti, numerose altre donne hanno avuto il coraggio di uscire allo scoperto e davanti alle contestazioni, l'Ateneo non ha potuto non prendere provvedimenti.
"Tolleranza zero verso sulle violazioni etiche accademiche", ha chiarito la Beihang University, dando conto del risultato di un'indagine a carico di Chen, la cui condotta ha "violato l'etica professionale creando influenza detestabile sulla società". Il professore è stato sollevato da ogni incarico.
#WoYeShi, il movimento femminista in #Cina ha ripreso il #Metoo nonostante la censura del governo e il tradizionalismo e machismo molto forti nella società cinese @simopieranni@radio3mondopic.twitter.com/QmbSdpauk2
— Rai Radio3 (@Radio3tweet) 10 gennaio 2018
"La rottura di una diga" è la metafora più utilizzata in questi giorni dal movimento femminista cinese, ma si tratta solo del primo piccolissimo passo. Il primo importante risultato è che da quando il post della Luo Xixi è diventato virale, le studentesse di una ventina di atenei cinesi hanno già denunciato simili casi.
Ma è solo un piccolo tassello perché, come fanno notare politologi e attiviste femministe, la leadership quasi interamente maschile del partito comunista non guarda di buon occhio il movimento #WoYeShi: le autorità hanno infatti indicato ai media "di regime" di evitare una copertura troppo approfondita sulla questione molestie. La minaccia che la campagna anti-molestie investa in maniera clamorosa anche il partito è molto forte.