MOHAMMED HUWAIS/AFP/Getty Images)
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Yemen: il futuro del Paese dopo l'uccisione dell'ex presidente Saleh

La morte del presidente yemenitaAli Abdullah Saleh ricorda molto quella del leader libico Muammar Gheddafi: trascinato fuori dall'auto, per strada, ucciso sul posto da colpi di mitra, poi filmato e fotografato per dimostrare al mondo che era morto. Una vita al potere del Paese che rammenta anche quella di altri leader: Mubarak, Ben Ali, oltre a Gheddafi appunto.

Chi era Saleh

Saleh, 75 anni, era dententore delle chiavi dello Yemen da 33 anni, del Nord dal 1978, e di tutto il Paese dal 1990 al 2012. Cacciato dagli Islahi (i Fratelli musulmani yemeniti) era tornato al comando del Nordnel 2015 grazie all’alleanza con i ribelli sciiti e con il partito Ansarullah della famiglia al Houti, vicini all’Iran e nostalgici della vecchia monarchia. Poi nel 2017, il voltafaccia e la piena collaborazione alla coalizione a guida saudita per girare pagina sullo Yemen diviso e sconvolto dalla guerra civile, in cambio di aiuti umanitari e della fine dei bombardamenti.

Così proprio quei ribelli Houthi, prima “amici” e poi scaricati dopo gli accordi presi con la “nuova” Arabia Saudita, hanno fatto pagare l'ennesima piroetta compiuta da Saleh a partire dal 2012 nel tentativo di riprendere le redini del Paese.

Lo Yemen oggi

Lo Yemen è afflitto dalla guerra che dal 2014 ad oggi ha fatto oltre 10.000 morti, più 2mila civili uccisi dall’epidemia di colera, 20 milioni di persone sulla soglia della fame. Per questo Saleh sarebbe stato disponibile a sbloccare lo stallo con Mohammed, futuro re dell’Arabia. Giocando sulla necessità del principe di regolare la partita con gli iraniani, l’ex presidente Saleh era riuscito a liberarsi degli Houthi, non calcolando che togliendo agli sciiti una parte di legittimità avrebbe suscitato un’immediata risposta risoluta, ovvero la morte dell'ex presidente traditore.

Il futuro dello Yemen

Ora, in attesa di una ritorsione di Riad (la capitale avrebbe accolto il figlio dell'ucciso che ora annuncia vendetta) lo scenario in Yemen sembra cambiato con l’accettazione, troppo ottimistica, dell’eliminazione del problema con l’eliminazione del ribelle: una parte del Paese resta sciita, e quindi sostenuta dall'Iran che da sempre contrasta l’alleanza con “l'aggressore saudita”. Queste le aspettative sciite.

La verità è che in Yemen ora più che mai regna un clima di grande incertezza. E i venti di guerra non si placano tanto facilmente visto che nel frattempo, sempre da Riad, il vecchio presidente Abed Rabbo Mansour Hadi, lo zaidita odiato dalla maggioranza della popolazione locale costretto alla fuga dallo stesso Saleh ma sponsorizzato dall’Arabia per tornare al comando, si è fatto sentire lanciando un appello alla popolazione yemenita al fine di combattere i ribelli Houthi definiti “la milizia iraniana". Il vero rischio? Dopo la morte di Saleh, che segna un drammatico cambiamento in una guerra quasi allo stallo, è che il conflitto diventi ancora più duro e violento.

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