Nel menu di parole che sceglie per raccontare la sua idea di cucina, accanto a «immediata, perché la si capisce subito» e «divertente, un filo provocatoria, capace di stimolare la curiosità in chi l’assaggia», lo chef Andrea Berton dimentica un aggettivo cruciale: nomade. Spesso e volentieri, infatti, la porta fuori dai suoi locali stellati, l’apparecchia in tournée su altre tavole di lusso: dai resort affacciati sul mare di mezza Italia, all’hotel Badrutt’s Palace di St. Moritz a dicembre. Prima, più lontano: a fine ottobre, tappa intercontinentale per un poker di cene al St. Regis di Osaka.
Quali ingredienti un cuoco in trasferta dovrebbe portare sempre con sé?
Il pomodoro: è spesso sottovalutato, però nelle sue varie tipologie rappresenta un’ottima base e un insostituibile valore aggiunto. I funghi finferli, funzionano sia crudi che cotti. E il daikon, radice simile a una carota che si sposa bene con i sughi.
Il piatto da non perdere in Giappone?
Né il sushi, né la tempura, ma il chanko nabe, la pietanza prediletta dei lottatori di sumo: brodo di pollo, polpette di sardina e verdure, il tutto cotto davanti ai clienti. È squisito a Tokyo in un ristorante poco conosciuto: Chanko Tomoegata.
Un paio di indirizzi meno noti, magari periferici, da prenotare invece in Italia?
Cortile Pepe a Cefalù. Ha un approccio moderno alla tradizione gastronomica siciliana, sorge in una via storica, il design delle sale è ben curato. Oppure DaGorini a San Piero in Bagno, in Romagna. Ti accoglie e ti fa venire voglia di tornarci. Ho apprezzato una crema di pomodoro, mandorla e olive.
Da bere cosa suggerisce di ordinare?
Una bottiglia di Giulio Ferrari Riserva del Fondatore. La migliore risposta allo champagne francese. La mia idea è che le bollicine accompagnino a meraviglia l’intero pasto.

Un buon libro per stimolare l’appetito?
Il pane è oro di Massimo Bottura. Contiene ricette straordinarie create con ingredienti umili. Insegna a non sprecare il cibo, mostra il valore degli avanzi del giorno prima che si sarebbe tentati di gettare via.
Le sue passioni a distanza dai fornelli?
Sciare. Molto più di un hobby: fino a 16 anni ho partecipato a gare di livello nazionale, poi mi sono reso conto di non valere abbastanza, che avrei fatto meglio a cercare un’altra strada. Ma ancora mi cimento spesso con la neve.
La pista perfetta?
Quella nera del Canalone a Cortina, tra le migliori in Europa. Impegnativa, stimolante persino per i campioni. Da provare e riprovare.
E se al brivido dell’adrenalina si preferisce la quiete assoluta?
La si incontra alle Maldive, al largo dell’isola Athuruga, pescando di notte a bordo dei dhoni, le tipiche imbarcazioni locali. È rilassante, si sente solo il rumore dell’oceano.
Un silenzio meno remoto?
Le piscine panoramiche di acqua termale del San Montano Resort di Ischia. O la Villa Pliniana, tra le più antiche e affascinanti del lago di Como. Al suo interno si trova il pianoforte originale usato nell’Ottocento da Gioacchino Rossini per comporre.
Il rifugio nel caos della città?
Il Castello Sforzesco a Milano. Andando a correre a parco Sempione, ci passavo davanti di continuo e lo davo per scontato. Un giorno ho deciso di fermarmi ed entrare: i musei, le biblioteche, le sue stanze enormi che dall’esterno non si percepiscono, trasmettono pace. C’è tanta bellezza davanti ai nostri occhi di cui non ci accorgiamo quasi mai.