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Caos autovelox: una vicenda iniziata nel 1992

Caos autovelox: una vicenda iniziata nel 1992

Il governo blocca il decreto sugli autovelox. Ricorsi e multe annullabili. Il problema nasce da un vuoto legislativo trentennale. Cosa succederà ora?

Se non si fa il decreto la pioggia di ricorsi non si fermerà. Se si fa il decreto più dell’80% degli autovelox in Italia dovrà essere spento. E così il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha deciso: decreto sospeso, “servono approfondimenti”.

Il caos autovelox nasce da un tecnicismo, che tanto tecnicismo non è: la differenza tra “approvazione” e “omologazione. Proprio per fare chiarezza su questo interveniva il decreto, pronto per l’invio a Bruxelles e per entrare in vigore quest’estate, dopo il via libera europeo. Ma è stato bloccato, per ora, dal ministro Matteo Salvini. E al momento resta il vuoto normativo che continua ad alimentare polemiche e pioggia di ricorsi da parte degli automobilisti multati.

Caos autovelox: la vicenda dal 1992 ad oggi

Il problema nasce da una lacuna normativa che risale al 1992. L’articolo 142, comma 6, del Codice della Strada stabilisce infatti che gli autovelox, per essere validi per le sanzioni, debbano essere “debitamente omologati”. Tuttavia, in questi oltre trent’anni non sono mai state definite le procedure di omologazione, lasciando fino ad oggi in azione autovelox semplicemente “approvati” dal Ministero. Si tratta di un’autorizzazione amministrativa non di una certificazione tecnica. E qui sta il problema.

La questione è scoppiata in modo evidente nell’aprile del 2024 quando la Corte di Cassazione ha sentenziato che una multa per eccesso di velocità è nulla se il dispositivo che l’ha rilevata non è omologato. Se è stato solo approvato non conta. A questo punto pioggia di ricorso, con sanzioni impugnate e annullate in tutta Italia.  Tanto che alcuni Comuni, davanti al rischio ricorsi, hanno deciso di spegnere i dispositivi.
Si è arrivati così al decreto di cui si discute oggi, che avrebbe dovuto mettere un punto alla questione, ma che ora è stato sospeso. Nel decreto era prevista l’omologazione “d’ufficio” di tutti gli autovelox approvati dal 13 agosto 2017 in poi. I dispositivi privi di omologazione e approvati prima del 2017, avrebbero dovuto essere disattivati fino al via libera con una nuova procedura tecnica. Inoltre, si stabilivano nuove regole, come cartelli di avviso a distanze specifiche (da 1 a 4 chilometri in base al tipo di strada), tarature annuali certificate dei dispositivi.

Quindi con il decreto stop alla valanga di ricorsi e vuoto normativo chiarito tra “approvati” e “omologati”. Ma risolto un problema ne è arrivato un altro. Mettendo in pratica le nuove norme previste dal decreto molti Comuni si sarebbero visti costretti a spegnere gli autovelox vetusti (ante 2017). Secondo alcune stime si parla di 8 rilevatori di velocità su 10 a rischio stop, in attesa di essere utilizzabili dopo l’omologazione. Andare avanti con il decreto poteva dunque significare paralizzare il sistema di controllo della velocità in Italia. Da qui, la decisione di Salvini di sospenderlo.
E quindi? Senza un intervento normativo e un chiarimento tra “approvazione” e “omologazione” gli automobilisti continueranno ad impugnare le multe per la mancanza di omologazione e i Comuni potranno decidere se spegnere i dispositivi, per evitare contenziosi infiniti per le sanzioni date. Le associazioni dei consumatori denunciano il pericolo di una “stangata estiva”, con autovelox che continueranno a fare il loro lavoro ma in un contesto normativo incerto e il rischio di una raffica di sanzioni contestabili.

Cosa succederà? Il governo potrebbe decidere di riscrivere il decreto da inviare a Bruxelles, cercando una via d’uscita per i dispositivi vetusti oppure si aspetterà ancora. Come negli ultimi trent’anni.

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