Home » Attualità » Cronaca » Banlieue MIlano. Il degrado e la criminalità

Banlieue MIlano. Il degrado e la criminalità

Banlieue MIlano. Il degrado e la criminalità

Nell’ex metropoli-vetrina d’Italia, ci sono quartieri dove il degrado è ormai fuori controllo. Un reportage da San Siro alla Stazione Centrale, da via Padova alle periferie sud. Tra criminalità e spaccio in crescita, case occupate, immigrazione violenta, qui i cittadini vivono sulla propria pelle un clamoroso fallimento politico e amministrativo.

Caffè Milano. L’insegna dell’unica enclave italiana di piazzale Selinunte sembra uno sdrucito gagliardetto. Basta un’occhiata. Sul marciapiede c’è il mercato delle ruberie, allestito ogni giorno dalle matrone rom. Davanti, ai piedi di un orco dipinto su una torre rossastra, ci sono i veri mostri che hanno divorato il quartiere: spacciatori e criminali. E attorno al degrado sociale, si staglia quello urbano: montagne di rifiuti a ogni incrocio.

Lo chiamano il Quadrilatero di San Siro. È l’inquietante opposto di quello della Moda, attorno a via Montenapoleone. Eppure lo stadio, con i suoi lustrini calcistici, dista appena mezzo chilometro. Trent’anni fa, questo era un quartiere popolare. Ci abitavano soprattutto i meridionali, «saliti al Nord» con la valigia di cartone. Adesso è un inavvicinabile ghetto: patria di marocchini e rumeni, ricovero di sbandati e clandestini, discarica a cielo aperto. Non si vede un agente. Né un vigile. E neanche un italiano. A meno dei due cinquantenni che, appena passato il mes dì, si asserragliano nel Caffè Milano.

L’antica Selinunte era il simbolo della civiltà greca. Il moderno slargo meneghino esemplifica la resa del sindaco, Beppe Sala. È una banlieue. La Molenbeek. Il quartiere più oscuro della tetra Gotham. Milano è la città più pericolosa d’Italia. Non l’hanno scritto in un fumetto dei supereroi, ma su due densi paginoni appena pubblicati dal Sole 24ore. L’indice della criminalità certifica: l’ex capitale morale è diventata immorale, con 6.991 reati denunciati ogni 100 mila abitanti: il dato più alto del Paese. E l’indiscussa supremazia nei reati predatori: furti con destrezza e strappo, oltre che rapine per strada. Gli stessi, che secondo l’ultimo report del Viminale pubblicato da Panorama due settimane fa, sono compiuti da stranieri quasi nella metà dei casi. Soprattutto clandestini. Che vivono al Nord, appunto.

La sbandierata «percezione» è allarmante realtà. Sala, ossessionato dalla fallimentare campagna ecologista, lo scorso maggio minimizzava: «Non c’è emergenza sicurezza». Cinque mesi dopo, prende implicitamente atto del fallimento. Nomina Franco Gabrielli, ex capo della Polizia, «delegato alla sicurezza». Commissariando l’assonante Marco Granelli, il vero assessore. «Non è una bocciatura» spiega il sindaco. «Scusa non richiesta, accusa manifesta» dicevano i latini. «È la certificazione che la città è fuori controllo» infierisce l’opposizione. E non basta più Robin, il bravo fioeu Granelli. Serve Batman, l’ex superpoliziotto Gabrielli. Che ha già chiarito: «Non siamo a Gotham City».

Banlieue MIlano. Il degrado e la criminalità
Degrado urbano nel quartiere San Siro (Nicola Marfisi/AGF)
Banlieue MIlano. Il degrado e la criminalità
Scritte sui muri del quartiere San Siro (Nicola Marfisi/AGF)
Banlieue MIlano. Il degrado e la criminalità
Senzatetto sotto un cavalcavia del quartiere di Corvetto (Nicola Marfisi/AGF)
Banlieue MIlano. Il degrado e la criminalità
I proprietari del «Caffé Milano» di piazza Selinunte, testimoni di continui episodi di violenza (Nicola Marfisi/AGF)
Banlieue MIlano. Il degrado e la criminalità
Zona via Padova: l’ex residence occupato da abusivi in via Cavezzali (Nicola Marfisi/AGF)
Banlieue MIlano. Il degrado e la criminalità
Roulottes e panni stesi in zona Rogoredo (Nicola Marfisi/AGF)
Banlieue MIlano. Il degrado e la criminalità
Centro storico, via San Pietro all’Orto. Dormitorio sotto i portici a due passi dal Duomo (Nicola Marfisi/AGF)

Il neodelegato non dev’essere ancora passato da piazzale Selinunte. La signora Maria, storica padrona del Caffè Milano, ironizza: «Viviamo da stranieri in patria, sotto minaccia. Se ne devono essere accorti anche a Brera…». «L’aroma italiano» dettaglia l’insegna del bar. Ma qui di meneghino non è rimasto niente. Chiusa nel suo fortino tricolore, dietro al bancone, Maria è la gazzettiera dell’apocalisse quotidiana: «Cominciano la mattina, con risse e accoltellamenti. E continuano tutto il giorno, tra furti e spaccio». Si vedono sempre nuove facce: clandestini, probabilmente. O peggio. Quest’estate due agenti arrestano uno scafista egiziano 19enne, che avrebbe fatto sbarcare 618 migranti. Decine di tipacci difendono il connazionale. Devono intervenire altre quattro volanti. Del resto proprio qui, due anni fa, centinaia di ragazzi ingaggiarono una sassaiola contro la polizia al grido di: «Se arrivano gli sbirri, nessuno scappa».

Al Caffè Milano giurano: di politici non se ne vedono più. Il Municipio 7, che dovrebbe occuparsi della zona, è guidato dal Pd. L’unico che continua inutilmente a presentare interrogazioni, dicono, sarebbe il leghista Francesco Giani: giovane consigliere di circoscrizione. E lui ragguaglia sulle attrazioni criminali del quadrilatero, dettagliando i numeri civici: «Via Zamagna 4, Via Ricciarelli 22 e 24, via Tracia 7, via Preneste 8. Qui, 8 su 10 sono abusivi. E chi non riesce a espugnare l’appartamento, si accontenta di dormire nel balcone».

Sono le storiche case popolari: palazzacci avviluppati da occupazioni, spaccio e degrado. Le cantine, sorvegliate dai rottweiler, sono il magazzino dei pusher. In via Zamagna 4, il cortile è colmo di sconcerie: immondizia, mobili, stendibiancheria. Un anno fa l’Aler, che gestisce i caseggiati, manda Giuseppe, il nuovo custode, tra il giubilo degli esasperati. Alla fine del primo giorno di lavoro, i pusher nordafricani gli lanciano bottiglie e un asse di legno con i chiodi. Giuseppe si barrica dentro il gabbiotto. Chiama il 112. Torna tre giorni dopo, con i vigilantes. Sui muri, eloquenti scritte. «Infame». «Sei morto». «Vai via». E Giuseppe va via. Per non tornare più.

Vivere qui non è difficile. È impossibile. «Il Comune ci ha confinato gli immigrati con i redditi più bassi, assegnandogli le case popolari. Poi, sono cominciate le occupazioni» aggiunge Giani. «Se ne vanno persino i nordafricani in regola, tanto è il degrado». Pure Laura, rumena, è esausta. Entra al Caffè Milano. Apre la borsa, trafelata. Tira fuori una boccetta viola. Mostra a tutti il nuovo acquisto: uno spray al peperoncino. Lavora in un’impresa di pulizie, ma dovrà lasciarla. Inizia alle cinque del mattino. Andare in giro da sola è impensabile. Ma il marito, a quell’ora, non può più accompagnarla. Interviene Maria: «Io devo chiudere alle sette. Di pomeriggio scatta il coprifuoco. Al primo cinese che fa un’offerta vendo il bar». Max è nato e cresciuto qui. Fa l’autista. Gira solo in monopattino: «A piedi è troppo pericoloso». Indossa una maglietta arancione, che fa risaltare il pizzetto grigio: «Aspettano i vecchietti davanti alle poste per derubarli. Nel mio palazzo aprono le case e si buttano dentro. Occupano ogni buco libero. E nessuno riesce a buttarli fuori. Marocchini, egiziani, zingari».

I rom, con le roulotte dietro il piazzale, organizzano un mercato fuori dal Caffè Milano. Arrivano in tarda mattinata con i carrelli, traboccanti dei saccheggi in centro: vestiti, cianfrusaglie, cibo. Rubano persino alla mensa dei poveri, assicurano nell’enclave italiana. Quando vanno via, lasciano monnezza ovunque. Si aggiunge alle discariche abusive attorno a piazzale Selinunte. «Vengono qui persino da fuori Milano» dettagliano gli avventori del Caffè. All’incrocio con via Zamagna resiste, da giorni, un cumulo che pare un’istallazione postmoderna: copertoni, aspirapolveri, ventilatori. Ma è in via Gigante, nomen omen, c’è una montagna: materassi, letti, bancali, lavatrici, sedie, divani, sacchetti, pattume. La composizione più artistica è tra via Morgantini e via Tracia. Qualche frigorifero, un divano color rosso fuoco. E sopra il motto che inneggia alle occupazioni delle case popolari: «L’individualismo è il primo passo verso l’infelicità collettiva».

Dietro l’angolo, in via Paravia, c’è la primaria Lombardo Radice. I progressisti, anni fa, ne elogiavano la multietnicità. Di sicuro, le bande giovanili più agguerrite sono quelle di piazzale Selinunte. «Ho 50 colpi nel glizzy. Scappiamo dentro gli edifici Stadio San Siro. Nella zona noi restiamo con le radici» canta il trapper Mattia Barbieri, in arte Rondo da Sosa: nato in via Zamagna, ingaggiato da Sala per salvare i giovani in periferia, finito a processo per un raid all’Old Fashion, la discoteca in voga. Il quadrilatero nero è la zona più oscura di Gotham. Ma c’è pure il campo rom di via Bonfadini, che costeggia l’Ortomercato, diventato anche un gigantesco sfasciacarrozze di auto razziate. C’è la fila di roulotte di rom parcheggiata a Rogoredo, con la biancheria stesa e le matriarche che ci accolgono ruvidamente: «Fatevi i fatti vostri!». Le stesse che si piazzano poi davanti alla biglietteria della metro di San Donato, in attesa della prossima preda, leste a dileguarsi alla vista di un obiettivo. E ci sono i disperati che dormono sotto il cavalcavia di piazzale Corvetto. O, a nord, in via Ferrante Aporti.

A Gotham, però, anche il centro è diventato periferia. Già alle nove e mezza di sera si contano una decina di tende canadesi sotto gli scintillanti portici di via San Pietro all’Orto, a un passo dal Duomo. E c’è la Stazione Centrale: assediata a tutte le ore da sbandati e derelitti, borseggi e degrado, risse e insicurezza. O l’eterna via Padova: il vanto di Sala, che ne esalta la riqualificazione. La parte più vicina a piazzale Loreto è stata ribattezzata NoLo. Il valore delle case raddoppia, ma via Padova resta quella di sempre. In via Cavezzali, per esempio, resiste l’ex Residence Jolly: eterno covo di spaccio, prostituzione, armi. Gli esasperati residenti hanno presentato una decina di esposti in tre anni. L’ultimo blitz della polizia è di pochi giorni fa. Dal cortile sono stati portati cumuli di rifiuti e dieci macchine abbandonate, diventate rifugio notturno. Poco più a nord, in largo Tel Aviv, di notte bivaccano gli immigrati. Come quegli spacciatori in piazzale Selinunte. Alle sette si alzano dai loro materassi di fortuna. Si guardano attorno, torvi e intontiti. A Gotham un altro giorno è appena cominciato.

© Riproduzione Riservata