Canne ed erbacce crescono alte nelle fessure di un marciapiedi malagevole, costellato di rifiuti ed escrementi. Una mamma lo percorre a fatica spingendo un passeggino. Nel suo zigzagare, sale e scende dalla strada mentre le auto le sfrecciano a fianco veloci. Più in là, le piante rampicanti hanno colonizzato una catasta di vecchi elettrodomestici e sedie rotte, un albero che pende pericolosamente sulla carreggiata e un piccolo rudere martoriato dai graffiti. Si avvinghiano perfino tutt’intorno alla pensilina di una delle fermate dell’autobus. Ancora qualche mese e perdendo le foglie lasceranno scoperto un ammasso di lattine, bottiglie di birra e mascherine di epoca Covid.
Benvenuti a Chiaravalle, borgo (ex) pregiato di Milano. Qui l’asilo e la scuola sono stati chiusi da tempo. Non c’è né supermercato né medico curante e il dispensario farmaceutico è aperto solo tre giorni la settimana. La copertura internet è troppo debole per permettere di lavorare da casa. L’ufficio delle poste funziona a singhiozzo, tra chiusure e crolli della connessione alla rete. Non esiste più un autobus che colleghi lo storico quartiere con il centro. Se si arriva in auto dalla tangenziale, rami e cespugli sporgono sulla carreggiata cosparsa di rifiuti. L’ultimo ponticello sulla Vettabbia, il canale che taglia in due il borgo, è da poco scomparso in una notte. L’ironia della sorte vuole che lo sviluppo economico di Milano sia partito proprio da qui: nel 1135, il monaco cistercense Bernardo di Chiaravalle fondò l’abbazia omonima e introdusse diverse innovazioni in agricoltura. Dal conseguente aumento della produzione di latte e l’esigenza di conservarlo nacque il Grana Padano.
Attorno al complesso cistercense si sviluppò il borgo che quest’anno compie cent’anni dall’annessione al Comune di Milano. Ma nessuno festeggia. Si sentono solo proteste e lamentale. I tesori locali, l’abbazia medievale, il laghetto un tempo navigabile, il vecchio lavatoio, la campagna intorno attraversata dai tanti canali di irrigazione, e molto altro, che sarebbero in grado da soli di dare lustro alla periferia, sono in pieno declino. Angelo è nato a Chiaravalle un’ottantina di anni fa e ci ha trascorso tutta una vita. Cammina lento, con un bastone. E racconta com’era Chiaravalle. «Vede il laghetto?» E indica con il bastone un’enorme conca infestata da erbacce, rifiuti e ratti in cui spicca un carrello di supermercato abbandonato da anni. «Quello era un laghetto navigabile dove si pescavano i lucci.. Poi hanno costruito quei palazzi… Quando hanno finito i lavori hanno scaricato tutti i detriti dentro il lago otturando il canale sotterraneo. Qualche anno fa sono venuti alcuni addetti del Comune, mi hanno chiesto spiegazioni, poi non li ho più né visti né sentiti. E guardi quell’edificio lì. C’erano le suore che gestivano un asilo. Ci hanno fatto un centro di accoglienza di migranti. La cappella di fronte è abbandonata e piena di scritte con vernice spray. E la scuola? L’hanno chiusa, e pare che anche qui ci verranno a stare i migranti».
Martina, una giovane madre, dice che non ne può più mentre sposta il suo bimbo da una spalla e dà sfogo alla sua esasperazione: «Io e mio marito abitavamo in zona Città Studi, siamo venuti qui perché ci piaceva come il borgo sia circondato dalla campagna. Ma per accedere al parco con il passeggino devo mettermi in fila con le auto e attraversare senza strisce pedonali. E dall’altra parte dell’abitato non posso attraversare il canale rimasto senza ponte. E il parco giochi? Sull’altalena ci sono i migranti. Però se parli con un agente di polizia ti dice “lei deve mandare una email”. A chi? Non risponde mai nessuno. Il lavatoio? Cade a pezzi e ci passava un ruscello di acqua limpida. Il canale? Pieno di rifiuti della nuova edilizia».




Pochi luoghi milanesi più di Chiaravalle raccontano il progressivo decadimento sociale e ambientale di un luogo. Andreana De Franceschi, consigliere municipale della zona Milano 5, residente qui da 35 anni, da tempo si batte per frenarne il degrado. Arriva all’appuntamento con un faldone di richieste dei cittadini, mai esaudite, presentate in Consiglio nel corso degli anni. Con aria sconsolata inizia a elencarle: «Se contiamo solo i bambini da zero a sei anni residenti nel borgo, sono 37. Significa che la scuola avrebbe tutte le ragioni per aprire e invece è stata messa a disposizione dell’assessorato al welfare per diventare una casa di accoglienza per migranti». L’autore di questo articolo, con una email del 22 settembre 2022, ha fatto notare all’assessore all’urbanistica Mattia Cugini che «con la mancata disponibilità del servizio di connessione, il Comune non crea le condizioni per rendere possibile ai cittadini di lavorare online, determinando una discriminazione tra chi risiede a Chiaravalle e chi ha domicilio in altre aree milanesi». L’assessore rispondeva che l’infrastruttura con la fibra, dovendo essere finanziata con i fondi del Pnrr, sarebbe avvenuta solo entro il 2026.
Milano ambiva a essere una «smart city»: tutto a portata di un quarto d’ora di viaggio. E invece a Chiaravalle non c’è nulla di «smart», nemmeno la connessione Internet, e bisogna spostarsi per chilometri per fare la spesa, andare al lavoro, a scuola, all’asilo dal dottore. Marco, 42 anni, torna a Chiaravalle ogni sera dopo il lavoro: «Ho trovato impiego come insegnante di italiano all’estero, ma poi ho scoperto che non riuscivo a svolgerlo da qui: ho cambiato tre compagnie internet e la connessione era sempre lenta. Così ho dovuto affittare uno spazio di smart working in città, pur pagando le tasse come chi abita nel centro. Mi resta il parco della Vettabbia, dove vado spesso: immondizia, pochi alberi, cani di proprietari incivili che cacciano e uccidono gli aironi. Il tutto senza controlli. La beffa è che i social sono inondati da post sul progetto ForestaMI, che annuncia piantumazione, ma tace su quelli messi a dimora e morti. Si è concentrato a nord e non ha mai piantato un albero nella zona di Chiaravalle». «I giardinieri comunali hanno tagliato un pioppo spontaneo e l’anno dopo ne hanno piantato un altro, sempre un pioppo! Avranno speso un migliaio di euro almeno. Ma chi controlla cosa fanno i giardinieri?» dice Cesare, un ragazzone di 25 anni che fa sport proprio nel parco della Vettabbia.
Il consigliere municipale De Franceschi spiega che «il medico di famiglia non esiste più da tempo a Chiaravalle perché quello che c’era è andato in pensione e il sostituto non può permettersi uno studio qua. Allora io ho suggerito al Comune di mettere a disposizione uno delle decine di appartamenti sfitti di sua proprietà. Nessuna risposta. Ho anche richiesto senza successo il posizionamento di rallentatori per limitare la velocità delle auto nella via principale, che si dovrebbe percorrere a 30 all’ora prima che succeda una tragedia, visti i molti bambini che giocano nei pressi» aggiunge. «Ho spiegato più volte che i marciapiedi, stretti e malandati, non sono accessibili alle carrozzelle per disabili. Ho chiesto e mai ottenuto fototrappole per evitare il continuo scarico di rifiuti. L’intero borgo richiede un intervento radicale di pedonalizzazione. E poi occorre che il Comune controlli come vengono fatte pulizie e lavori di giardinaggio. Il parco richiede nuovi alberi, strutture dove poter sostare all’ombra, un facile accesso dall’abbazia e una bonifica dai tanti rifiuti in plastica». Di fatto, l’abbazia di Chiaravalle non è integrata con il parco e il borgo per mancanza di un ponticello, di marciapiedi e strisce pedonali. Con il recupero del lavatoio, il ripristino e la pulizia dei corsi d’acqua, l’accesso all’abbazia, la pedonalizzazione e la chiusura ai residenti, Chiaravalle potrebbe tornare a essere una delle perle di Milano, un’attrazione turistica quale era una volta.