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Francia, cronache dal paese più violento

Francia, cronache dal paese più violento

La Francia è prima in Europa per numero di crimini. Rapine, furti, omicidi, scippi e altri reati, commessi soprattutto da immigrati, con statistiche sempre più pesanti. E la mancata integrazione non fa che peggiorare le cose.


Piazza Mendès-France, a Nantes. Una domenica come tante. Qualche ragazzo aspetta il tram, alla fermata davanti a tre grandi blocchi di appartamenti in via di ristrutturazione. Supermercato aperto, la vita del quartiere è quella di sempre. Spacciatori compresi. Indifferenti anche alle pattuglie di polizia che passano e ripassano, se non altro per far vedere che lo Stato c’è. Loro spacciano e tutti sanno che sono sempre lì e lì son tornati, ai piedi di quegli immobili, proprio dove la sera prima – quella del 7 ottobre – un 19enne veniva assassinato a colpi di kalashnikov. Un omicidio rapido: un ragazzo a bordo di uno scooter spara e scappa. La vittima è un algerino senza permesso di soggiorno. Forse un regolamento di conti.

Trentaseiesima sparatoria dall’inizio dell’anno a Nantes. Quasi una a settimana. Oltre a Nantes: Nîmes, Tolone, le periferie di Parigi e Lione, sono tante le città in cui si fa fuoco. A Marsiglia si parla di almeno 42 morti dall’inizio dell’anno in conflitti a fuoco legati alla lotta tra gang del narcotraffico, nei quartieri popolari della periferia settentrionale. Tre erano «vittime collaterali». Morti per caso. E non si contano i feriti. L’ultimo omicidio, duplice, risale a un paio di settimane fa. Ma ormai ci sono sparatorie anche in pieno centro, come il 6 ottobre: un ventenne ferito a pistolettate in mezzo ai turisti nella zona del Porto Vecchio. «Conosciuto alle forze dell’ordine per reati di vario genere» si legge nel succinto comunicato della polizia.

La Francia da un paio d’anni è il Paese più violento d’Europa e le statistiche sono in via di peggioramento. C’è stato il terrorismo, influiscono sui dati anche le manifestazioni turbolente, dai gilet gialli alla recente rivolta delle periferie. Ma non è solo quello. Proprio a Marsiglia, tre anni fa, un sedicenne decideva di fare qualcosa contro la violenza. È Amine Kessaci, oggi 19enne studente di giurisprudenza, e con l’associazione che ha fondato, Conscience, parla contemporaneamente di successo e sconfitta: cinquemila iscritti in Francia, decine di migliaia di persone assistite tra le vittime di violenza o i loro familiari, ma anche tra chi ha bisogno d’aiuto amministrativo o di trovare dialogo con le istituzioni. Abita ancora nel quartiere di Frais Vallon, dov’è nato e cresciuto: «Le zone a nord di Marsiglia sono molto popolari e purtroppo c’è tanta povertà, ma al di là di questo le persone si parlano, c’è resilienza, c’è solidarietà, ci si incontra e si sorride» dice a Panorama. Poi però c’è la violenza, i traffici, gli ammazzamenti. Come quello di suo fratello maggiore, il cui corpo carbonizzato fu ritrovato dentro un’auto poco tempo dopo la creazione dell’associazione. «Oggi le cose non sono cambiate: sempre più morti, sempre più violenza, sempre più barbarie» continua Amine «ma la nostra lotta per una vita dignitosa è appena iniziata».

Sempre più barbarie, dice Amine, e le statistiche francesi lo confermano. Nei primi otto mesi del 2023 sono in calo solo cinque indicatori su 13. In aumento, tra gli altri: furti con scasso, furti d’auto, vandalismo, aggressioni e soprattutto omicidi, con un +8 per cento che si aggiunge al già impressionante incremento dell’anno precedente. Nel 2022 le vittime erano 948 (in Italia 314) e già nel 2020 erano 879, in crescita, con 12 omicidi per milione di abitanti contro i 4,9 dell’Italia («Le pays de la mafia!», stigmatizzavano osservatori francesi). Pesano anche i dati della violenza percepita dalla società: il 10 per cento dei francesi dice di sentirsi poco sicuro nel proprio quartiere o villaggio. Dato che sale al 26 per cento nelle periferie urbane, dove è più rarefatta la presenza delle forze dell’ordine. La fondazione Jean Jaurès, nel suo rapporto Fractures Sociales, rileva che per l’87 per cento dei francesi la violenza si percepisce in aumento. È la quarta principale preoccupazione (dopo potere d’acquisto, ambiente e stato sociale), a pari merito con l’immigrazione.

D’altronde è sempre più diffusa la percezione di un legame diretto tra violenza e immigrazione. Una sensazione in parte confermata dal ministro dell’Interno Gérald Darmanin, il quale in Parlamento ha precisato che nel 2022 erano stati commessi da stranieri, che rappresentano solo l’8 per cento della popolazione francese: il 41 per cento del totale dei furti con scasso, il 35 per cento dei furti violenti senza uso di armi, il 17 per cento delle aggressioni e altrettanto per gli omicidi. Secondo Alain Bauer, il più noto criminologo di Francia, questa sproporzione è dovuta alla giovane età, più che al fatto di essere immigrato. I giovani uomini, ha voluto spiegare, hanno maggior tendenza alla violenza. Ma basta considerare che nel 2022 sono state commesse circa 125 mila mutilazioni genitali femminili, un reato, per capire che la matrice etnica e sociale non può non pesare. Didier Leschi, che dal 2015 dirige l’OFFI, l’ufficio francese dell’immigrazione e dell’integrazione, conferma a Panorama che «l’80 per cento delle domande d’asilo in Francia viene da persone di sesso maschile». Tra i quali a volte non c’è alcuna volontà di integrarsi. Una minoranza che «tende ad aumentare con l’aumento dei flussi».

Uno dei fattori di mancata integrazione è la religione: «In assenza di altre ideologie disponibili i giovani, soprattutto, sono stati attirati dall’islamismo radicale» spiega ancora Leschi. Il problema è aggravato dai contatti più facili rispetto al passato con il Paese d’origine: le reti e le tv satellitari contribuiscono a mantenere un ambiente culturale fuori fase – talvolta ostile – rispetto alla società d’accoglienza. Prefetto e in passato militante trotzkista, Leschi nel suo ultimo libro Questo grande disturbo – l’immigrazione guardata in faccia non esita ad attaccare una sinistra che non vuole o non può affrontare il problema. Una «gauche caviar» felice di aver conquistato i centri più ricchi e al contempo dimentica i quartieri disagiati su cui pesa maggiormente il carico dell’immigrazione. Dice ancora a Panorama: «Tutte le sinistre europee faticano ad affrontare il tema dell’immigrazione, perché ci sono aspetti umani molto forti, e nello stesso tempo c’è la difficoltà delle classi popolari sulle quali ricade il carico dell’accoglienza. Sono presi a tenaglia tra il loro elettorato tradizionale e la questione dell’accoglienza». Leschi, d’altro canto, prevede più espulsioni in futuro: perché va in questo senso l’accordo trovato a livello di Commissione europea, e perché fa parte delle previsioni della nuova legge francese sull’immigrazione che si discuterà in Parlamento a partire dal prossimo mese. Ma intanto si continua a sparare.

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