Le isole che hanno ispirato la teoria dell’evoluzione di Darwin sono oggi uno dei punti di transito per le imbarcazioni che trasportano droga verso Stati Uniti ed Europa. E proprio perché «protette», sono difficili da controllare.
Con i cartelli della droga messicani che hanno spostato le rotte dei loro traffici via terra sull’Oceano Pacifico, secondo l’ultimo rapporto dell’Undoc di Vienna (l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine), il Paese da cui parte più cocaina verso i mercati internazionali oggi è l’Ecuador. E le leggendarie isole Galapagos sono diventate un punto di transito cruciale. Il paradiso che ha ispirato la teoria dell’evoluzione di Charles Darwin si sta contendendo questa discutibile leadership con i porti del Brasile, il secondo Stato al mondo che attualmente esporta più cocaina, soprattutto verso l’Europa. Non a caso, in base ai dati delle autorità antidroga statunitensi, oggi l’85 per cento della polvere bianca, sia raffinata che non raffinata, insieme ai derivati della marijuana arriva sul territorio americano via mare – alla fine degli anni Novanta era meno del 40 per cento; mentre quasi un quinto di quella sequestrata transita dalle Galapagos.
Il motivo è semplice e al contempo drammatico. Sebbene coltivi pochissima foglia di coca, la materia prima della cocaina, l’Ecuador è lo snodo nel sistema di trasporto degli stupefacenti da Perù, Bolivia e Colombia. Da Quito, la capitale, transita infatti almeno un terzo della cocaina di alta qualità raffinata a Bogotá, secondo fonti antidroga ecuadoriane contattate dal sito specializzato InsightCrime. Fino a ieri uno degli ecosistemi più salvaguardato del pianeta, ecco che le Galapagos sono oggi diventate una sorta di stazione di servizio per rifornire le imbarcazioni che trasportano cocaina verso gli States attraverso quella che viene definita «rotta del Pacifico». Così, nel dicembre scorso, è stato sequestrato, un sottomarino con a bordo due tonnellate di cocaina. Ma a preoccupare le autorità è soprattutto l’atterraggio di un Cessna in una delle propaggini meridionali dell’arcipelago, sempre lo scorso anno, per depositare un enorme e imprecisato quantitativo di cocaina poi abbandonato all’aeroporto di Isabela, che con i suoi 4.588 km² è invece l’isola maggiore delle Galapagos. Un luogo molto visitato dai turisti per i suoi cinque vulcani attivi ma, evidentemente, anche da chi pilotava quel velivolo carico di droga: un dato inquietante che ha fatto capire alla polizia locale come ormai i narcocriminali abbiano aperto anche una rotta aerea. E l’eden naturalistico è utilizzato persino dai trafficanti cinesi che sfruttano la pesca illegale nelle acque protette intorno alla isole per trasportare carichi di stupefacenti (alcuni di loro negli ultimi anni sono stati intercettati dalla Dea, l’agenzia antidroga americana, e arrestati).
Alle Galapagos operava il più importante boss del Paese sudamericano, l’Escobar dell’Ecuador: ovvero Washington Prado Álava, detto Gerald, poi estradato negli Usa e responsabile secondo gli investigatori dell’invio di almeno 250 tonnellate di cocaina purissima spedite verso gli Stati Uniti. Oltre ai narcos messicani, secondo gli inquirenti, nelle isole studiate da Darwin, sono molto presenti anche i clan albanesi che, però, si occupano di far arrivare la droga in Gran Bretagna e nell’Unione europea. Il paradosso è che sono proprio le regole che preservano l’arcipelago a rendere difficoltoso il pattugliamento di Esercito e Marina dell’Ecuador, come spiega il direttore antidroga del Paese sudamericano, Pablo Ramírez. «La grande estensione dello spazio marittimo che circonda le Galapagos rende complicato la vigilanza della Marina. Stiamo cercando di ovviare a queste difficoltà con la collaborazione di altre nazioni come Stati Uniti e Colombia. Ma è impossibile un controllo totale». E il generale Ramírez rivela come il Cessna, dopo essere stato sequestrato per due mesi, è sparito. Rubato insomma, per incredibile possa sembrare. E aggiunge il militare: «È un chiaro segno che altri aerei illegali arriveranno alle Galapagos».
Qui la polvere bianca è una realtà concretissima se è vero che, di recente, nei pressi delle isole sono stati arrestati otto marinai che avevano sottratto, a chi non è dato sapere, cinque chili di cocaina. Non bastasse, prosegue il generale, «le Galapagos sono ormai conosciute anche come la “stazione di servizio del Pacifico”, una logistica praticata anche a Esmeraldas (sulla costa nord dell’Ecuador, ndr), dove la benzina con sovvenzione statale che ricevono i pescatori viene dirottata per lavorare la cocaina in Colombia». Il capo dell’antidroga dell’Ecuador aggiunge poi che i narcos usano molte alternative, dalle navi da carico alle barche, dai piccoli aerei alle petroliere, dai droni alle crociere: «Per contrastarli ci mancano le risorse finanziarie, che invece dispongono in enorme quantità le organizzazioni e i cartelli». Nel 2022 solo in Ecuador sono state sequestrate 173 tonnellate di cloridrato di cocaina, 5,5 tonnellate di pasta base, 16,5 di marijuana e 352 chili di eroina. Sono state arrestate 12.573 persone e 212 piccoli gruppi criminali organizzati sono stati smantellati, con la cattura di 997 armi da fuoco, oltre 65 mila proeittili e 7 milioni di euro in contanti. Inoltre sono state intercettate dalla polizia 70 tonnellate di elementi chimici, in gran parte destinate alla produzione del fentanyl.
Il 45 per cento delle sostanze sequestrate era destinato all’Europa, soprattutto al Belgio – 35 tonnellate erano dirette a Bruxelles – poi viene l’Olanda, con 22 tonnellate intercettate dagli uomini del generale Ramírez. Otto tonnellate erano invece dirette a Messico e Stati Uniti. Alcune delle isole minori delle Galapagos sono poi utilizzati da una flotta di piccole imbarcazioni – tra cui pescherecci, sommergibili e motoscafi – come punti di sbarco per i trafficanti di droga, conferma a Panorama la marina dell’Ecuador. L’assenza di infrastrutture sulle isole più esterne favorisce il fenomeno e i punti di transito cambiano, in base ai controlli delle autorità. La maggior parte dei carichi non sbarca sulle Galapagos ma è trasferito da imbarcazioni che li indirizzano sulle rotte di navigazione off-shore, verso più sicure acque internazionali. Un metodo di trasporto molto diffuso prevede che i sommozzatori del cartello assicurino le spedizioni di droga agli scafi di grandi navi da carico e petroliere al largo di Perù ed Ecuador; le recuperano in un secondo tempo e le caricano su altre navi che incrociano vicino alle coste delle Galapagos.
«I trafficanti non usano la via più breve» ha spiegato qualche giorno fa al quotidiano The Telegraph un comandante della marina ecuadoriana, che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza. «La loro priorità è non essere scoperti, non arrivare rapidamente»; una deviazione di quasi mille chilometri per fare rifornimento nel labirinto appartato di corsi d’acqua attraverso le 127 isole delle Galapagos, diventa quindi la copertura perfetta. Questo intenso «traffico» navale ha un impatto significativo anche sulla fauna, disturbando soprattutto quella marina, finora preservata dal contingentamento delle imbarcazioni turistiche e da guardie che effettuano controlli persino in spiaggia. Un paradiso della natura che oggi è però minacciato da una criminalità rapace.