Milano osserva inquieta il fenomeno delle ronde «anti-maranza» di Articolo 52. Il nome è una dedica alla Carta costituzionale, ma dietro il richiamo al dovere di difendere la patria si cela un gruppo che ha scelto di affrontare senza intermediari il tema della sicurezza urbana, in particolare contro giovani violenti o che commettono reati. Gli attivisti si muovono tra social e strade periferiche, diffondendo proclami, indirizzati per esempio. L’ultimo video, 51 secondi di brutalità, ha acceso i riflettori su di loro: un giovane nordafricano, sospettato di uno scippo, fermato in Darsena da quattro, forse cinque individui, viene pestato.
Le immagini rimbalzano sui social. E la Procura ha aperto un fascicolo, affidato al pm Alessandro Gobbis, per associazione a delinquere e istigazione a delinquere per motivi razziali. Gli uomini della Digos scavano tra i profili social, seguendo le tracce digitali. Nelle chat riservate si discute di nuovi obiettivi e si pianificano i sopralluoghi. Una raccolta fondi online, con versamenti su un conto in Lituania, puntava all’acquisto di spray al peperoncino e di ricetrasmittenti, ma anche alla copertura di spese legali. Per molti non si tratta di una deriva pericolosa, ma di una reazione estrema a problemi concreti di sicurezza che troppo spesso le istituzioni non riescono a garantire. Intanto, sui social, il gruppo di Articolo 52 ha un boom di richieste. «A Roma quando?», scrive Gregorio rilanciando il video del pestaggio.
Nella Capitale il fenomeno è già diffuso, anche se è nato sotto forme differenti. Simone Cicalone, ex pugile e youtuber, filma i mariuoli nelle metropolitane. «Dicono che siamo picchiatori, fascisti e squadristi, ma non è così», difende il suo impegno Cicalone: «La gente è esasperata dai borseggiatori e io ho migliaia di richieste di persone che chiedono di venire in metro, tante da poter organizzare un esercito, ma noi non facciamo le ronde, io documento quello che accade e lo mostro ai miei follower».
L’altro Simone che marcia nei tunnel della metro romana di cognome fa Carabella, l’uomo che a ogni Capodanno si tuffa nel Tevere e che nei fine settimana regala spray al peperoncino alle donne dirette verso i tornelli. La terza bestia nera per i maranza romani è Re Serpico, alias di Sergio Lignano, un bodyguard che spopola su TikTok, mentre il suo canale YouTube trasmette le attività delle ronde. I tre ogni tanto sono di turno insieme. E lo scorso febbraio Carabella ha pubblicato un post che ha incassato migliaia di like per celebrare l’uscita del «tridente»: «Le persone ci ringraziano ed è bellissimo. Anche oggi cento spray regalati. Spruzzateglielo in faccia». Nella metro si muovono con ampio consenso. Soprattutto alle fermate considerate più rischiose. Quelle dei bivacchi di stranieri e di senza fissa dimora. O dove si aggirano disinvolte le cricche di borseggiatrici professioniste.
All’opera tra i suburbi romani, tra la Cassia e il Portuense, c’è anche il «Principe» Riccardo Scognamiglio: ha creato una società che punta al consorzio tra le famiglie e, così, per coprire i quasi novemila euro al mese, spiega, calcolatrice alla mano, per il controllo notturno bastano 300 nuclei familiari per quartiere disposti a pagare meno di 30 euro, «una pizza mangiata fuori».
Infine c’è Giuseppe Basile, influencer che come nome di battaglia ha scelto «Ottavo re di Roma»: ha contribuito all’arresto di un ragazzo cubano che aveva scippato una settantenne rumena. Il video, ovviamente, è diventato subito virale.
Il fenomeno, basta fare una ricerca sui social per rendersene conto, è ormai molto diffuso. Anche se ognuno ha dato alle operazioni di controllo stradale un nome diverso. A Monza i vigilantes anti-maranza li ha messi insieme la Rinascenza, un’organizzazione culturale radicata tra le province lombarde. Giacche antitaglio e piccole protezioni per evitare il peggio. Nessuna violenza, assicurano. Solo un baluardo tra l’ordine e il caos, tra i cittadini e chi, nel buio delle periferie, si muove con intenti predatori. A guidare il progetto è Alessandro Sebastiano Porto, 25 anni, un uomo di teatro. Cultura e autodifesa, parole che di rado si incontrano nello stesso discorso. Ma il dibattito è già acceso. A Lodi, invece, le chiamano «passeggiate della sicurezza». Hanno il passo marziale della propaganda e un animatore: Ettore Sanzanni, famoso per una serata su Goebbels a Pavia e per un compleanno con torta a tema. Il gruppo, che si è autoproclamato «la Rete dei patrioti», si muove passando nel centro, tra le serrande abbassate, le luci fioche e le ombre di una città che si svuota presto. Nei canali ufficiali il resoconto ha toni epici: «Abbiamo attraversato le principali zone del degrado. Alla sola nostra presenza, gli assembramenti di extracomunitari si sono dileguati». Anche qui le vedette hanno riempito un vuoto.
La sicurezza chiama. Come a Bologna, dove l’hanno ribattezzata «Passeggiata dei patrioti». L’ultima, in risposta agli scontri che solo una settimana prima avevano devastato il centro storico durante un presidio organizzato in memoria di Ramy Elgaml, risale al 19 gennaio. Uno dei promotori è Stefano Colato, un militante di destra che guida un circolo a Borgo Panigale. Con il suo team ha cinturato un centro commerciale. «La zona», hanno spiegato gli attivisti, «purtroppo è nota per episodi di microcriminalità a opera di baby gang di immigrati di seconda generazione. La nostra presenza ha sicuramente fatto passare un pomeriggio di tranquillità agli adulti alle prese con lo shopping e agli adolescenti». Mentre lo scorso 8 febbraio i patrioti hanno marciato contro il degrado nel quartiere San Pio X di Vicenza, rivendicando «il diritto alla difesa attiva del territorio e pretendendo il ripristino di livelli di sicurezza adeguati in una zona in balia di sbandati, spacciatori e delinquenti stranieri, che non devono sentirsi liberi di rendere la vita impossibile a chi vi abita da sempre». A Rimini hanno scelto un nome meno evocativo e più burocratico: lo chiamano «Progetto di controllo del vicinato». Neutro, quasi amministrativo, che non nasconde però un’urgenza. La città è in allarme e la sicurezza è un tema sempre più attuale: il blitz notturno degli ultrà del Rimini calcio al Centro ricreativo di Bellaria Monte, costato un Daspo a 13 persone; un uomo rapinato in pieno giorno con un escamotage; una serie di furti disseminati per il territorio; il corpo di un immigrato affiorato nelle acque del fiume Uso. Frammenti di un mosaico che racconta tensione e paura.
L’amministrazione comunale ha raccolto il malessere e ha lanciato l’iniziativa durante gli incontri pubblici del ciclo «Parliamone insieme». Il messaggio è chiaro: non si tratta di ronde, non ci sono divise né simboli, solo cittadini invitati a diventare pattugliatori informali del territorio. Un occhio in più sulle strade pronto a tradursi in segnalazioni alla Polizia locale e alle forze dell’ordine. «Attenzionare», dicono in gergo, e il verbo si fa sostanza. Le adesioni arrivano numerose, spontanee. All’Aquila è già stato sottoscritto un protocollo d’intesa tra il prefetto Giancarlo Di Vincenzo e il sindaco Pierluigi Biondi. Mentre ad Avellino il prefetto Rossana Riflesso ha bloccato l’iniziativa del sindaco di Bisaccia, che aveva ingaggiato delle guardie giurate per perlustrare il territorio. Anche a Salerno il prefetto Francesco Esposito è stato netto: «Niente ronde né giustizia fai-da-te». Ma la pressione dal basso è forte e si solleva da molti comuni della provincia.
A Trento, per contrastare la raffica di furti in Val Rendena, sono scesi in campo i volontari dei Vigili del fuoco. Alla testa delle ronde dei pompieri c’è Michele Cozzini, comandante del Corpo: «Porteremo avanti» spiega, «un’azione di controllo transitando con i lampeggianti accesi nelle ore interessate dal fenomeno». Mentre a Venezia il «pattugliamento» contro le borseggiatrici è diventato tormentone su TikTok: «Attenzione, pickpocket!», ovvero il grido di battaglia di Monica Poli, 57 anni, che si è meritata il soprannome di Lady Pickpocket finendo anche in un lungo articolo a lei dedicato sul New York Times.
Ma per il degrado di alcune città, quello delle borseggiatrici riguarda l’aspetto meno grave. E l’intervento dei cittadini arriva per un’esasperazione corroborata tanto dalle cronache quanto dai dati: nei primi nove mesi del 2024, il 44 per cento delle violenze sessuali è stato perpetrato da stranieri che costituiscono appena il 10 per cento della popolazione. E la pericolosità relativa degli stranieri irregolari, dice la Fondazione Hume del sociologo Luca Ricolfi, è circa 50 volte superiore a quella dei cittadini comunitari (italiani e stranieri). Il senso di insicurezza è concreto e ci si chiede dove sia finita la legge.
Vittorio Sgarbi una soluzione l’aveva ipotizzata: «Occorrerebbe che queste ronde fossero legittimate e non spontanee». Ma un interrogativo resta: chi controlla i controllori? Per ora ognuno fa come gli pare. Città che vai, ronda che trovi.