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Attenti al cibo, la frode è servita

Attenti al cibo, la frode è servita

I prodotti a rischio per l’origine e la scadenza arrivati in tavola per queste feste. Ma anche formaggi, prosciutti e vini importati dall’estero con nomi che ricordano quelli italiani. Il giro d’affari degli alimenti contraffatti o sospetti è miliardario.


Alimenti scaduti. Vini sofisticati. Etichette falsificate. Stabilimenti abusivi. Ma anche gravi carenze igienico-sanitarie e strutturali. A passare in rassegna i recenti blitz dei Nas viene naturale interrogarsi, in occasione dei fasti natalizi, tanto rispetto alla bontà degli alimenti che hanno animato le nostre tavole quanto riguardo a quelli che nei prossimi giorni diventeranno protagonisti di cenoni e calze della Befana. «Le festività rappresentano un momento importante per l’agroalimentare italiano. Il cibo non è mai tanto protagonista come in questi giorni non solo sulle tavole, ma anche come oggetto da regalo sempre più gettonato. Occorre però prestare molta attenzione a quello che si acquista. Nei ricchi cesti dove primeggiano i dolciumi è possibile infatti trovare prodotti stranieri, spesso spacciati per nazionali, che non assicurano le stesse garanzie di quelli nostrani» riflette Ettore Prandini, presidente della Coldiretti.

Un esempio? A fornirlo è sempre la maggiore associazione italiana dell’agricoltura, che ha stilato proprio in vista delle feste una «black list» dei cibi più rischiosi, sulla base degli allarmi segnalati nell’ultimo anno dal Rasff, il sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi. Nell’elenco spiccano fichi secchi turchi, ma anche pistacchi provenienti da Turchia, Iran e Stati Uniti che hanno fatto registrare un elevato contenuto di aflatossine cancerogene, o spezie indiane con presenza di pesticidi oltre i limiti consentiti. E, ancora, pesce spagnolo considerato allarmante per l’alto contenuto di mercurio, carne di pollo polacca contaminata da salmonella e, infine, cozze e vongole spagnole sempre con salmonella insieme al batterio dell’escherichia coli. Ma non è tutto. «Le frodi alimentari possono riguardare anche la vendita di frutta secca contraffatta o adulterata» spiega Stefania Carpino, dirigente del dipartimento qualità e antifrode del ministero delle Politiche agricole. «Mandorle, noci, arachidi e nocciole sono suscettibili a diverse forme di frode, tra cui falsificazione dell’origine, etichettatura ingannevole, ma anche presenza di additivi o trattamenti illegali per migliorarne l’aspetto, il sapore o la conservazione. In alcuni casi, la frutta secca contraffatta è venduta come prodotto di qualità superiore, mentre in realtà potrebbe essere di qualità inferiore o addirittura contaminata. Un esempio è la vendita di prodotti biologici che in realtà non sono tali. Oltre al cibo» continua Carpino «attenzione va prestata anche ai prodotti vitivinicoli. Al settore delle bollicine, in particolare, in merito alla falsificazione dell’origine, alla contraffazione di marchi, all’aggiunta di ingredienti non autorizzati o non dichiarati».

A vigilare ci sono i Nuclei antisofisticazione e sanità dei carabinieri, che alcune settimane fa hanno sequestrato ben 300 mila litri di prodotti vinicoli, per un valore di 11 milioni di euro. C’è poi da ricordare come l’anno scorso, durante gli accertamenti tra Natale a Capodanno, i Nas abbiano rilevato irregolarità presso 229 strutture, con oltre 530 contestazioni relative a violazioni penali e amministrative, per un ammontare di 365 mila euro di sanzioni. Tra le frodi più frequenti quelle relative a panettoni e pandori, in parte venduti come lavorazione artigianale quando invece risultavano prodotti a livello industriale e poi fraudolentemente riconfezionati. E, ancora, lungo la filiera dei prodotti ittici, ben il 40 per cento degli esiti ha portato al loro sequestro. «Fra i prodotti più gettonati spiccano effettivamente quelli ittici e agroalimentari per cui è corretto porsi il problema della trasparenza», riflette Fabio Massimo Pallottini, presidente Italmercati, rete nazionale delle vendite all’ingrosso. «Il rischio» continua Pallottini «è quello di acquistare un prodotto ittico fresco che in realtà è surgelato o per esempio, nell’ortofrutta, trovare prodotti importati spacciati per locali o nazionali. Nel concreto consiglio durante le feste di mostrare un’attenzione in più se si acquistano le ostriche così come verificare la reale origine dei prodotti esotici. Molto spesso i prodotti di importazione maturano a bordo durante il tragitto, piuttosto che sulla pianta».

Sulle frodi – festive e non – si rivela centrale il cosiddetto «italian sounding», con cui ci si riferisce a quei prodotti che presentano nomi e slogan riconducibili all’Italia, ma che in realtà non hanno nulla a che fare con il nostro Paese. Si tratta di un fenomeno che si aggira intorno ai 120 miliardi di euro e negli ultimi anni è cresciuto in modo esponenziale, arrivando a doppiare il mercato dei prodotti autentici. A farne le spese sono soprattutto alimenti il cui nome si è affermato a livello globale come sinonimo di qualità e made in Italy quali il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, ma anche il prosciutto di Parma e il San Daniele, l’olio extravergine di oliva, le conserve di pomodoro San Marzano e i vini, dal Chianti al Prosecco. «Si tratta di una piaga sia rispetto ai mercati esteri che a quelli interni, soprattutto per quelle produzioni non governate dall’obbligo dell’origine in etichetta. Per tutelare i produttori e i consumatori occorre agire sugli accordi di libero scambio, cercando di colmare grazie al Pnrr i ritardi strutturali dell’Italia, e così arrivando a sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero la diffusione dei nostri alimenti» aggiunge Prandini facendo eco agli appelli recentemente lanciati dai ministri Lollobrigida e Tajani sul tema.

Una piccola vittoria però va registrata: dopo due anni di trattative, a partire dal 2024 l’Unione europea vieterà nella vendita agroalimentare l’uso di termini ingannevoli, che si rifanno a nomi di prodotti di un certo Paese, impedendo l’utilizzo di immagini e combinazioni cromatiche che ricordano Stati terzi e che generano confusione nei consumatori. Insomma, grazie al «Testo unico europeo per la qualità» prodotti come il croato Prosek, il Parmesan o l’aceto balsamico cipriota dovrebbero scomparire dagli scaffali. Speriamo che sia nuovo ossigeno per il settore agroalimentare nostrano, che trova nell’export una risorsa importante (nel 2022 ha infatti registrato un +15,3 per cento, la crescita più ampia registrata a partire dal 2000, su un valore di 58,8 miliardi di euro). «Non dimentichiamo che i rischi legati ai prodotti contraffatti sono molteplici» prosegue Prandini. «Possono creare problemi alla salute tutti quei prodotti a bassissimo costo che non offrono garanzie di salubrità e qualità, e che provengono soprattutto da Paesi fuori dai confini comunitari che non hanno gli stessi standard produttivi di quelli nazionali. A oggi l’Italia è leader mondiale per la sicurezza alimentare ed è per questo che l’Ue deve fare la sua parte per tutelare i consumatori facendo in modo che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute».

Diventa allora fondamentale per tutelarsi – durante le feste, come lungo l’intero anno – imparare a controllare, attraverso le etichette, la provenienza dei cibi che stiamo per consumare. Tenendo bene a mente che, oltre a non dover subire lunghi viaggi, i prodotti nazionali offrono in generale maggiori garanzie di sicurezza considerando che ben otto cibi pericolosi su dieci provengono dall’estero. «Si tratta di una partita in cui l’impegno tra produttori, distributori e autorità di regolamentazione deve procedere di concerto, ma anche i consumatori hanno un ruolo centrale ed è fondamentale che vengano condivise delle buone pratiche per tutelarsi», precisa Stefania Carpino. «Un consiglio? Leggere attentamente le etichette per verificarne l’origine e le certificazioni di qualità o di provenienza. Imparare ad acquistare da fonti affidabili. Ma anche conoscere i propri produttori, ed essere consapevoli dei prezzi eccessivamente bassi: potrebbero essere indizi di prodotti contraffatti o di bassa qualità». Come dire, maggiore consapevolezza alimentare. Da Nord a Sud e ogni giorno dell’anno.

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