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Dietro la crisi, gli utili

Dietro la crisi, gli utili

Nel «maledetto» 2022 i prezzi al consumo sono aumentati dell’8,1 per cento, con un’inflazione all’8,4. Al contrario, per i maggiori gruppi quotati a Piazza Affari – dicono i nuovi dati – è stata un’ottima annata: ovvero, guadagni per 76,3 miliardi di euro.


Per tutti il 2022 è stato l’anno dello scoppio della guerra in Ucraina, della crisi energetica e dell’esplosione dell’inflazione e dei mutui. Fatti oggettivi, suffragati dai numeri. Una narrazione negativa, in parte ansiogena, ci ha accompagnato per un anno, insieme allo spettro di una recessione che invece non arriverà neppure in questo 2023. Poi, nelle ultime settimane, ecco i risultati di bilancio dei grandi gruppi quotati in Piazza Affari e, per fortuna, si assiste a un diluvio di utili. L’anno scorso, i primi 10 gruppi per capitalizzazione di mercato, escluse le Generali che non hanno ancora approvato i conti, hanno macinato utili per 76,3 miliardi di euro con un rialzo medio del 65,6 per cento rispetto al 2021.

Banche, industrie automobilistiche e non, colossi dell’energia, campioni del lusso e della moda. Tutti allegramente in attivo. Perfino un osservato speciale come Tim, che cerca di uscire da una lunga crisi, ha chiuso i bilanci con segno più. Insomma, una magnifica annata, questo «maledetto» 2022. A incidere di più sulla vita quotidiana di cittadini e imprese è stata l’inflazione. In Italia, nel 2022, i prezzi al consumo sono schizzati al rialzo dell’8,1 per cento. Al netto del prezzo dell’energia, l’aumento del costo della vita sarebbe stato del 4,1 per cento, secondo l’Istat. È andata perfino peggio nella zona euro, dove l’inflazione è arrivata all’8,4. Per tenerla a bada, magari riportandola al 2 per cento che è l’obiettivo di politica economica della Bce, i tassi sono saliti del 3 per cento tra luglio e lo scorso 8 febbraio, con la previsione di arrivare al 3,5 nel mese di marzo. Un costo del denaro più alto significa che si paga di più per ottenere credito, dai fidi ai mutui per la casa. Secondo i calcoli del Sole 24 Ore, in un anno la capacità di acquisto di chi vuole comprare un appartamento con un mutuo è scesa del 25 per cento.

Se passiamo a Piazza Affari, si scopre che l’anno scorso è stato deludente anche per gli azionisti. Wall Street ha lasciato sul campo il 9,2 per cento e Milano ha bruciato il 12,5 per cento del proprio valore. Un annus horribilis contrassegnato dai delisting, con 28 miliardi di capitalizzazione che hanno salutato il mercato. A fine 2022, le 414 società quotate valevano comunque in complesso 626 miliardi di euro, pari al 39 per cento del Pil (contro il 43,1 per cento di fine 2021).

Il clima in Borsa è completamente cambiato e nei primi due mesi 2023 è stato recuperato il 13,8 per cento. Merito anche dell’uscita dei risultati dei principali gruppi, tutti con bilanci da record. Enel ha archiviato il 2022 con 19,7 miliardi di utile netto, in crescita moderata rispetto al 2021 (+2,6 per cento), ma a fronte di un aumento di fatturato del 63,9 per cento a 140,5 miliardi. Eni ha visto esplodere ricavi e margini: l’utile operativo è raddoppiato a 20,4 miliardi e l’utile netto è passato in un anno da 4,3 a 13,3 miliardi. Il colosso privato Tenaris (tubi e infrastrutture per l’esplorazione petrolifera) ha messo a bilancio 2,67 miliardi di utili con un balzo del 130 per cento, mentre i ricavi sono saliti dell’80 per cento. In attesa di vedere i conti delle utility, nei mesi scorsi si è molto parlato di tassare gli extraprofitti, e si può dire che ci sono stati.

Il 2022 è stato un anno da incorniciare anche per gli istituti di credito. Negli ultimi tre mesi dell’anno scorso le prime otto banche hanno registrato aumenti annui dei ricavi quasi tutti in doppia cifra, fino al 40 per cento in più. E i primi risultati arrivati confermano il boom. Intesa Sanpaolo ha chiuso con un utile netto in aumento del 4 per cento a 4,35 miliardi. È quello che il suo a.d. Carlo Messina ha definito «il miglior bilancio della nostra storia». E distribuirà agli azionisti ben 3 miliardi di dividendi in contanti per il 2022. Unicredit ha risposto con utili netti per 5,2 miliardi, in crescita del 47,7 per cento sul 2021, e ricavi netti a quota 18,4 miliardi (+13,3 per cento).

Andrea Orcel, numero uno di Piazza Gae Aulenti, ha sottolineato che «è uno migliori risultati da oltre un decennio». Anche al Banco Bpm hanno messo a segno un record: l’utile netto da 886 milioni, in salita del 24,8 per cento sul 2021, è il miglior risultato dalla nascita del gruppo. Le banche italiane sono sicuramente solide e ben gestite, ma sono state «tonificate» dall’aumento dei tassi, riuscendo a ribaltare sulla clientela l’aumento del costo del denaro e, in molti casi, un incremento dei costi. In Borsa, nei primi due mesi dell’anno l’indice degli istituti di credito è salito del 23,2 per cento e anche questo la dice lunga su una stagione semplicemente strepitosa. Qualche sorpresa in più dal settore auto, che nei mesi scorsi ha dovuto combattere con il problema delle materie prime, con la crisi dei microchip e con una transizione ecologica verso i motori elettrici assai costosa (i principali costruttori hanno chiesto ai governi incentivi di ogni genere). Se restiamo in Piazza Affari, ecco che Stellantis ha annunciato per il 2022 un bilancio con un utile netto del +26 per cento a 16,8 miliardi e ricavi in crescita del 18 per cento a 179,6 miliardi. Eppure i timori dei sindacati per l’occupazione nei sei stabilimenti italiani restano intatti.

Ottima anche la performance di Cnh Industrial (macchine agricole e industriali), con utili netti a 2,1 miliardi di euro (+67 per cento) e ricavi in salita del 20, per cento, a 24,85 miliardi. Se invece si passa a un grande gruppo in crisi che preoccupa il governo, come Telecom Italia, il 2022 ha comunque registrato un aumento dei ricavi del 3,1 per cento a 15,8 miliardi e un margine operativo lordo in crescita del 5,3 per cento a 5,35 miliardi. Qui, in attesa della sistemazione della partita sulla rete unica, il problema è sempre costituito dal debito, arrivato a quota 25,3 miliardi.

Il 2022 sarà un anno da ricordare anche per gli azionisti dei grandi nomi del lusso. La Ferrari ha messo in cascina un aumento del 13 per cento degli utili a 939 milioni, con i ricavi in crescita del 19,3 per cento, a quota 5 miliardi. Moncler ha comunicato un incremento di fatturato del 25 per cento a 2,2 miliardi, e il risultato operativo è atteso in rialzo del 29,5 per cento a 774,5 milioni. Poi ci sono gli ottimi numeri preliminari di Ferragamo, che ha chiuso il 2022 con ricavi a +10,2 per cento (a 1,25 miliardi) e quelli di Brunello Cucinelli, che ha fatturato il 29 per cento in più (919 milioni).

Forse non è un caso se nelle ultime settimane nessuno parla più di recessione prossima ventura, come si è fatto praticamente per tutto l’anno scorso. Alla fine di gennaio anche il Fondo monetario internazionale ha aggiornato le sue previsioni per l’Italia e ora si attende una crescita del Pil dello 0,6 per cento nel 2023 e dello 0,9 per cento nel 2024. Per carità, non sono grandi numeri come quelli degli utili aziendali, ma ci dicono che l’economia italiana è ancora solida e reattiva.

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