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Affitti brevi e B&B. Le città sono sotto assedio

Affitti brevi e B&B. Le città sono sotto assedio

L’assalto dei turisti in italia (quest’anno, oltre 440 milioni di presenze) sta trasformando le città – soprattutto quelle d’arte – in parchi giochi. Dove dilagano gli affitti brevi, i residenti vanno altrove, scuole, ospedali e servizi pubblici si riducono.


Da Firenze a Venezia passando per Milano e Roma, mai come quest’anno i turisti hanno preso d’assalto il nostro Paese. I dati di Demoskopica parlano chiaro: 442 milioni di presenze attese, con un +12,2 per cento rispetto all’anno scorso. Uno tsunami di persone con una spesa prevista di 89 miliardi di euro (+22,8 per cento rispetto al 2022). Un toccasana per l’economia, da una parte. «Eppure non si moltiplicano solo le presenze, ma anche gli effetti negativi» esordisce Sarah Gainsforth autrice di Airbnb città merce (DeriveApprodi). «Le città non hanno la capacità di carico infrastrutturale per sopportare questo incremento di flussi a cominciare dalla gestione dei trasporti, dei rifiuti, dei servizi in generale, che sono sempre pagati dai residenti. Non è un semplice tema di vivibilità. Nessuno si chiede quanto del collasso delle nostre città sia dovuto all’aumento del turismo, a cominciare dalla questione abitativa e dall’aumento della povertà». Questioni che, come polvere, vengono infilate sotto il tappeto. Che si rivela, mai come in questo 2023, troppo corto.

«Il fenomeno della trasformazione dei centri storici delle città d’arte» spiega Gainsforth «risale già al Secondo dopoguerra, con il mutamento di quartieri un tempo popolare in zone gentrificate, anche con la destinazione di edifici a nuove funzioni. Un esempio? Gli appartamenti riadattati in uffici. La diffusione degli affitti brevi turistici ha cambiato però lo scenario: adesso c’è una sostituzione di abitanti con una popolazione temporanea. Questo salto di scala è avvenuto a partire dal 2000, e soprattutto intorno al 2017, con la diffusione di Airbnb».

Le conseguenze sono molteplici. «La presenza di turisti e non di residenti» prosegue Gainsforth, che a fine agosto tornerà in libreria con Dopo la gentrificazione (DeriveApprodi) «porta tanto a una desertificazione commerciale, quanto alla scomparsa di servizi pubblici come scuole e ospedali. Il turismo alimenta perlopiù la rendita immobiliare, e puntare su di lui come settore trainante genera un circolo vizioso». Al centro del ciclone c’è l’emergenza abitativa, che sta infatti esplodendo proprio a causa della diffusione degli affitti brevi turistici, del conseguente aumento dei prezzi e della contrazione di case disponibili. Siamo davanti a un vero assedio che passa soprattutto dalla piattaforma digitale Airbnb, un fenomeno che – secondo i dati elaborati rispetto al 2021 dal Politecnico di Torino – tocca prevalentemente le aree urbane, e conta quasi 500 mila utenti attivi. Al momento fra le città più a rischio, oltre alle già note, spiccano quelle con il tasso di crescita degli affitti brevi turistici maggiore: Napoli, il cui centro popolare è a forte rischio di gentrificazione, e Bologna che vede gli studenti da mesi sul piede di guerra.

Il timore è che anche queste città d’arte si trasformino per sempre, perdendo quel «genius loci» che le rende uniche. Lo spauracchio per eccellenza diventa così Venezia, che ha registrato un crollo di abitanti spaventoso (erano 140 mila nel 1960, oggi sono appena 50 mila), offre sempre meno servizi per i residenti ed è un Airbnb a cielo aperto con turisti che rendono impraticabile perfino camminare in certi luoghi. Dalla parte opposta di Canal Grande, spicca l’esempio di Bolzano, un caso unico nel nostro Paese, che per prima ha posto un tetto al numero dei letti disponibili. «La cittadinanza va tutelata» ha affermato l’assessore al turismo Arnold Schuler. «Ci siamo basati sui posti letto del 2019, 230 mila in tutta la provincia, a nostro avviso il limite massimo. Vogliamo che il turismo sia sostenibile in tutti i sensi, e che sia un turismo di qualità».

Eppure non è una questione solo di presenze, come spiega ancora Gainsforth, che evidenzia due elementi spesso trascurati: «Gli unici dati disponibili per il nostro Paese sono quelli che riusciamo ad avere grazie all’attivista australiano Murray Cox, che abita negli Stati Uniti e che li estrae per pubblicarli su Inside Airbnb, portale di approfondimento sul fenomeno. Questo è paradossale, se pensiamo che il fenomeno degli affitti brevi turistici è stato il principale responsabile della trasformazione delle città in Italia negli ultimi dieci anni. Ma il vero rischio è un altro: da una parte la crescita degli affitti non più brevi ma di medio periodo nelle città, sempre intermediati da piattaforme digitali, con costi molti alti; dall’altra la diffusione della pressione speculativa in nuove aree del Paese anche per effetto del cambiamento climatico». Il rischio? Che l’Italia diventi a tutti gli effetti un parco giochi per turisti. A discapito, ovviamente, di chi ci vive.

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