Home » Attualità » Economia » Tutti pazzi per i Btp

Tutti pazzi per i Btp

Tutti pazzi per i Btp

Il 17 novembre il debito italiano riceverà un «voto» sulla sostenibilità. Ma intanto i titoli di Stato sono richiestissimi. Anche se contenere e razionalizzare la spesa pubblica è urgente più che mai.


Che il debito pubblico italiano sia sotto stress non è una novità, anzi. E che una montagna di denaro pari al 140 per cento del Pil possa entrare nel mirino della speculazione quando ci sono difficoltà esogene è altrettanto certificato dai fatti. Pensiamo a ciò che è successo con il Covid, quindi alle tensioni relative alla guerra in Ucraina e adesso alle prime conseguenza (fibrillazioni sul petrolio) del conflitto in Medio Oriente. Se a questo ci aggiungiamo i diktat europei che ci chiedono ai vari Paesi – Italia in particolare – più rigore e una rigida «dieta» per entrare nell’attillato abito dei conti che Bruxelles (Mes e Patto di stabilità) vuol disegnarci su misura, tutto sembrerebbe volgere al peggio. Ma i numeri non dicono questo. Nonostante le Cassandre, quella più ascoltata ha cerchiato in rosso sull’agenda la data del 17 novembre quando l’agenzia di rating Moody’s è chiamata a confermare o a portare a livello «spazzatura» il suo giudizio sulla sostenibilità del debito pubblico italiano, gli investitori continuano a comprare a man bassa i nostri titoli di Stato. Motivo? Se consideriamo i rendimenti, i decennali nell’ultima asta garantivano il 4,2 per cento ma sul mercato secondario danno il 4,7 per cento, e la rischiosità (relativamente bassa perché quasi tutti gli analisti considerano assai improbabile un default italiano) sono un affare.

Lo pensano la grande maggioranza degli investitori istituzionali e anche una buona fetta del «retail» (famiglie e piccoli risparmiatori) che incentivata dalle emissioni ad hoc e dalle novità legislative spinte dal governo hanno aumentato negli ultimi due anni di circa 80 miliardi la loro esposizione verso Bot e Btp. E a giudicare dai risultati di una recente indagine Acri-Ipsos condotta in occasione della giornata mondiale del risparmio si tratta di miliardi destinati ad aumentare: è passata infatti dal 23 al 38 per cento la quota di italiani che vuole investire in strumenti sicuri ma che comunque garantiscono rendimenti appetibili, come i Buoni del tesoro poliennali appunto. A discapito di chi invece puntava sulla liquidità (la percentuale è scesa dal 35 al 26 per cento), o su strumenti più rischiosi come l’azionario (si è scesi dal 10 al 7 per cento). Anche perché i Btp sono esenti da tasse di successione e usufruiscono dell’aliquota ridotta del 12,5 per cento mentre sui depositi e sulle plusvalenze azionarie si paga il 26 per cento.

«Difficile fare previsioni» spiega a Panorama Angelo Drusiani, advisor di Ersel banca privata , «ma penso che Moody’s così come Fitch e le altre agenzie che si dovranno esprimere sull’Italia lasceranno inalterato il giudizio. I grandi fondi pensione americani e canadesi continuano ad avere in portafoglio titoli di Stato italiani e il forte interesse per i Btp è testimoniato dall’andamento delle aste, ce ne sono 5-6 al mese, che presentano domande sempre di gran lunga superiori all’offerta del ministero dell’economia e lo stesso discorso vale anche per gli scambi sul mercato spot (consegne dei titoli e pagamento a brevissimo termine, ndr) per i quali spesso ci sono richieste pari a 50-60 miliardi contro i 4-5 che alla fine vengono assegnati. Se la domanda è abbondantemente oltre l’offerta vuol dire che ci sono varie società di investimento che continuano a comprare i titoli del debito pubblico italiano». In effetti i dati di maggio dicono che i circa 2.800 miliardi di euro del nostro debito sono detenuti per il 26,5 per cento (750 miliardi) da stranieri, in sostanza i fondi, mentre il 12,5 per cento è stato comprato dai gestori italiani, il 24,5 dalle banche e il 25,8 è riconducibile a Bankitalia.

Sarà fondamentale mantenere questo «appeal» perché nel 2024 l’Italia dovrà collocare 480 miliardi di titoli sovrani e non potendo più contare sul programma di acquisti della Banca centrale euroea sarà cruciale «incentivare» le vendite in casa – in tal senso vanno viste le emissioni di Btp Italia o Btp Valore e l’esclusione degli stessi Btp dal calcolo dell’indicatore economico Isee – e convincere i potenziali compratori esteri. Da questo punto di vista va evidenziato che in piena stesura della manovra già due società di rating, Standard & Poor’s e la canadese Dbrs, hanno confermato il loro giudizio sull’Italia: segnale che i sacrifici, soprattutto per le pensioni che sta molto a cuore a Bruxelles, hanno avuto l’effetto desiderato. «Nella prospettiva di un investimento di breve periodo» continua Drusiani, «sul mercato secondario troviamo Bot con scadenza marzo, luglio o ottobre 2024 che rendono poco meno del 4 per cento e prezzano poco sotto i 100 o i Btp Futura scadenza 2028 e 2030 che grazie a quotazioni che si sono di molto ridotte sono diventati appetibili».

Del resto, come non evidenziare il recente successo del collocamento dei Btp Valore, riservato al retail. I risparmiatori sono stati attratti dal titolo quinquennale che per i primi tre anni garantisce un rendimento minimo del 4,10 per cento che sale al 4,50 per il quarto e il quinto anno e assicura un extra premio finale di fedeltà dello 0,5 per cento del capitale investito per chi l’ha preso durante il collocamento e lo terrà fino a scadenza. La seconda emissione ha registrato adesioni per poco più di 17 miliardi di euro, poco sotto i 18 miliardi della prima, ma che comunque conferma la validità di una formula semplice e tagliata su misura che sta caratterizzando il governo Meloni. Nei mesi scorsi ci sono state le emissioni dei Btp Italia indicizzati all’inflazione sottoscritti soprattutto dai piccoli risparmiatori, tant’è che si è parlato di «giapposenizzazione» del debito pubblico italiano, enfatizzando la volontà di riportarne buona parte in casa.

Va ricordato comunque che se per i risparmiatori gli alti rendimenti sono un’opportunità, per lo Stato rappresentano un salasso. Perché è vero che la priorità è trovare compratori ma se poi i rendimenti sono così alti si finisce per essere zavorrati da circa 100 miliardi di interessi all’anno. Il valore di quattro finanziarie. Non a caso, almeno da agosto si evidenzia come i tassi dei nostri titoli crescano più degli altri e i rendimenti abbiano superato i bond greci e portoghesi che non hanno mai brillato per affidabilità. Com’è possibile? Secondo Drusiani non è una questione di «fondamentali» economici ma di reazioni anche abbastanza d’istinto: «Molto è dovuto a un’ondata emotiva verso due Paesi che sono visti in ripresa e alla mancanza di liquidità soprattutto da parte dei titoli di Stato greci che in momenti di difficoltà derivanti da fattori esterni, come quelli che stiamo vivendo, subiscono meno oscillazioni negative rispetto a titoli particolarmente scambiati come quelli italiani».

Chiosa l’analista indipendente Sergio Pigoli: «Il nostro sistema è molto più solido di come viene dipinto. Il debito è alto, certo, ma si basa su un’economia diversificata che ha in pancia depositi liquidi in una quantità tale da garantire la sostenibilità del indebitamento. Con i tassi alti poi c’è stato anche un ritorno dell’interesse di famiglie e piccoli risparmiatori verso Bot e Btp, quindi non starei troppo a preoccuparmi. Al di là dei numeri c’è un discorso di buon senso, con l’Europa in mezzo al guado e due conflitti in atto, c’è davvero qualcuno che seriamente vuol mettere l’Italia a rischio?».

© Riproduzione Riservata