Con il «Pandoro gate» Chiara Ferragni ha rivelato la vera faccia della beneficenza. Tra autopromozione e crescita dei fatturati di famiglia.
Hanno incantato tutti. Alfieri progressisti, luccicanti maison, diaboliche multinazionali, arrembanti aziende. Ma adesso l’impero dei Ferragnez traballa, assieme alla loro malridotta reputazione. Prima Aboubakar Soumahoro, l’ex sindacalista dei braccianti, caduto in disgrazia dopo l’inchiesta sui presunti maneggi familiari nell’accoglienza ai migranti. Poi le prodezze di Luca Casarini, che è riuscito a far finanziare dalla Chiesa la sua ong, come rivelato da Panorama e La Verità. Segue Chiara Ferragni, l’influencer più nota e caritatevole del pianeta, tacciata di falsa beneficenza. Infine Fedez, il marito rapper, che rivendica filantropia altrui.
Così diversi, così uguali. Il deputato di ultrasinistra che varcò il parlamento con gli stivaloni verdi. Lo scatenato antagonista folgorato dal cattolicesimo. La milionaria diva dei social paladina delle nobili cause. Lo showman in Lamborghini a caccia di legittimazione benpensante. Non potrebbero essere più differenti, è vero. Eppure sono gli ultimi e inarrivabili episodi di un appassionante filone della tragicommedia all’italiana: buoni coi soldi degli altri. I Ferragnez, certo, potrebbero obiettare: meglio farci una più redditizia serie tv, come d’abitudine della casa. Lucio Battisti, cantautore amato da Fedez, cantava: «Le discese ardite e le risalite». Stavolta, però, la riconquista della vetta è ostica. Dalle stelle dei social alle stelle della carità pelosa, la sfavillante reputazione della coppia più iconica degli ultimi anni sembra compromessa. La procura di Milano ha aperto un fascicolo sul «pandoro gate». E l’indagine potrebbe estendersi ad altre pubblicità ingannevoli.
Inevitabile riassuntino. L’Antitrust decide una multa di oltre un milione di euro alle società di Ferragni e di 420 mila euro a Balocco, l’azienda che l’ha assoldata. L’accusa: pratica commerciale scorretta. Ovvero: lasciar intendere che l’acquisto del pandoro griffato Ferragni, a un prezzo triplo rispetto all’abituale, avrebbe aiutato l’ospedale Regina Margherita di Torino. La donazione, di appena 50 mila euro, era stata invece già fatta dall’azienda. A prescindere dalle future vendite, gonfiate dalla farlocca propaganda. E la generosissima influencer? Incassato un milioncino, non ha versato nemmeno un euro di beneficenza. Salvo poi cercare di riparare, elargendo il sontuoso cachet alla nobile causa, come promesso in un lacrimoso video stile Soumahoro.
Ricordate? Rivendica il «diritto all’eleganza» della moglie, Liliane Murekatete, con i danari destinati all’accoglienza. Intanto, l’icona del buonismo politico frigna sui social: «Tutta la mia vita è stata caratterizzata dalla lotta contro qualsiasi forma di sfruttamento» dice il deputato dell’Alleanza Verdi-Sinistra, poi transitato nel gruppo misto. Comunque: il processo per la presunta maxi evasione fiscale della cooperativa di famiglia comincerà il 24 gennaio 2024. Sono imputate quattro persone: tra cui consorte, cognato e suocera. L’indagine sulle presunte magagne di Chiara, invece, è solo agli esordi. Intanto, come il deposto leader dei braccianti, prova a difendersi sui social. Con esiti altrettanto funesti. Aria mesta, occhiaie profonde, golfino grigio stile tutona casalinga. Chiara spiega eufemisticamente di aver commesso un «errore di comunicazione». Proprio lei: la spietata regina dei social… «Purtroppo si può sbagliare, mi spiace averlo fatto e mi rendo conto che avrei potuto vigilare meglio». Annuncia di voler «separare completamente qualsiasi attività di beneficenza da attività commerciali». Spunta però un caso analogo. Ancora nel ramo dolciario. Uova di Pasqua sponsorizzate a suon di caritatevoli intenti. Altro strepitoso cachet: 1,2 milioni. E bricioline ai bisognosi: 36 mila euro. Versati, anche in questo caso, solo dall’azienda: Dolci Preziosi. E sempre prima della commercializzazione dei dolci di cioccolata. Tanto da far ipotizzare ai malevoli un «metodo Ferragni».
Vacilla la reputazione. E soprattutto i fatturati. Non resta che far intervenire la dolce metà dal cuore di latta: Federico Lucia, in arte Fedez. Ricorda agli smarriti follower la loro più leggendaria impresa benefica: «Abbiamo fatto una raccolta fondi di quattro milioni e abbiamo costruito una terapia intensiva da 150 posti letto in dieci giorni, che ha permesso di salvare centinaia di vite. Al governo e alla Regione Lombardia sono serviti dieci milioni per costruirne una dopo mesi». Incorre però in una leggendaria strigliata, a ulteriore riprova della capziosità del munifico duo. Grazie a loro, rettifica il Pirellone, furono creati 14 posti letto. E non i 150 vantati dal rapper. Il resto venne invece realizzato grazie alle donazioni di seimila privati, che non si sono scapicollati per menar vanto.
Nell’improbo tentativo di restituire l’onore alla moglie, Fedez rivendica pure i soldi meritoriamente raggranellati, ancora durante la pandemia, per aiutare i lavoratori dello spettacolo. Nella foga di appuntarsi la medaglia, si lancia però in un’altra intemerata, stavolta contro il ministero della Cultura. «Aveva raccolto in un anno mezzo milione di euro» polemizza il rapper. «Io da solo, chiuso dieci giorni in casa, ho raccolto tre milioni e, in un anno, sette». Il dicastero rettifica: non mezzo milione, ma 355 mila. Comunque, come rivelato in un’inchiesta di Panorama del settembre 2022 sui «Beneficiati del Covid», anche le società di Fedez hanno ricevuto aiuti statali nel periodo pandemico: nonostante i floridi fatturati, chiedono e ottengono nel 2021 il bonus del decreto sostegni bis. Ricevendo, in totale, 280 mila euro.
Le smargiassate di Fedez confermano: serve più rivendicare che fare. Pregevole ritorno d’immagine assicurato, come dimostra la decisione dell’Antitrust. Loro ne hanno fatto una bandiera. Nel 2018, per i 29 anni del cantante, viene organizzata una festa in un supermercato di City Life a Milano. Con epilogo da bimbiminkia: verdure in mano e lanci di panettone. Alle prime critiche dei follower per lo spreco di cibo, la coppia decide un’estemporanea via d’uscita, filmata a loro insaputa: «Diciamo che lo diamo in beneficenza…». Beh, certo. Grande idea. Una sfrenata e fragorosa bontà, sempre ostentata sui social, che incanta pure Beppe Sala, sindaco di Milano. Nel 2020 gli consegna l’Ambrogino d’oro. Che adesso, dopo il «pandoro gate,» Fratelli d’Italia chiede di revocare.
Onorificenze a parte, i Ferragnez sapranno riprendersi dalla tranvata reputazionale? E le aziende rinunceranno ai loro servigi? Società pronte a sborsare cifre inimmaginabili per incantare il loro capitale umano: 45 milioni di follower, 30 lei e 15 lui. Tanto per capirsi: secondo Hopper HQ, che fa analisi sui social media, Ferragni guadagna fino a 82.100 dollari a post. La lista delle sponsorizzazioni è sterminata. Partiamo dalla moda. Nell’elenco c’è di tutto. Dai pigiamoni di flanella alla borse inaccessibili. Brand popolari, come Calzedonia e Intimissimi. Marchi più ricercati, vedi Falconeri e Max Mara. Le maison più esclusive del pianeta: Chanel, Louis Vuitton, Prada, Bulgari. Poi le creme Yepoda, lo shampoo Pantene, i gioielli Morellato. E poi l’alimentare, usato per quella falsa beneficenza. La Nespresso le ha dedicato il caffè in capsula «Milano Intenso»: un’edizione limitata costosissima, ovviamente. Come le bottigliette di acqua Evian con l’occhio, il logo dell’influencer: otto euro per 750 ml.
Il business di Chiara, però, non ha confini. L’ultimo spot girato è per i modelli elettrici della Bmw, «contro i pregiudizi». Ovvio: i cattivoni sarebbero quelli che la giudicano senza sapere. «Perdonali perché non sanno quel che fanno» commenterebbe il redento Casarini, tra un bonifico e l’altro inviatogli dalla Cei. Per la sua insuperabile bontà, Ferragni è entrata pure nel cda di Tod’s visto l’«impegno sociale e la solidarietà verso il prossimo». Anche Fedez ha una lista di sponsorizzazioni interminabili ed eterogenee: la compagnia telefonica Vodafone, il colosso Amazon, la Peugeot 308, il whisky Johnnie Walker, un panino di McDonald’s, i costumi da bagno Yamamay, i Baci Perugina, la cartoleria Pigna, i borsoni Carpisa. E persino lo smalto da uomo NooN.
Prima del clamoroso inciampo, il loro brand sembrava inarrestabile. Oltre alla beneficenza pelosetta, la coppia condivide un sensazionale fiuto per gli affari. L’impero di famiglia conta su undici società e un fatturato di oltre 50 milioni in decisa crescita. Partiamo dall’imperatrice dei social. Fenice, che commercializza il brand Chiara Ferragni, dall’abbigliamento ai gioielli, vanta ricavi per 14,3 milioni, più che raddoppiati rispetto al 2021. Tanto che la società viene valutata 75 milioni. L’altra azienda è Tbs Crew. Segue le altre attività, in particolare la gestione dell’immagine. Anche in questo caso, il fatturato è lievitato: dai 7,1 milioni del 2021 a 14,5 milioni del 2022. Brillanti pure i risultati di Sisterhood, ramo campagne pubblicitarie: 4,5 milioni di fatturato e 2,4 di utili. Gli affari di Fedez, già svelati in un’altra inchiesta di Panorama, sono invece gestiti soprattutto dall’onnipresente madre: Annamaria Berrinzaghi, detta Tatiana. Alla famiglia del cantante sono riconducibili sette società. La capogruppo è Zedef. L’ultimo bilancio registra utili in crescita: quasi quattro milioni. La palindromica società detiene soprattutto Zdf, ramo operativo del gruppo: quasi 5,3 milioni di ricavi nel 2022. La società, a sua volta, possiede il 49 per cento di Doom entertainment. Core business: scovare «performer, influencer e youtuber». Il bilancio 2022 è stato chiuso con oltre dieci milioni di ricavi, in vivace crescita.
Quest’anno l’impero di famiglia si è ampliato. Il 17 febbraio 2023 viene fondata Muschio selvaggio, con lo youtuber Luis Sal. Una settimana dopo è creata Happy Seltz: metà in mano a Zedef e il resto a una società controllata da Camillo Bernabei, quarta generazione di una storica famiglia che distribuisce vino. Lo scorso giugno nasce l’ultima impresa: Tubo, attiva nel «commercio all’ingrosso di bevande alcoliche». È controllata al 57 per cento da Happy Seltz. Il 40 per cento appartiene invece alla holding Lmdv capital: acronimo di Leonardo Maria Del Vecchio, quarto figlio del fondatore di Luxottica. Il restante tre per cento è della J Project del rapper Lazza. Nell’estate 2023 viene dunque lanciato Boem, un hard seltzer a basso contenuto alcolico, poi diventato «official partner» del Milan.
Non solo vil danaro, ovviamente. L’artista ha creato anche la Fondazione Fedez Ets. L’anno scorso ha raccolto 342 mila euro: 180 li ha versati lo stesso Fedez, godendo di vantaggi fiscali. Soldi usati per tre progetti. L’aiuto a bambini con patologie neurologiche della fondazione Tog di Carlo De Benedetti, già editore di Repubblica e tessera numero uno del Pd. Poi, le missioni in Ucraina della Croce rossa. Infine, uno skate-park a Rozzano, nella periferia milanese. Ritorno d’immagine assicurato. Vista la comune passione per gli ultimi, ci permettiamo di suggerire, seguendo l’esempio della Chiesa, un altro nobile versamento: a Mediterranea di Casarini. Il rapper Ghali un anno fa ha acquistato, grazie al crowdfunding, una lancia per la ong del pirata no global diventato apostolo. Fedez potrebbe seguire il suo esempio. Tanto da aver già annunciato, tra il serio e il faceto, di voler comprare una nave per il salvataggio dei migranti: «Ci voglio stampare la mia faccia». Di bronzo.