Cronaca e retroscena, impunità e mosse estreme, comprimari e «mandanti» (anzi, «mandante») nella caduta di Andrea Agnelli, presidente del club bianconero.
John Elkann non poteva non sapere. È credibile e verosimile che ignorasse ciò che da anni nascondevano i reali bilanci della Juventus? Come è possibile che la gestione scriteriata, sfrontata e arrogante di Andrea Agnelli & C. sia avvenuta all’insaputa e senza alcun controllo da parte di Exor, vale a dire John Elkann? Possibile che Andrea fosse riuscito a tenere all’oscuro il «padrone» del club, l’azionista di maggioranza, uno che vuole vedere tutto, sapere tutto e, nel caso del cugino, è sempre stato alla ricerca di occasioni per coglierlo in fallo?
E inoltre: John, ogni volta in cui la «sua» Exor, di cui è amministratore delegato, versava milioni di euro per ricapitalizzare le voragini finanziarie dei bianconeri, non si è mai posto domande, non si è rivolto ad analisti esterni, non ha chiesto notizie ai suoi uomini (e alle sue donne) che ha inserito nel cda della Juve, a partire dall’ex a.d. Maurizio Arrivabene dopo i cinque anni di insuccessi alla Ferrari? In sostanza, Agnelli – oltre a metterci molto del suo – è caduto in una trappola che ha costruito con le sue mani, oppure è stato proprio il cugino ad approfittare dell’inchiesta giudiziaria e della Consob e a chiudere la partita manageriale con lui? Adesso come verranno accolte dai board di Stellantis ed Exor le «imprese» e i comportamenti di Andrea, che siede anche in quei consessi? Il famoso Codice etico, con relative sanzioni, di queste grandi corporation viene applicato solo ai dipendenti più deboli, è un orpello senza significato, o serve a qualcosa?
Che si sia trattato di un’autentica resa dei conti ordita da John sono in molti a sostenerlo, giacché da tempo il suo intento sarebbe regolare quanto rimasto in sospeso. A comiciare da una sfida di cui Andrea avrebbe potuto facilmente fare a meno e che è stato egli stesso a rivelare. Nella sua lettera d’addio english version ai dipendenti della Juve dopo esser stato dimissionato, Andrea, parlando dei suoi «successi», ha buttato lì questa frase: «Il deal con Volkswagen (pochi lo sanno)». Bisogna risalire all’estate 2012, anno in cui andò a scadenza il contratto dei due sponsor di maglia BetClic e Balocco; la Juventus chiuse allora un accordo triennale con il marchio Jeep per 35 milioni di euro, una sponsorizzazione che vide il brand automobilistico della Fiat associarsi al club bianconero fino al 2015 e poi fino a oggi.
Nei giorni precedenti la firma, però, Andrea stava già concludendo con Volkswagen. Sergio Marchionne era andato (giustamente) su tutte le furie: i 35 milioni versati dal brand di Exor avrebbero potuti essere di meno, ma non era pensabile vedere il logo di una casa automobilistica concorrente sulle maglie della Juve. Questa cosa John potrebbe non averla dimenticata. Appare davvero sciocco da parte di Andrea tirar fuori quella storia dieci anni dopo, per di più quasi facendone motivo di vanto («pochi lo sanno»). Nella lettera, l’ex presidente sembrerebbe aver perduto la trebisonda e cita addirittura, in inglese, Friedrich Nietzsche: «And those who were seen dancing were thought to be insane by those who could not hear the music» («E coloro che furono visti ballare furono considerati pazzi da coloro che non potevano sentire la musica»).
Qualche giorno dopo, la sua poetica citazione veniva clamorosamente smentita da un altro tipo di linguaggio ben più prosaico, ripreso da un’intercettazione telefonica della Guardia di Finanza in cui Andrea, spiegando ad Arrivabene le ragioni di certi trucchi di bilancio, dice: «Abbiamo ingolfato la macchina con ammortamenti e soprattutto la merda… perché è tutta la merda che sta sotto che non si può dire». Andrea non si è ancora ripreso da quello che gli è accaduto e gli sta accadendo. La «trappola» che John ha fatto scattare nel cda del 28 novembre è stata congegnata alla perfezione dall’inglese Suzanne Heywood, la nuova pupilla di Jaky. Nata nel 1969 a Southampton, da quando aveva sette anni (fino a 17) ha navigato per il mondo con la famiglia a bordo della goletta Wavewalker.
Nel 1977 l’imbarcazione fu quasi distrutta da una tempesta tra l’Africa e l’Australia. Suzanne era sotto coperta, subì un grave trauma cranico, mentre suo padre finì in mare ma si salvò per miracolo aggrappandosi all’ancora. Laureata a Oxford, dottorato a Cambridge in filosofia, Suzanne ha lavorato nella multinazionale di consulenza strategica McKinsey, poi per il governo britannico al ministero del Tesoro. Ha fatto parte della Royal Opera House e della Royal Academy of Arts.
John l’ha conosciuta sei anni fa durante un weekend sinfonico e artistico col suo amico fraterno Carlo Ratti, un raffinato architetto torinese. È entrata nell’orbita dirigenziale di Torino, è diventata amministratore del settimanale The Economist, è stata cooptata nel cda della Juventus un anno fa. Dal 1° novembre John l’ha nominata chief operating officer di Exor. Ha avuto modo dunque di «osservare» l’operato di Andrea, vedendo tante cose e tenendo John costantemente informato. Due settimane fa ha deciso che era arrivato il tempo per il presidente della Juventus.
Andrea è rimasto stordito, anche se da giorni farebbe circolare l’ipotesi di essere pronto a un grande colpo: aspettare che le acque si calmino, comprarsi la Juve, rastrellare azioni (il prezzo è molto basso), aggiungerle al proprio personale pacchetto intestato a fondi londinesi (amministrati da Antonio Giraudo), naturalmente dopo aver chiesto a John di consentirgli la nascita della Juventus 2.0. Elkann ama monetizzare, vendere la Juve sarebbe disfarsi di un peso. Non crede alle bandiere e in questo modo si libererebbe di tanti impicci.
Tra l’altro, a proposito di questo imbarazzante «non poteva non sapere», purtroppo per lui oggi a Torino non c’è più Vittorio Chiusano, il vero «avvocato dell’Avvocato» Gianni, colui che riuscì a far svanire l’incubo che quasi trent’anni fa ai tempi di Tangentopoli aveva scosso corso Marconi. Chiusano era riuscito a convincere la magistratura che il Gruppo era talmente vasto che il «numero 1» non poteva sapere ogni cosa che succedeva in tutte le province dell’Impero. Ecco, senza più Chiusano, a Torino sembra tirare una brutta aria. Lo confermerebbe il fatto che gli avvocati della Juventus hanno già chiesto alla Cassazione di spostare tutto a Milano, sede della Consob, o a Roma. Un fatto che qualcuno potrebbe leggere come un segno che a Torino non ci sono più i forti «agganci» di un tempo. Chissà perché John non si avvale dell’esperienza e della capacità di uno dei pochi che sarebbero in grado di risolvere i problemi: l’avvocato Michele Briamonte.
Cercare di portar via a Torino l’inchiesta sulla Juve potrebbe far pensare che non abbia avuto esito l’ipotetica mossa di John di usare il cugino come «agnello sacrificale» anche in virtù di un accordo coi piani alti del palazzo di Giustizia. Come a dire: «Vi do la testa di Andrea e faccio piazza pulita: un bel maquillage vi può bastare?». Tre pm della Procura di Torino, mettendo sotto controllo telefoni e mail dell’ex presidente bianconero, hanno ascoltato quel che diceva imprudentemente Jaky nel corso di quelle comunicazioni con il cugino. John non è indagato soltanto poiché non riveste cariche sociali nella Juventus Spa, ma – scrivono i magistrati – «appare pienamente a conoscenza delle problematiche finanziarie e soprattutto delle cosiddette manovre correttive», che poi per la Finanza sono «manovre illecite», «studiate al fine di alleggerire i bilanci e consentire la permanenza sul mercato della Juventus, senza perdere i pezzi pregiati».
John, quindi, sarebbe consapevole della situazione al punto che – annota la Guardia di finanza – riferisce di aver parlato con Massimiliano Allegri, il quale deve fare attenzione «a non dire che le politiche che sono state fatte in questi anni erano dissennate, si è speso un sacco di soldi per dei giocatori che non sanno (…)». Era accaduto che l’allenatore si era subito accorto dell’andazzo: invece di trattare calciatori di cui la Juve aveva bisogno, avrebbero trasformato la campagna acquisti in un’occasione per plusvalenze gonfiate. È di quei giorni un colloquio intercettato tra Allegri e il direttore sportivo Cherubini: «Devi capire che il mercato dell’anno scorso era fatto solo di plusvalenze, quindi era un mercato del cazzo», si lamenta l’allenatore. Anche John e Andrea concordano sul punto riguardante «l’eccessivo ricorso allo strumento delle plusvalenze». Ed è John a dettare la linea: «Quelle erano le prerogative dei mercati in quel momento, adesso bisogna gestire le cose al meglio (…) tanto, alla fine, di quello che hanno fatto gli altri prima chi se ne frega!». Agnelli replica: «Sì, sì sono d’accordo, sono perfettamente d’accordo».
In questo autentico scandalo ci sono risvolti e componenti di tipo caratteriale da non sottovalutare. Quel che è accaduto in queste settimane nel corso della resa dei conti tra John e suo cugino Andrea passa anche, inevitabilmente, per il loro imprinting, le fortune piovute su di loro senza che versassero una goccia di sudore e sapessero cosa vuol dire meritarsi ciò che il destino e il diritto dinastico ti ha concesso. E, soprattutto, quali doveri impongono le regole della (ex) Royal Family. Qui sta il nodo del problema: Andrea si chiama Agnelli, John invece no. Andrea con il proprio comportamento «sporcherebbe» l’immagine del Casato. John invece, oltre all’aspetto da bravo ragazzo (che in realtà nasconde una risolutezza impietosa), ha il merito di aver reso più redditizie cedole e dividendi, con sommo gaudio di tutto il parentado, compreso il ramo di Allegra, vedova di Umberto Agnelli, e dei suoi due figli: Anna e, appunto, Andrea. Ora, per contrappasso, quello che John con una mano ha dato al cugino gliel’ha portato via con l’altra.
I maligni potrebbero immaginare una sorta di sadico piacere da parte del padrone di Repubblica e Stampa quando, ogni mattina, fa servire ai lettori (sempre meno…) dei suoi giornali le intercettazioni telefoniche di Andrea e dei suoi collaboratori più stretti (omettendo le parti che riguardano ciò che dice Elkann al telefono…). John sembra aver voluto dimostrare una sola cosa: come può essere degno di chiamarsi Agnelli uno che parla e si comporta in quel modo? E ora le donne di Casa Agnelli, cioè Allegra e sua figlia Anna, sono preoccupate per il destino di Andrea. Sorride invece l’unica donna di casa Elkann, cioè Lavinia Borromeo, moglie di John, che lui chiama «Lav», sia come diminutivo del vero nome che nella pronuncia di «amore» in inglese.
Lei si è presa la rivincita: finalmente si sarebbe capito che non è una bella persona chi, come Andrea, ha persino portato via la moglie al proprio miglior amico, Francesco Calvo. Che John ha voluto tornasse alla Juve come dirigente dopo anni di ostracismo.