Aleggava la figura di Luca De Meo nella sala riunioni della sede milanese della società di consulenza Alixpartners. L’occasione era la presentazione alla stampa del celeberrimo rapporto annuale sullo stato di salute dell’industria automobilistica mondiale, ma inevitabilmente qualche battuta è stata riservata alle improvvise e inaspettate dimissioni del manager italiano dai vertici della Renault, da lui rilanciata alla grande e abbandonata per passare al lusso della Kering. «De Meo è un uomo intelligente, è uscito al momento del suo maggior successo» ha commentato Dario Duse, numero uno di Alixpartners in Italia. Da notare , ha ricordato Duse, che nell’industria del lusso non sono pochi i manager provenienti dell’auto, soprattutto nella gestione del ciclo produttivo e logistico.
La scelta di uno dei più apprezzati «car guy» in Europa, papà della 500 e artefice del rilancio di Seat prima di approdare a Parigi, sembra proprio un segno dei tempi: addio industria dell’auto, destinata ad una crescita modesta, con profitti in calo, iper-regolata da Bruxelles e assediata da case cinesi svelte e tecnologicamente avanzate. Naturalmente le ragioni di De Meo saranno state anche altre, ma il quadro che emerge dal 22° Global Automotive Outlook Alixpartners rispecchia le ombre su un settore che ha guadagnato montagne di utili dal 2020 a 2024 (ben 642 miliardi di dollari a livello globale) e che ora vede i suoi margini ridursi.
Secondo il nuovo rapporto della società di consulenza, il settore automobilistico mondiale si prepara a una crescita molto contenuta nei prossimi anni. Le vendite globali di veicoli leggeri aumenteranno infatti solo dell’1% nel 2025 a quota 89,7 milioni di vetture e del 2% annuo fino al 2030. La situazione appare particolarmente difficile per Europa e Stati Uniti, dove si prevede un leggero calo nel 2025 (-1%), compensato dalla crescita del 3% in Cina. Il mercato cinese è il più grande del mondo con 27,3 milioni di immatricolazioni previste per quest’anno e oltre 30 milioni nel 2023. Lo studio evidenzia come i veicoli elettrificati (NEV – New Energy Vehicles), che includono BEV (auto elettriche), PHEV (ibridi plug-in) e REEV (veicoli elettrici con motore-generatore dedicato alla carica delle batterie), rappresenteranno il 30% del mercato globale entro il 2030. In Europa, la spinta regolatoria porterà la quota NEV al 48% nello stesso anno, con la quota di PHEV più REEV in crescita dal 5% all’8%. In Cina, le auto elettrificate hanno già il 50% del mercato e saliranno a quasi l’80% a fine decennio. Ma i margini delle case cinesi sono più bassi di quelli dei concorrenti occidentali, data la presenza di tantissimi produttori (troppi) e di una feroce guerra dei prezzi, scesi in media del 16% nel giro di un anno e mezzo. Tanto che si parla anche di un possibile «collasso» del settore in Cina.
Complessivamente comunque il mercato dell’auto si fa così sempre più competitivo e soggetto a frequenti cambiamenti improvvisi e profondi, dove «un nuovo modello operativo incentrato sull’agilità, sull’attenzione ai costi e ai tempi di sviluppo diventa ancora più necessario, come già evidenziato nelle precedenti edizioni dello studio» sottolineano i consulenti di Alixpartners.
L’avanzata delle case cinesi e la crisi della produzione europea
Le case automobilistiche cinesi, sempre più avanti in termini di tecnologie e di agilità, sono destinate a raddoppiare la loro quota di mercato europea, portandola al 13% entro il 2030 (10% escludendo la Russia), anche grazie alla progressiva localizzazione produttiva. Secondo le previsioni, gli operatori cinesi dovrebbero aumentare la produzione annua in Europa di 800.000 veicoli entro il 2030, mentre i costruttori europei potrebbero ridurla di 400.000 veicoli. Queste dinamiche si inseriscono in un contesto già critico per la filiera europea, che ha visto la saturazione media degli stabilimenti di assemblaggio scendere dal 75% al 55% tra il 2017 e il 2025 (in Italia, addirittura dal 75% ad un misero e preoccupante 35%).
Italia: volumi stabili e prezzi in crescita
Per l’Italia, i volumi sono previsti stabili intorno a 1,8 milioni di veicoli, ben lontani dai 2,1 milioni del 2019. La contrazione è strutturale e legata anche all’aumento dei prezzi delle auto, cresciuti del 40-70% tra 2019 e 2024, a fronte di un aumento medio degli stipendi del 12%. Il calo più forte ha riguardato i segmenti A-B, ridotti di 300 mila veicoli venduti, mentre i SUV sono diventati la tipologia più apprezzata. Nel 2024 si è registrato un recupero dei fornitori rispetto alle case automobilistiche, «correggendo» l’anomalia degli ultimi 4 anni post-COVID, durante i quali i costruttori avevano beneficiato di aumenti di prezzo sostenuti dalle interruzioni nelle catene di fornitura. Tuttavia, l’industria registra una generale riduzione della capacità di generare flussi di cassa e di copertura degli interessi finanziari.
Le sfide dell’auto europea
«Il settore automotive europeo vive una fase di forte tensione per via delle numerose sfide contemporanee da affrontare: volumi stagnanti, rallentata crescita dell’elettrificazione, tensioni geopolitiche, sovracapacità produttiva, e un sempre maggiore gap nel modello operativo, che stenta a recuperare il divario di tempi, costi e innovazioni tecnologiche dei nuovi NEV players» ha detto Duse. «Il tutto è oggi aggravato anche dall’incertezza e dai rischi legati ai dazi. I costruttori occidentali hanno resistito alle sfide recenti anche operando un’attenta gestione dei prezzi, in forte rialzo a partire dal Covid. Ma la situazione di mercato attuale impone una virata decisa e un approccio che miri all’agilità per mantenere redditività (scesa di nuovo sotto al 10% per i costruttori) e competitività, anche attraverso l’innovazione di prodotto, lo snellimento dei processi di sviluppo e l’utilizzo delle opportunità offerte dall’intelligenza artificiale».
«L’Europa, seppur spinta solo dalla normativa, marcia comunque verso l’elettrico a velocità doppia rispetto agli Stati Uniti, con il 40% di BEV previsto al 2030» ha aggiunnnt Emanuele Cordone, director della divisione Automotive. «Ma in Europa le vendite complessive non sono previste in crescita e la quota di mercato dei brand cinesi raddoppierà di qui al 2030 – passando dall’8% al 13% (dal 5% al 10% esclusa Russia). Simile trend prevediamo per l’Italia, dove gli oltre 2 milioni di volumi che si raggiungevano prima del Covid non torneranno più, anche per via della crescita media dei prezzi dei modelli più diffusi (+40-70% in 5 anni), che risultano sempre più lontani dalle tasche degli acquirenti».
Europa «terra di conquista»
Continua la spinta verso l’export da parte dei player cinesi, primi esportatori al mondo e in ulteriore crescita, ma chiamati a consolidarsi in un mercato iper-competitivo e con il controllo di parti vitali della supply chain, come i minerali critici per la produzione. Questo scenario sta portando alla creazione di un polo cinese e uno protezionistico americano, con l’Europa che rischia di diventare «terra di conquista».
«Un’attenta selezione e adozione di strumenti basati sull’intelligenza artificiale, e uno snellimento dei processi e dei tempi di sviluppo e di innovazione, sono fondamentali per recuperare l’agilità necessaria a navigare le sfide del settore, che sta vivendo disruption sempre più frequenti. Il divario rispetto alle case automobilistiche cinesi può essere ridotto adottando soluzioni legate all’intelligenza artificiale nelle fasi di progettazione e test, per erodere i vantaggi di costo dei new player cinesi, oggi al 30% rispetto ai competitor occidentali» ha sottolineato Duse.