Torna il redditometro per schedare i contribuenti italiani, roba da non crederci. La novità fiscale è contenuta nel decreto ministeriale del 7 maggio a firma del viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ed è stata pubblicata nei giorni scorsi sulla Gazzetta Ufficiale. Obiettivo di questa misura è combattere l’evasione consentendo all’Agenzia delle entrate di ricostruire, privilegiando il dato puntuale raccolto da indagini, la reale capacità contributiva del contribuente, rispetto a quanto dichiarato.
Da specificare che il redditometro non è una nuova misura, ma risale al 1993, quando era chiamato “strumento di accertamento sintetico”, poi nel corso degli anni è stato rivisto, modificato e cancellato. L’attuale redditometro, riprende da dove il suo predecessore si era fermato (accertamenti fino al 2015) e corregge “una stortura che si è creata nel 2018, quando il Governo Conte 1 ha abolito il redditometro del Governo Renzi, e aveva contestualmente stabilito che si dovesse emanare un nuovo decreto con dei paletti precisi a garanzia del contribuente, in modo da limitare al minimo il contenuto induttivo dell’accertamento”, ha spiegato ieri Leo dopo che Forza Italia e Lega si sono dissociate da questa misura. Tensione che ha portato alla decisione di far spiegare a Leo, nel prossimo Cdm, le novità del redditometro.
Una misura che sicuramente pone dei paletti rispetto al passato ma che ha come obiettivo sempre quello di schedare i contribuenti alla ricerca dell’errore. Una nota positiva è che il nuovo redditometro ha messo nero su bianco come devono prevalare le informazioni rispetto ai vari calcoli fatti dall’Agenzia delle entrate: “In ogni caso l’ammontare delle spese risultante dalle informazioni presenti in anagrafe tributaria o acquisite in sede di contraddittorio con il contribuente si considera sempre prevalente rispetto a quello calcolato induttivamente sulla base degli elementi di capacità contributiva indicati nella tabella A o sulla base delle spese desunte da studi e analisi socio-economiche di settore”, si legge dal testo del decreto fiscale. Aspetto sicuramente importante visto che da quando sono ripresi gli accertamenti sintetici, che con il Covid erano stati sospesi, mancando un testo di riferimento i controlli che venivano fatti non avevano limiti da rispettare. L’attuale decreto mette invece dei paletti, anche se molto ampi, entro cui il fisco può muoversi. Tra le voci tra sbirciare ci sono le spese, per esempio, relative alle scarpe comprate, le visite mediche, le vacanze, i pasti fuori casa, le spese per i vari trasferimenti, l’acqua del condominio e il mutuo. A queste si devono aggiungere anche tutte le informazioni derivanti dalla fattura elettronica. Dati che in passato non era possibile usare, visto che figurano anche informazioni delicate e che con le questioni fiscali poco hanno attinenza. L’inserimento di queste voci è però stato permesso dopo un confronto con il Garante della privacy e il suo relativo consenso. Altra novità l’Istat. Ci possono infatti essere delle voci di spesa per cui diventa difficile avere un dato preciso e in questo caso si andranno ad usare le indagini annuali prodotte dall’istituto sulle spese delle famiglie, o altre analisi e studi socio-economici.
Per rendere il grande fratello più preciso si sono anche creati undici diverse tipologie di nuclei familiari (esempio: persona sola con meno di 35 anni, coppie senza figli, coppie senza figli con 65 anni o più), suddivisi in base a 5 macro aree geografiche. L’obiettivo? Stimare la capacità contributiva di riferimento.
La prova spetta sempre al contribuente
Unica nota positiva, nel caso in cui si finissi impigliati in queste maglie sono le nuove regole sul contraddittorio preventivo: il cittadino ha a disposizione un doppio con l’Agenzia delle entrate, ma dovrà sempre dimostrare che il finanziamento delle spese è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d’imposta studiato, oppure che si tratta di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, o comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile. Il contribuente può poi anche dimostrare che l’ammontare delle spese, che gli sono state imputate dall’Agenzia delle entrate, hanno un diverso importo o che la quota del risparmio utilizzata, per consumi e investimenti, si è formata nel corso di anni precedenti.
Ciliegina sulla torta, i controlli partiranno dal 2016 in poi. E’ il caso di dire che non si sentiva la necessità di un nuovo redditometro.
Davvero questo è lo strumento con cui il governo vuole combattere l’evasione fiscale? Ma davvero ha senso utilizzare una cosa che, anche se modificata, è figlia di una cosa inutile? E che tra l’altro sta dividendo al suo interno la maggioranza? Bene quindi ha fatto la Meloni a chiarire le cose con una mossa molto simile ad una retromarcia…