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Senza rimborso

Senza rimborso

Voli cancellati, concerti annullati, abbonamenti sospesi? Inutile sperare di riavere indietro i soldi. Al massimo un voucher da spendere «in un’altra occasione». Una pratica scorretta, che ha ricevuto una condanna anche dalla Commissione europea. Ma che il governo continua a tollerare.


Il cliente ha sempre ragione, si diceva una volta. E invece, passato lo tsunami, i furbetti del coronavirus si sono organizzati per taglieggiare centinaia di migliaia di italiani. Centinaia di concerti, migliaia di matrimoni, stagioni teatrali, pacchetti di viaggio, partite di calcio… tutto annullato per l’emergenza sanitaria. E, come risarcimento, nulla. Proprio ora, con la crisi economica destinata ad aggravarsi, i più semplici diritti dei consumatori vengono calpestati.

Colpa, anche, del pasticciato decreto Cura Italia, poi convertito in legge dal Parlamento, che ha consentito alle multinazionali e ai colossi del turismo e dell’intrattenimento di farsi beffe dei contratti stipulati con i cittadini. C’è da chiedersi a che cosa pensassero i circa 450 consulenti del governo, divisi in almeno 15 commissioni, quando hanno previsto che chi ha venduto voli aerei, pacchetti turistici, spostamenti in treno, manifestazioni o eventi di qualsiasi tipo, poi cancellati o rinviati a causa del coronavirus, potesse scegliere, unilateralmente, se procedere con un rimborso in denaro oppure con un voucher, cioè un buono equivalente da usare in futuro.

È l’articolo 88 bis, «Rimborsi di titolo di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici». L’occasione era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. E così è iniziato il calvario di chi sta cercando di recuperare quanto già speso. Molte società hanno poi scoperto che dal caos rimborsi poteva derivare un ulteriore guadagno: quello dei call center a pagamento, muti per ore ma capaci di prosciugare schede telefoniche e far lievitare le bollette delle compagnie di telefonia che riversano parte dei guadagni proprio a quelle società che invitano a chiamare per avere informazioni.

Paolo Manca, presidente di Federalberghi Sardegna, afferma che «la politica delle compagnie aeree, che stanno cancellando decine di voli, produce più danni del Covid-19. I nostri alberghi stanno ricevendo migliaia di disdette. È un disastro organizzativo che rende insicura la vacanza sulla nostra isola. Le cancellazioni dei voli sono delle barriere all’ingresso che ci costano milioni di euro, i nostri albergatori sono alle prese con decine di chiamate disperate dei clienti».

Interpellata, l’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, non sa quantificare le cancellazioni. Ma fonti Alitalia confermano che questa estate stimano di far volare solo il 40 per cento dei passeggeri della scorsa stagione. Eppure i biglietti continuano a essere venduti e poi cancellati. Il governatore della Sicilia Nello Musumeci ha portato il problema all’attenzione del ministro dei Trasporti Paola De Micheli.

Anche i passeggeri EasyJet hanno acquistato voli che sono stati annullati, senza spiegazione né aiuto a prenotare altri viaggi. Elisabetta, giovane madre milanese, aveva acquistato i biglietti per un volo da Malpensa a Olbia per i primi di luglio per tutta la famiglia, genitori compresi. Con i voli aveva già pagato anche il residence. Poi la cancellazione, e giornate passate tra tentativi di parlare con il call center e la ricerca di altri aerei o traghetti per arrivare in Sardegna. «Mai più con EasyJet» dice oggi Elisabetta.

A lei, come a tutti gli altri clienti EasyJet, per settimane è stato offerto soltanto un voucher da spendere entro un anno per un altro volo. Pratica che ha provocato i richiami della Commissione europea e, infine, dell’Enac, che ha minacciato sanzioni alle compagnie che non applicano il regolamento europeo che prevede il rimborso in denaro o il ricollocamento su altre tratte; considerando oltretutto che, dal 3 giugno, non si può più sostenere che i voli vengano cancellati per il coronavirus, si tratta evidentemente di mere scelte commerciali.

Alle domande di Panorama, la compagnia low-cost ha risposto così: «Stiamo cercando di trasferire i passeggeri su voli confermati, così da portare il maggior numero possibile di clienti verso le loro destinazioni. Per coloro che non desiderano più viaggiare, offriamo la possibilità di modificare la propria prenotazione senza costi aggiuntivi. Qualora non fossimo in grado di trasferire i passeggeri su altri voli, li informeremo via email che il loro volo è stato cancellato, fornendo le diverse opzioni a disposizione. I clienti possono effettuare il trasferimento su un altro volo gratuitamente oppure richiedere un voucher contattando il nostro centro di gestione clienti. Possono inoltre richiedere un rimborso tramite il nostro Covid Help Hub».

Bugie. I rimborsi, anche dopo i richiami di Enac, stentano ad arrivare e la compagnia continua a vendere e cancellare voli sistematicamente. «Tutto ciò è in contrasto con le normative europee e con il Codice civile» afferma l’avvocato Carmelo Calì, responsabile nazionale trasporti e turismo di Confconsumatori. «Anche perché i voucher, di voli o pacchetti turistici, non si possono sostituire o trasferire a terzi e il periodo di un anno per utilizzare i voucher è troppo breve».

Il governo però finge di non accorgersi di quanto sta accadendo. «Già il 3 giugno avevamo scritto al premier Conte e ai presidenti di Camera e Senato chiedendo che modificassero la legge» prosegue Calì. «Non abbiamo ricevuto risposta. Abbiamo chiesto un tavolo di lavoro e ancora niente. Allora abbiamo lanciato una petizione online indirizzata anche al presidente della Repubblica, che ha già raccolto oltre 20.000 firme e abbiamo inviato una diffida alle compagnie aeree. I voucher sono di fatto carta straccia, ancora una volta non si perde occasione per calpestare i diritti dei consumatori, proprio quando l’emergenza Covid dovrebbe suggerire maggiore attenzione ai loro diritti, che invece vengono sacrificati».

Alitalia, che dopo i 3 miliardi di finanziamento pubblico previsti dal decreto Rilancio torna a essere, di fatto, compagnia di bandiera, ha ringraziato i contribuenti italiani vendendogli voli fantasma. Come quelli in partenza dall’aeroporto di Linate, pur sapendo che sarebbe rimasto chiuso ben oltre le date di imbarco. Abbiamo chiesto spiegazioni ai vertici di Alitalia che ci hanno risposto che, nel caso lo scalo milanese non avesse riaperto, i voli sarebbero comunque partiti da Malpensa, «in fondo si tratta della stessa città». Peccato che Malpensa si trovi in un’altra provincia (Varese) e a 100 euro di tariffa taxi.

Stesso discorso per le società di calcio. Campionato sospeso per mesi e ripreso a porte chiuse. La Figc, Federazione gioco calcio, non ha voce in capitolo, può solo raccomandare linee di comportamento, ma al 24 giugno non ve n’è traccia. E allora ogni società può decidere come gli pare. Anche se una linea comune c’è: molte società di Serie A, interpellate, confermano di aver arbitrariamente deciso di risarcire i propri tifosi più fedeli con l’emissione di un voucher valido per la prossima stagione. E se per mille motivi, non ultima la crisi economica, alcuni di quei tifosi decidessero di prendersi una pausa, peggio per loro. I rimborsi in denaro sono previsti solo per i biglietti di singole partite, non per gli abbonamenti.

In delirio di rabbia anche gli appassionati di musica. L’11 giugno sir Paul MCartney ha tuonato contro gli organizzatori dei suoi due unici concerti in Italia, il 10 giugno a Napoli e il 13 a Lucca: «È veramente scandaloso» ha scritto l’ex Beatle su Facebook «che coloro che hanno pagato un biglietto per uno show non possano riavere i loro soldi. Siamo fortemente in disaccordo con ciò che il governo italiano e Assomusica hanno fatto. A tutti i fan degli altri Paesi che avremmo visitato quest’estate è stato offerto il rimborso completo. L’organizzatore italiano dei nostri spettacoli e i legislatori italiani devono fare la cosa giusta in questo caso. Siamo tutti estremamente dispiaciuti del fatto che gli spettacoli non possano avvenire ma questo è un vero insulto per i fan».
Le associazioni di consumatori hanno intrapreso cause legali contro gli organizzatori che insistono nel promettere solo il voucher, pur sapendo che quelle date sono uniche e irripetibili.

Accade così anche per i teatri di prosa. Mauro, un appassionato che ha acquistato i biglietti per il Don Chisciotte al Teatro Fraschini di Pavia al costo di 70 euro, poi annullato, da settimane sta cercando di avere informazioni sia dal teatro che dalla società Vivaticket, capitale sociale di 4 milioni e mezzo, 301 addetti e nessuno che risponda al call center a pagamento.
«Fate le vacanze in Italia, scoprite le tante bellezze sconosciute» aveva detto il premier Giuseppe Conte nel discorso al Parlamento il 21 maggio. Peccato che proprio il suo decreto abbia trasformato quest’estate in un incubo.

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