Una tassa amara per chi ama il dolce che riveste di finalità nobili quella che è unicamente la volontà di far cassa. Il conto alla rovescia è cominciato. Dopo un lungo tira e molla tra il governo e le imprese, alla fine è stata fissata una data. Dal prossimo primo luglio dovrebbe entrare in vigore (dopo il parere negativo espresso dal ministero dell’Economia e dalla Ragioneria dello Stato alla proposta di Forza Italia e Lega di rinviarla al 2026), la misura che ha come obiettivo limitare il consumo di bibite zuccherate e non. E’ la controversa e contestata (dalle imprese del settore e dall’intera filiera) sugar tax, voluta per limitare, secondo gli alimentaristi, il numero degli obesi. Una delle tante mistificazioni ideologiche con cui si vuol esclusivamente rimpinguare il bilancio dello Stato.
Ci si attende un gettito di circa cento milioni, non una gran cifra e se si considerano le polemiche da parte delle imprese interessate, il gioco non varrebbe la candela come si dice. Tanto più che non è nemmeno certa la funzione deterrente per il consumo di zucchero. La legge ha avuto una vita travagliata e c’è chi confida in un ennesimo rinvio. Varata dal Governo Conte II nella manovra finanziaria del 2020 (ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti) successivamente, per la forte opposizione del ministro Antonio Tajani, è stata rinviata otto volte finché, nel maggio scorso, è stata fissata l’entrata in vigore al primo luglio2025. La tassa sarà, per il produttore, di 10 centesimi di euro al litro per le bibite dolci e di 25 centesimi al chilogrammo per i prodotti dolci “previa diluizione”. Saranno interessate dai rincari le bevande analcoliche gassate o non, zuccherate o non, tra cui i the zuccherati, le bibite energetiche, alcuni succhi di frutta e le bevande analcoliche zero zuccheri.
Secondo un conteggio aggiornato al 2023, la sugar tax è presente in 105 Paesi con una copertura del 51% della popolazione mondiale, in particolare, del 67% della popolazione dei Paesi a basso reddito rispetto al 29% di quelli ad alto reddito. Ma molti stanno già facendo marcia indietro, come Norvegia, Islanda, Danimarca, Israele e Australia, spiega il presidente di Assobibe, Giangiacomo Pierini, e altri come il Messico hanno rilevato che l’obesità continua ad aumentare nonostante l’imposta.
Un gruppo di ricercatori della University of Cambridge School of Clinical Medicine ha analizzato l’impatto della sugar tax dal momento della sua introduzione nel Regno Unito nel 2018 pubblicando poi l’esito dello studio a fine gennaio 2023 su Plos Medicine. Gli autori affermano di non aver dimostrato l’esistenza di un preciso rapporto causa-effetto tra la tassazione e la diminuzione del peso. Inoltre concludono che servono strategie aggiuntive e complementari all’aumento della tassazione per ridurre la prevalenza dell’obesità, soprattutto fra gli adolescenti maschi e i bambini più piccoli. Infatti c’è stato un calo dell’obesità dell’8% nelle ragazze tra 10 e 11 anni e con prevalenza tra quelle residenti nelle “aree più disagiate”, per i maschi e i bambini, la situazione è rimasta invariata. Elena Dogliotti, biologa nutrizionista e supervisore scientifico per la Fondazione Umberto Veronesi spiega che “i maschi sembrerebbero più esposti, rispetto alle ragazze, alla pubblicità di bevande zuccherate, compresi gli energy drink che hanno spesso come influencer atleti e personaggi dello sport. Inoltre come rilevato da numerosi studi, i maschi passano più tempo davanti a computer e TV rispetto alle femmine”. Per i bambini il discorso è un po’ diverso e la “parte del leone” la farebbero i succhi di frutta. Questo potrebbe spiegare perché la sugar tax da sola non riesce a contribuire alla riduzione dell’obesità in questa fascia d’età ma serve piuttosto un’azione di informazione e di educazione sul tema della corretta alimentazione.
L’Italia ha il problema della crescente obesità della popolazione ma le bevande analcoliche non sarebbero tra gli indiziati principali di questo fenomeno. Secondo i dati Eurostat del 2019 (ultima rilevazione disponibile) il nostro Paese è in Europa tra quelli dove i consumi di questo tipo di soft-drink è più basso: poco più del 5% della popolazione over 15 anni ne fa uso quotidiano mentre la media Ue è del 9%, con il Belgio a guidare la classifica con una quota superiore al 20%. La Sugar Tax forse, per questi motivi, potrebbe non essere la scelta strategicamente migliore. Le aziende inoltre stanno già cambiando e riformulando le composizioni dei loro prodotti e il modo in cui questi prodotti vengono pubblicizzati con l’inserimento di più informazioni in etichetta, dalla composizione degli alimenti ai valori nutrizionali. “Abbiamo sottoscritto due protocolli con il ministero della Salute, prendendo l’impegno di rivedere ricette e formati, riducendo del 41% lo zucchero” afferma il presidente di Assobibe, Pierini.
“La tassa non fa distinzione sulla quantità di zucchero, o sulla quantità di calorie ma colpisce la dolcezza. Così grava sullearanciate zero come sulle bevande piene di zucchero. Inoltrel’imposta non ha niente a che fare con la salute delle persone perchè non spinge le imprese a migliorare le ricette né i consumatori a migliorare le proprie abitudini alimentari” afferma Pierini e precisa che non è nemmeno giustificata dal mercato, dal momento che “il consumo di bevande analcoliche zuccherate è in calo da 15 anni”. L’effetto quindi della sugar tax non sarà sulla salute delle persone ma “porterà a un calo delle vendite del 16% come stimato da Nomisma. L’impatto si farà sentire su tutta la filiera giacché le aziende acquistano in Italia gran parte degliingredienti e i materiali per il packaging. Ci sarà un minor acquisto di materie prime stimato in 400 milioni di euro nel primo biennio”. L’imposta porterà anche a una burocratizzazione delle procedure. “ce ne saranno ben 72 aggiuntive con centinaia fogli excel da compilare. Le piccole aziende avranno un onere importante”. Quanto ai maggiori costi per l’utenza è difficile fare previsioni dice il manager. “Il maggior costo di circa 10 centesimi al litro vale per il produttore. C’è poi un incremento della fiscalità per litro di bevande del 28%. È immaginabile che questo si scaricherà dalla filiera sul prodotto, con aggravi sul consumatorefinale”. Ma c’è anche un rischio occupazione pari secondo Nomisma a 5 mila posti nell’intera filiera.
Di qui a luglio però qualcosa potrebbe cambiare ed arrivare l’ennesimo rinvio. “Dal governo sono venuti segnali in tale senso ma noi chiediamo tempestività. Non si può aspettare l’ultimo momento. Gli investimenti sono bloccati in attesa di un chiarimento”. Ma spetta al ministero dell’Economia battere un colpo. Al momento cerca di battere cassa.