Il futuro è extravergine. Non tutto però fila liscio come l’olio; c’è di mezzo l’Europa che da una parte complica la vita a chi coltiva e dall’altra sacrifica l’agricoltura negli accordi commerciali – Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia in questi giorni sono sotto scacco dei trattori che protestano per il Mercosur, Coldiretti-Filiera Italia hanno già espresso fortissime contrarietà all’accordo che Ursula von der Leyen porta avanti con l’India – non applicando le clausole di reciprocità: cioè stesse regole di coltivazione, sui fitosanitari, stessi standard di qualità e di salubrità dei prodotti importati. E l’extravergine non fa eccezione. Anzi sull’olio da olive c’è un dumping di Tunisia e Turchia (insieme producono 800.000 tonnellate). La penetrazione dell’olio tunisino è favorita da un accordo dell’Ue che ha azzerato i dazi a partire dal 2019 su di 56.700 tonnellate di prodotto. L’Italia è il primo Paese importatore: il 34,2% dell’export della produzione nordafricana arriva da noi al di sotto dei 5 euro al litro. Due settimane fa la Coldiretti ha «simbolicamente» abbordato una nave cisterna nel porto di Civitavecchia. Il sospetto è che l’olio tunisino – la Spagna ne compra 52.000 tonnellate – venga convertito in comunitario e alteri il mercato.
Nonostante questo e un taglio della produzione dovuto a parassitosi – il caso Xylella in Puglia che è la prima Regione produttiva – alla siccità, un progressivo all’abbandono degli uliveti storici anche per lo spopolamento appenninico, l’extravergine italiano non è mai stato così in salute. Al punto di meritarsi una fiera internazionale autonoma. A Verona – si chiude oggi – per la prima volta il Sol si è staccato dal Vinitaly ed è stato interamente dedicato alla pianta sacra dei mediterranei. E dell’Italia visto che nello stemma della Repubblica la stella è contornata da un ramo di ulivo e uno di quercia.
Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida aprendo Sol2Expo ha notato: «Ne ha parlato anche il Commissario Ue Christophe Hansen, ribadendo come mentre il settore olivicolo vive momenti complessi in tutta Europa, in Italia la tendenza è opposta. L’olio italiano è in continua crescita; se in tutta Europa c’è un decremento l’Italia è l’unica che fa eccezione con aumenti di produzione e valore. Il governo ha stanziato più di 165 milioni per promozione, frantoi e contrasto alla Xylella». Lollobrigida ha rintuzzato anche l’obiezione sul prezzo dell’extravergine: «C’è tanta qualità, la migliore del mondo per cui non ci sono prezzi alti o bassi, ma ci sono solo prezzi giusti capaci di remunerare la fatica degli agricoltori», che nel caso dell’ulivo sono davvero «custodi» rassicurando anche sul fatto che i dazi minacciati da Donald Trump «non colpiranno l’olio: c’è rischio zero».
I numeri peraltro sono assai incoraggianti. Li fornisce Matteo Zoppas, presidente dell’Agenzia Ice: «Negli ultimi anni l’olio ha conosciuto un trend di crescita importante: 3 miliardi di export nel 2024, +45% sul 2023 (che già chiudeva a +15% sul 2022) e +57% sul 2019, dando così un contributo significativo al comparto. Per quanto riguarda l’export complessivo del settore agroalimentare, nel passaggio dai 64,5 miliardi del 2023 ai 69 miliardi del 2024 – 5 miliardi di differenza – ben 1,5 miliardi è infatti dovuto all’incremento dell’olio». Altre cifre che offrono un quadro positivo sono quelle di Nomisma che ha fatto un monitoraggio molto dettagliato del mercato in Italia, dove «i consumatori considerano l’olio extravergine superiore rispetto ad altri tipi di oli per qualità (89%), rapporto qualità-prezzo (85%), gusto (85%) e benefici sulla salute (79%)». Da questa indagine si ricava che anche nel fuoricasa viene premiato l’extravergine, che il consumatore desidera più informazioni per conoscere e scegliere meglio l’olio e che anche il turismo legato a frantoi e uliveti si sta sviluppando. Sembra di ripercorrere la strada che ha fatto il vino e non a caso il Consorzio del Chianti Classico – ha celebrato quest’anno i 100 anni di vita – al Sol ha portato il suo extravergine che compie mezzo secolo di denominazione. È il solo caso di eguale denominazione per vino e olio anche perché l’ulivo è il primo costituente del paesaggio chiantigiano, totalmente benedettino visto che i monaci del Santo di Norcia davanti a ogni monastero piantavano la vigna, a simboleggiare lo spirito sacro, e ulivo come emblema della luce divina. Che si moltiplica. Cinquemila nuovi ettari di uliveti entro il 2026 per rilanciare la produzione di extravergine italiano, è l’impegno che si assume David Granieri, presidente Unaprol e vicepresidente nazionale di Coldiretti, contrastando così la perdita del 32% di produzione che fa sì che siano straniere 3 bottiglie su 4 consumate in Italia. Da qui la proposta di un Registro telematico unico a livello europeo per garantire la tracciabilità degli oli d’oliva vergini evitando i falsi. E si torna all’Europa; Stefano Cavedagna (Fdi-Ecr) esorta: «Bruxelles difenda la filiera del settore agroalimentare italiano ed europeo».