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Quello che vorreste sapere sull’auto elettrica ma nessuno vi racconta

Quello che vorreste sapere sull’auto elettrica ma nessuno vi racconta

Nonostante gli incentivi, e l’entusiasmo di gran parte dei media, in Italia le vendite dei veicoli «green» non superano il 3 per cento. Una diffidenza dovuta non solo ai prezzi elevati, come dimostra l’inchiesta di Panorama: il motore a batteria perde presto efficienza, i punti di ricarica sono pochi, i tempi di rifornimenti lunghi, e l’autonomia su strada ancora limitata.


Questa volta gli italiani hanno visto giusto. Nonostante le campagne pubblicitarie, non si sono lasciati conquistare dall’auto elettrica e cominciano a essere emulati anche dai consumatori dei Paesi più tenaci sostenitori della svolta ecologica. Un motivo ci dovrà pur essere se hanno resistito a un corteggiamento così estenuante, rinunciando perfino agli incentivi governativi. L’anno scorso sono rimasti inutilizzati 272 milioni e quest’anno potrebbero essere circa 280 milioni, ricorda il direttore generale dell’Unrae, Andrea Cardinali. Le immatricolazioni dell’elettrico continuano a essere inchiodate a poco più del 3 per cento del mercato (il 3,9 da inizio anno). Anche i rincari della benzina non sono stati uno stimolo a invertire la rotta.

Un recente report di Standard & Poor’s Global, dedicato ai risultati del primo semestre del comparto auto internazionale, lancia l’allarme sul rischio di frenata dell’elettrico chiamando in causa la crisi economica e l’inflazione. Che indubbiamente hanno un loro peso, ma c’è qualcosa di più.

L’auto fa parte della vita degli italiani. Nei leggendari – e remoti – anni Sessanta, le famiglie si indebitavano pur di acquistare l’auto status symbol popolare, la Fiat 600. Allora vale la pena di chiedersi come mai non si sono tuffate su questa novità e continuino a tenersi stretta la vecchia quattroruote. Che l’elettrico costi troppo è una realtà incontestabile, ma non sarà anche che nasconda un bluff? In altre parole: dissanguarsi economicamente per entrare nel magico mondo del motore a batteria vale davvero la pena?

A dirlo non siamo solo noi, da sempre critici verso l’entusiasmo conformista di altre testate. Su questo settimanale, qualche numero fa, il direttore Maurizio Belpietro ha riportato nel suo editoriale alcune considerazioni di Luca De Meo, amministratore delegato di Renault. Il top manager ha innanzitutto sottolineato che «l’auto elettrica è una rivoluzione da ricchi», quindi lascerà a piedi la maggior parte della popolazione. Ha aggiunto che per numerose testate, controllate dalla grande finanza, l’elettrico sembra essere l’unica soluzione alla mobilità del futuro e non vengono prese in considerazione le alternative. Conclude che «c’è bisogno di fonti credibili che spieghino limiti e vantaggi dell’auto a batteria. Altro che influencer: i giornali hanno il compito di guidare il consumatore andando in profondità». Ed è quello che il nostro settimanale vuole fare.

All’inizio abbiamo sottolineato che gli italiani hanno avuto la vista lunga. Continuano ad arrivare notizie di una diffidenza strisciante dai consumatori, un po’ ovunque. In Olanda, uno dei centri della transizione green, un quarto degli attuali conducenti di auto «full electric» ha risposto a un sondaggio di VZR che intende tornare al motore termico. E-car no grazie anche per il 50 per cento dei francesi. Di certo pesa la decisione del governo di circoscrive gli incentivi alle produzioni europee, tagliando fuori le soluzioni cinesi più economiche. I motivi del ripensamento sono sempre gli stessi: ansia da autonomia e i lunghi tempi per il rifornimento di elettricità. Scetticismo dilagante anche in Germania e Norvegia (vedere riquadro a pagina 13).

Hanno fatto impressione le immagini dalla Cina, riportate dall’agenzia Bloomberg, di immensi parcheggi di e-car abbandonate, con un carico di batterie altamente tossiche. È il risultato dell’enorme bolla di offerta, gonfiata dai generosi sussidi pubblici, di prodotti che però in breve tempo si sono rivelati obsoleti.

Le denunce dei difetti delle e-car sono più facili da trovare sui blog che sulla stampa. Un recente report di Reuters ha segnalato l’esistenza di un team interno a Tesla che sarebbe incaricato di «cancellare qualsiasi reclamo da parte dei clienti» e silenziare le proteste. La casa di Elon Musk, secondo l’agenzia di notizie economiche, avrebbe diffuso negli Usa parametri più ottimistici rispetto alla realtà relativi all’autonomia delle batterie, risultata spesso inferiore, anche della metà, a quella dichiarata. Reuters ha rivelato che Tesla avrebbe messo a punto alcuni algoritmi per il contachilometri dei suoi veicoli tali da mostrare ai conducenti proiezioni di autonomia più alte.

Sul sito web alVolante, in uno spazio di discussione, un utente attacca: «L’auto elettrica può andar bene in città. Per il sottoscritto che percorre in media 400-500 km al giorno sarebbe da esaurimento».

Un altro, nel gruppo Facebook No Auto Elettrica, mette in guardia: «Quando i costruttori dicono che l’autonomia è intorno ai 600 km, non tengono conto dell’uso del climatizzatore, luci e tergicristalli». Il sito dell’operatore dell’energia Sorgenia pone tra i pregiudizi anti e-car la scarsa autonomia e dice che le macchine di ultima generazione possono percorrere tranquille fino a 300/400 km. Ma a quale velocità? E comunque è una limitazione perché da Roma non si arriva nemmeno a Bologna.

Se poi andiamo a vedere quali sono i veicoli che possono percorrere senza fermarsi 600-700 km scopriamo che richiedono portafogli ben forniti. Per esempio la Mercedes Eqe 350+ Advanced, con 662 km di autonomia, ha un costo di 84.916 euro. Per una Tesla Model S, fino a 634 km, bisogna spendere 116.970 euro. Nella classifica delle 10 EV più performanti, stilata da Gazzetta Motori a maggio, (da Bmw a Polestar 2 e 3 da Ford Mustang Mach-E alla Hyundai Ioniq 6) si viaggia da 60-70 mila euro in su.

Quindi per le lunghe percorrenze senza l’ansia della ricarica sono indispensabili disponibilità economiche importanti. Peraltro anche l’utilitaria da città non scherza. Una city car oscilla tra 23 a oltre 30 mila euro, un’ utilitaria tra 30 e 37 mila euro. Ci sono gli incentivi pubblici, è vero, ma non esauriscono le risposte sull’elettrico. C’è il tema infatti della ricarica delle batterie. Sulla carta, in Italia ci sarebbero 45.210 punti di ricarica e 24.942 colonnine (dati Moruzzi-E ed Enea). Perché il condizionale? Spesso i parcheggi di rifornimento sono occupati abusivamente o non funzionano. Senza l’app con la mappa delle colonnine è come una caccia al tesoro. È questo il lamento ricorrente degli elettro-automobilisti.

È stata riportata dal quotidiano online Verità&Affari, l’odissea di un guidatore emiliano che dopo un solo giorno alla guida di una BMW Serie 7 elettrica, ha deciso di tornare al modello diesel. Prima scopre che per rifornirsi alle colonnine dei supermercati va scaricata un’app con tessera. Intercetta un paio di colonnine ma una è fuori uso e davanti all’altra è parcheggiato un furgoncino. Alla fine riesce a ricaricare in un’officina BMW. «Il tempo di un caffè» promette l’addetto, invece nemmeno quello di un pranzo di nozze sarebbe bastato. Sfortunato? Può darsi. Ma situazioni simili affollano i blog e i siti specializzati.

L’alternativa alle colonnine pubbliche, è la ricarica casalinga. Ecco quello che dicono alcuni utenti sul sito alVolante. «Sconsigliato caricare a casa, basta accendere il forno e salta tutto». Un altro: «La vettura assorbiva circa 2 kWh, ricarica infinita: tutta la notte per guadagnare 100 km scarsi di autonomia. Se accendevo la stufetta o il forno, scattava la corrente. È necessario passare ai 6 kWh e al wallbox. Poi la bolletta, un salasso».

Il wallbox, il dispositivo di ricarica per un veicolo, però non viene regalato. Secondo il sito MiaCar.it, tra opere murarie e installazione si arriva a circa 3.500 euro. L’impianto di ricarica «ultrafast» può arrivare fino a 80 mila euro. I più «lenti» si trovano a meno di 30 mila con corrente continua e non alternata.

Un tamponamento è una batosta per le tasche. Federcarrozzieri spiega che riparare una vettura elettrica di nuova generazione costa «anche il 46 per cento in più rispetto a una a benzina. Ricambi, manodopera e vernici speciali sono cari».

Prendendo per esempio due autovetture della stessa marca (Volkswagen), una a benzina (Golf MY 2020) e una elettrica (ID.3) che hanno subìto danni da impatto frontale, Federcarrozzieri rileva come nel primo caso la spesa per la riparazione ammonti a circa 5.298 euro mentre per l’elettrica si arrivi a quasi 8 mila euro.

E l’usato? Grande punto interrogativo. Ecco l’esperienza di un concessionario Leonori a Roma: «Quando arriva una e-car, siamo molto più attenti nella valutazione. È un prodotto che a livello di mercato incontra qualche scoglio in più del termico. Con il progresso tecnologico veloce, la svalutazione è maggiore. Lo stato della batteria gioca un ruolo importante». Questo è un altro punto critico. Le batterie perdono efficienza rapidamente. Su Vaielettrico, c’è l’esperienza del giornalista Mauro Tedeschini: «Ho fatto il check-up delle batterie, a due anni dall’acquisto, nella concessionaria Renault che mi ha venduto l’auto. Ero a 12.015 km. La capacità delle celle era scesa al 93,8 per cento. Quindi: 6,2 per cento di perdita, in un tempo e in un chilometraggio piuttosto contenuti, pari a circa 25 km su un totale di 395. La durata delle celle dipende dal tipo di ricarica (usare sempre colonnine DC non aiuta) e non giova lasciare l’auto ferma a lungo con la batteria sotto al 20 per cento o sopra all’80 per cento. Mi chiedo come starà la mia batteria tra qualche anno. A quanto la riuscirò a vendere usata».

Ancora peggio è andata a un lettore del sito, che sempre su Vaielettrico riporta: la batteria della sua Skoda Enyaq 80 in un anno ha perso quasi il 5 per cento di capacità. Influisce pure il clima. Come ha rilevato il sito specialistico americano Recurrent, con le basse temperature il calo dell’autonomia arriva fino al 35 per cento. Anche se i fautori del green sostengono che questi limiti saranno presto superati.

Le case automobilistiche proseguono con determinazione la scelta dell’elettrico. Bmw ha avviato la costruzione di un centro logistico per batterie ad alto voltaggio vicino allo stabilimento di Lipsia; Mercedes entro fine 2024 aprirà 30 parchi di ricarica rapida in tutta Europa mentre Renault intende scindere e quotare in Borsa, nella primavera 2024, la divisione elettrica Ampère. Il futuro che ci si prospetta è tuttavia preoccupante. «L’imposizione dell’elettrico è una cortina fumogena che nasconde il vero obiettivo della rivoluzione dell’automotive, ovvero ridimensionare la mobilità privata» afferma il direttore del periodico Quattroruote, Gian Luca Pellegrini. E cita un report presentato dal World Economic Forum nel quale si dice che «siccome il problema del riscaldamento globale non si potrà risolvere sostituendo il motore endotermico con quello elettrico, l’unica soluzione è ridurre il numero di macchine private del 75 per cento, perlomeno nelle grandi città». Ecco il vero obiettivo: «Colpire la motorizzazione di massa». L’auto tornerà a essere una soluzione di privilegio. È quanto in alcune metropoli italiane, Torino e Milano in testa, seguite da Roma, sta succedendo.

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