Javier Milei apre gli archivi sui criminali nazisti
Pochi temi sono ricoperti dall’alone del mistero come quello relativo alla fuga dei nazisti in Sudamerica. Centinaia di documentari, libri e file governativi non sono riusciti a ricomporre il triste puzzle legato a uno dei punti più oscuri del secondo conflitto mondiale.
Forse, però, la decisione presa ieri dal Presidente argentino, Javier Milei, di aprire gli archivi sino ad ora segreti aiuterà a diradare il mistero intorno alla fuga dei nazisti. È stato infatti stabilita la desecretazione di tutti i documenti contenuti negli archivi relativi alla fuga dei criminali nazisti nel Paese.
Milei aveva già annunciato l’intenzione di compiere questo passo storico un mese fa. Durante un incontro con i rappresentanti del Centro Simon Wiesenthal il Presidente argentino aveva infatti annunciato l’intenzione di fare luce sulle “ratlines”, le linee di fuga utilizzate dai criminali nazisti per fuggire in Sudamerica. In quell’occasione, al presidente argentino era stata consegnata una lettera del senatore Chuck Grassley, membro della Commissione Giustizia del Senato degli Stati Uniti. Nella lettera si sollecitava la collaborazione dell’Argentina nelle indagini sui criminali di guerra tedeschi.
Ieri è arrivata l’ufficialità: «Il Presidente ha ordinato a tutte le agenzie statali di rilasciare i file relativi ai nazisti che hanno trovato asilo in Argentina dopo l’Olocausto», queste le parole del capo di Gabinetto argentino, Guillermo Francos. «Ci sono ancora documenti non pubblicati relativi alle operazioni bancarie e finanziarie dei nazisti [fuggiti in Argentina]. Non c’è alcun motivo per tenerli nascosti».
L’Argentina fu un rifugio per circa 5000 nazisti in fuga
L’Argentina divenne un “porto sicuro” per i nazisti in fuga alla fine del Secondo conflitto mondiale grazie alla connivenza dell’allora Presidente Juan Domingo Peron, noto per le sue simpatie verso l’Asse nazifascista. Secondo gli storici, il numero di nazisti fuggito in Sudamerica sarebbe di circa 10mila individui, di cui una buona metà si sarebbe stabilita in Argentina. Le rotte di fuga utilizzate facevano affidamento a governi conniventi (come la Spagna franchista) e simpatizzanti, talvolta presenti anche all’interno del clero cattolico.
Fra i fuggitivi vi furono anche alcuni nomi noti, come Adolf Eichmann e Josef Mengele. Il primo, considerato uno dei massimi organizzatori dello sterminio del popolo ebraico, venne rintracciato dal Mossad dopo aver imprudentemente rilasciato un’intervista. Venne rapito dai servizi segreti di Tel Aviv, portato in Israele, processato e infine giustiziato tramite impiccagione. Più efficace la latitanza di Mengele, l’Angelo della morte di Auschwitz, che dopo essersi imbarcato a Genova ed essere arrivato in Argentina riuscì a far perdere le proprie tracce. Venne rintracciato solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1979 in Brasile.

Forse i documenti desecretati dal Presidente argentino contribuiranno a fare definitivamente luce sul triste capitolo della fuga e dell’organizzazione dei criminali nazisti in Sudamerica.