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Meloni volerà da Trump, punta a diventare un suo alleato chiave

Meloni volerà da Trump, punta a diventare un suo alleato chiave

L’inquilina di Palazzo Chigi si prepara a incontrare il presidente americano a Washington: i due parleranno di numerosi dossier, ma il filo conduttore sarà rappresentato dalla questione cinese

Si avvicina il viaggio che Giorgia Meloni effettuerà il 17 aprile a Washington per incontrare Donald Trump. I dossier sul tavolo saranno numerosi, ma, sullo sfondo, la questione principale sarà soprattutto una: il rapporto dell’Unione europea con la Cina. 

Il presidente americano, non è un mistero, sta tentando di isolare il più possibile Pechino sul piano del commercio internazionale. Non solo. Sta anche cercando di portare avanti il disaccoppiamento dell’economia americana da quella cinese. E’ allora chiaro che, in sede di negoziati sui dazi, la Casa Bianca chiederà a Bruxelles di allentare i suoi rapporti con il Dragone. Una richiesta che Francia, Spagna e Germania non sembrano disposte ad accogliere. Questi tre Paesi stanno infatti spingendo la Commissione europea ad adottare una linea di avvicinamento alla Cina: esattamente il contrario di quanto auspicato da Trump. 

Ecco che dunque la Meloni ha una carta importante da giocarsi. Il suo governo, a dicembre 2023, non ha rinnovato il controverso memorandum sulla Nuova via della Seta. Non solo. L’attuale inquilina di Palazzo Chigi sta anche giocando di sponda con l’India: un Paese che, al di là dei rapporti non esattamente idilliaci che storicamente intrattiene con il Dragone, sta già negoziando con Trump per concludere un accordo volto a evitare i dazi americani. Tra l’altro, il premier indiano, Narendra Modi, è stato accolto alla Casa Bianca lo scorso febbraio. Sotto questo aspetto, la Meloni è per Trump un interlocutore europeo più che affidabile. Al di là del fatto che la premier ha ripetutamente sottolineato la necessità di salvaguardare le relazioni transatlantiche, la linea di freddezza che l’Italia ha adottato verso Pechino non può non essere apprezzata dal presidente americano.

E’ quindi in questa cornice che andranno prevedibilmente inseriti i vari dossier di cui Trump e la Meloni parleranno. L’ostilità di Roma verso il Green Deal europeo è ben vista da Washington proprio in un’ottica di competizione con Pechino. Un discorso analogo vale per la Difesa. E’ vero che, al momento, l’Italia non ha ancora raggiunto il 2% di spese a favore della Nato: il che è un rischio in sede di trattative con un presidente americano che sta adesso chiedendo un impegno addirittura maggiore rispetto a questa soglia. Tuttavia, l’affidabilità sulla Cina potrebbe spingere Trump a chiudere (almeno parzialmente) un occhio sulla questione, soprattutto alla luce dei rapporti sempre più stretti che alcuni membri dell’Alleanza atlantica stanno tessendo con la Repubblica popolare. 

Inoltre, attenzione alla partita energetica e geopolitica. Trump punta a incrementare l’export di gas naturale verso l’Europa e ha, al contempo, bisogno di stabilizzare il Mediterraneo allargato. Da questo punto di vista, l’attuale Casa Bianca potrebbe appoggiarsi all’Italia che, attraverso il Piano Mattei, potrebbe a sua volta favorire un avvicinamento di Washington nei confronti tanto di Tunisi quanto di Tripoli. Senza poi dimenticare il Sahel: area in cui l’amministrazione Biden ha perso terreno e in cui Trump potrebbe voler recuperare influenza. La Casa Bianca è d’altronde preoccupata dalla crescente influenza di Russia e Cina nel continente africano. Insomma, anche qui riaffiora il Leitmotiv cinese. Ed è per questo che il Piano Mattei potrebbe essere valutato positivamente da Trump. 

Non è allora forse un caso che le principali critiche italiane all’imminente viaggio americano della Meloni siano arrivate proprio da partiti ed esponenti politici che hanno fatto parte del governo giallorosso: l’esecutivo probabilmente più filocinese della nostra Storia. Gli strali più duri sono stati infatti lanciati dal Movimento 5 Stelle e dal Pd. Schieramenti che, al netto di una certa retorica, non hanno mai brillato per atlantismo. E che vorrebbero riportare Roma a essere più vicina a Pechino. Una strategia, questa, pericolosa e controproducente non solo sul piano economico ma anche su quello della sicurezza nazionale.

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