È cominciata la distensione tra Washington e Damasco. Venerdì, gli Stati Uniti hanno allentato le sanzioni al regime siriano. Una mossa che, sabato, Damasco stessa ha definito un “passo positivo”. Sempre sabato, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha accolto con favore la linea degli Stati Uniti.
Ricordiamo che, durante la sua recente visita a Riad, Donald Trump aveva incontrato il leader siriano, Ahmed al-Sharaa, per poi annunciare l’intenzione di revocare le sanzioni al suo regime. È interessante sottolineare che, l’anno scorso, al-Sharaa aveva abbattuto il governo di Bashar al Assad grazie al fondamentale sostegno di Ankara.
In un primo momento, l’amministrazione Trump non vedeva di buon occhio il nuovo regime di Damasco, soprattutto a causa dei legami di al-Sharaa con la Fratellanza musulmana e del suo passato qaedista. Poi, nelle scorse settimane, qualcosa è cambiato. Trump ha migliorato le proprie relazioni con Erdogan. Il disgelo con Damasco va quindi inserito nel più ampio quadro della distensione di Washington nei confronti di Ankara.
Un’Ankara che, a sua volta, sta acquisendo sempre più peso nel processo diplomatico ucraino. E che, al contempo, sta rafforzando i propri rapporti anche con Riad. Non dobbiamo infatti trascurare che al recente incontro tra Trump e al-Sharaa hanno partecipato anche il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman (in presenza) e lo stesso Erdogan (in videoconferenza).
L’Associated Press aveva riferito che Israele era contraria alla revoca delle sanzioni a Damasco. Dall’altra parte, va anche sottolineato che, in occasione della sua tappa a Riad, Trump aveva esortato l’Arabia Saudita a entrare negli Accordi di Abramo. Del resto, il disgelo con la Siria, agli occhi del presidente americano, è funzionale a due obiettivi.
Il primo è quello di promuovere quella che lui stesso ha definito una “età dell’oro per il Medio Oriente”: Trump, in altre parole, punta a una stabilizzazione della regione nella convenzione che ciascun attore, per ottenere qualcosa, deve rinunciare a qualcos’altro. In secondo luogo, il presidente americano sta tenendo d’occhio la crisi ucraina. La caduta di Assad ha inferto un duro colpo all’influenza russa sulla Siria. Allentando le sanzioni a Damasco, Trump fa quindi un favore a Erdogan, ma non certo a Vladimir Putin. È quindi possibile ipotizzare che l’inquilino della Casa Bianca abbia voluto mettere sotto pressione il Cremlino in Medio Oriente proprio per spingerlo ad ammorbidire la sua posizione sulla questione ucraina.