Finora ogni Comune è stato libero di mettere sulle sue strade dei rilevatori di velocità. Un’anarchia cui adesso il governo porta ordine e un po’ di giustizia.
Italiani: popolo di santi, poeti e… tartassati dagli autovelox. Che siano piazzati lungo le strade delle metropoli o nei piccoli borghi, i dispositivi di controllo rovinano da anni viaggi e sonno a milioni di conducenti con abusi, errori e manipolazioni. «Bancomat occulti dei Comuni» li ha definiti il Codacons ingaggiando battaglie gladiatorie all’ultimo ricorso.
Ma è solo con la recente riforma del settore, approvata a fine maggio per volontà del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, che si riuscirà finalmente a mettere ordine in una giungla in cui ogni ente locale è libero, come un vecchio baro al tavolo verde, di farsi da solo le proprie regole e di restare impunito.
I numeri, anzitutto: nel 2023 sono stati contati in Italia oltre 11 mila autovelox (nel 2021 erano 3 mila in meno). In Inghilterra ce ne sono invece circa 7 mila, in Germania non si arriva a 5 mila e in Francia ancora meno: 3.780.
I ricavi, riferiti sempre all’anno scorso, sono da record: 65 milioni. Quattro città incassano, insieme, più della metà del totale: Firenze (19 milioni), Milano (8,5), Roma (7,5) e Genova (5). «Se vuoi evitare le multe, abbandona le strade dei grandi centri e scegli quelle periferiche di Comuni sconosciuti: lì sei al sicuro», recitavano i vecchi saggi delle tribù automobilistiche seduti attorno al fuoco. Mica vero.
Le reti a strascico dei sistemi di rilevamento della velocità hanno pescato a tutte le latitudini e a tutte le altezze. Colle Santa Lucia (Belluno) ha 350 abitanti ma, nel triennio 2021-2023, ha guadagnato dalle contravvenzioni ben 1,3 milioni grazie a un unico autovelox, infine abbattuto da Fleximan, l’«eroe» mascherato che da mesi vendica i guidatori spennati. Sempre nello stesso periodo, quattro municipi del Salento (Galatina, Trepuzzi, Cavallino e Melpignano) hanno riscosso quasi nove milioni. La statale Telesina (Campania) ha invece assicurato oltre 2,3 milioni a Puglianello, Castelvenere e Torrecuso. E che dire allora di Cittadella (3,5 milioni), Cadoneghe (1,6), Giacciano (1,5), Bagnolo di Po (1,3), Arsiè e Tribano (1)? O di Centallo (7 mila abitanti in provincia di Cuneo) che ha messo in tasca oltre 2 milioni di euro? E ancora: a Piombino (stessa cifra) c’è un autovelox che spara 115 multe al giorno. Un incubo. La provincia di Imperia, con un solo impianto situato sull’Aurelia bis, si è assicurata ben 4 milioni in 12 mesi. Quanto Sesto Fiorentino dove i sensori di velocità sono stati strategicamente sistemati all’ingresso dell’area industriale, e a rimetterci sono soprattutto i lavoratori che vanno in fabbrica.
Esistono strumenti di difesa? No. «Affidarsi a un avvocato per presentare ricorso costa più della stessa contravvenzione», spiega a Panorama Fabio Galli, vicepresidente regionale del Codacons dell’Emilia Romagna. «E allora si chiudono gli occhi e si apre il portafogli». E chi non può sfoga la frustrazione sfasciando, e non si tratta solo di Fleximan. A Gatteo a Mare (FC) un paio di bagnini hanno ritrovato un autovelox in mare, a 20 metri dalla spiaggia: fotografava i limiti di velocità dei pesci. A Palmi, in Calabria, hanno preso a pistolettate il dispositivo con oltre 30 proiettili. E la scatoletta ha continuato pure a funzionare.
Se marcia, può pagare: è d’altronde la filosofia dei sindaci che fanno cassa sulla pelle (e la carrozzeria) dei piloti. E non è un caso che tra gli amministratori di sinistra la nuova legge promossa da Salvini abbia provocato ben più di un testacoda. Porre regole certe sul posizionamento dei dispositivi e sulle sanzioni, evitando la proliferazione degli apparecchi di monitoraggio e rendendoli finalmente visibili, vuol dire strappargli il giocattolo dalle mani. Le Prefetture si stanno attrezzando di conseguenza. Tolleranza zero con le amministrazioni che giocano sporco e installano i rilevatori senza la loro autorizzazione e senza il parere della polizia stradale. Niente più trucchetti per nascondere i laser in vetture civetta o dietro gli alberi. Niente più «batterie» in successione che funzionano da plotone d’esecuzione (vedere alla voce Ziano di Fiemme, a Trento, dove per 1.700 abitanti ci sono ben sei autovelox). «Insomma, basta anarchia», ha riassunto il vicepremier Salvini, «si torna alla normalità».
Magari così l’Italia si scrollerà di dosso l’etichetta di Paese nemico degli automobilisti, soprattutto ora che l’Inghilterra è stata chiamata in giudizio da 4 nazioni (Germania, Paesi Bassi, Belgio e Spagna) per l’invio di 300 mila multe ad altrettanti conducenti per presunte violazioni della super Ztl di Londra. Multe che non si capisce come siano state recapitate agli interessati visto che l’accesso ai database delle anagrafi Ue, dopo la Brexit, è regolato da severe procedure. Pare tuttavia che a fornire gli indirizzi, scatenando il caos, sia stato proprio un nostro corpo di polizia. Il lupo perde il pelo, non il vizio