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Giornalista nella chat, l’attacco agli Houthi rivelato alla stampa

Giornalista nella chat, l’attacco agli Houthi rivelato alla stampa

Piccolo terremoto nella catena di comando Usa: tra i destinatari di comunicazioni riservate anche il caporedattore di una testata. Fortunatamente alleata.

Se foste degli alti ufficiali delle Forze Armate nel momento di dare il via a un attacco contro postazioni nemiche, probabilmente controllereste i destinatari della missiva. Ebbene, pare invece che così non sia stato. Gli alti funzionari della sicurezza nazionale, che hanno coordinato gli attacchi aerei contro gli obiettivi Houthi in Yemen all’inizio di questo mese, hanno utilizzato un canale di comunicazione non protetto, che includeva accidentalmente anche il caporedattore della testata The Atlantic. Certamente un alleato, ma la procedura seguita pare aver violato protocolli federali e la legge.

In un articolo pubblicato lunedì, il caporedattore in questione, Jeffrey Goldberg, ha affermato di essere stato aggiunto a un gruppo su Signal, un’app di messaggistica open source incentrata sulla privacy, da qualcuno che si è identificato come Michael Waltz, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Donald Trump. Secondo Goldberg, la conversazione ha incluso messaggi di Pete Hegseth (segretario alla Difesa), JD Vance (vicepresidente) e Marco Rubio (segretario di Stato), tra gli altri. I messaggi contenevano dettagli operativi sugli attacchi imminenti in Yemen, tra cui informazioni su obiettivi, armi che gli Stati Uniti avrebbero schierato e la sequenza delle operazioni condotte dal Comando Centrale USA. Inoltre, è emerso che la campagna sarebbe potuta durare settimane. Ma soprattutto, grazie a questa disattenzione, la stampa ha appreso degli attacchi aerei più di due ore prima che fossero resi pubblici dai funzionari governativi.

Dal canto suo, Goldberg ha scritto: “Le informazioni in essi contenute, se fossero state lette da un avversario degli Stati Uniti, avrebbero potuto plausibilmente essere utilizzate per danneggiare il personale militare e di intelligence americano, in particolare nel più ampio Medio Oriente, area di responsabilità del Comando Centrale”. La vicenda ha quindi visto i funzionari del Dipartimento della Difesa rivolgersi al Consiglio per la sicurezza nazionale, che attraverso le dichiarazioni del portavoce Brian Hughes ha affermato che la serie di messaggi segnalata sembra autentica e che sono in corso ricerche per stabilire chi e come possa aver aggiunto involontariamente un numero all’elenco. Il funzionario ha però anche sottolineato: “Questi messaggi sono anche una dimostrazione del profondo e ponderato coordinamento politico in essere tra alti funzionari. Il successo continuo dell’operazione contro gli Houthi dimostra che non ci sono state minacce per i nostri membri del servizio o per la nostra sicurezza nazionale”.

Ma indipendentemente dal fatto che Goldberg sia stato aggiunto accidentalmente oppure volontariamente ai destinatari, quanto accaduto dimostra che taluni funzionari potrebbero aver violato le regole relative alla condivisione di informazioni militari sicure. Inoltre, nei messaggi si sottolineavano le preoccupazioni a proposito della strategia di Trump in Medio Oriente e si lamentava la mancanza d’azione degli alleati europei nella regione governata dai ribelli appoggiati dall’Iran.

Non è la prima volta che un canale di comunicazione social o radio viene sfruttato in modo improprio, rivelando informazioni riservate: accadde nel 2023 durante le operazioni militari russe in Ucraina e, precedentemente, anche durante la guerra delle Falklands nel 1982, quando una serie di messaggi inglesi furono trasmessi accidentalmente in chiaro e intercettati dagli argentini. Forse il celebre manifesto “Taci, il nemico ti ascolta” andrebbe aggiornato con “Attenzione a con chi stai chattando”.

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