Sono ormai protagoniste di reati gravi. E le canzoni di molti rapper e trapper le fiancheggiano. Ma la politica? Non si limiti a guardare, giustificandole con un retroterra sociale problematico.
Da un po’ di tempo, nel mio programma Dritto e Rovescio, ho a che fare con rappresentanti delle baby gang, rapper e trapper. Li elenco separati perché se rapper e trapper scrivono canzoni dal testo irricevibile essi rappresentano, con una parola grossa, gli ideologi, mentre le baby gang, nelle quali a volte ci sono anche i rapper e i trapper, ma spesso no, sono la manovalanza dei messaggi violenti, aggressivi e interpretabili come istigazione ai reati. Tutto questo, a tutt’oggi, è assai sottovalutato. È profondamente sbagliato trascurare tale fenomeno perché dentro vi è incistata una quantità di violenza potenziale che neanche immaginiamo. Certo, questi ragazzi e ragazze vengono da situazioni problematiche; ma chi sostiene questa tesi, soprattutto se politico, si autoaccusa di non avere fatto ciò che era necessario perché quelle situazioni non lo diventassero. Altrimenti rimane solo la legge con la sua dimensione educativa e repressiva. In altri termini, non c’è alcunché che possa giustificare un reato.
I reati delle baby gang sono risse per il 73 per cento dei casi, con pugnalate e pistole che girano, atti vandalici per il 44 per cento (per esempio distruzione di vetrine), furti e rapine per il 40 per cento, spaccio di droga per il 21 per cento. Considerando questi dati, si capisce bene che la stragrande maggioranza dei reati sono di violenza, sopruso, vessazione, ingiuria, angheria, sopraffazione con tanto di minacce, avvertimenti e intimidazioni. Come si fa a sottovalutare un simile fenomeno? Tutto questo amalgama può essere la radice di alberi molto storti, di alberi dannosi, di alberi marci.
Del resto, il questore di Milano ha parlato chiaramente e ha detto: «Il fenomeno baby gang sta crescendo e desta preoccupazione. Ogni uno o due giorni viene arrestato un minore… L’identikit delle baby gang: immigrati di seconda generazione, età sempre più bassa, vivono nelle periferie… alcuni trapper si macchiano di reati e veicolano messaggi di natura violenta». Partiamo dagli arresti e dalle condanne: sono stati condannati Simba La Rue a sei anni e quattro mesi per rissa, lesioni gravi e porto d’armi abusivo, Baby Gang a cinque anni e due mesi per rapina, rissa e lesioni aggravate, Lokito per spaccio di droga, El Serchia per porto d’armi abusivo. Può bastare? Ultimamente ho ospitato uno che, tra costoro, va per la maggiore. Si chiama Baby Touché, il quale di recente ha dichiarato: «Io alle elementari già rubavo, volevo avere ciò che gli altri avevano, capisco chi ruba, sono uno di loro… se mi dicono che do il cattivo esempio, non me ne frega un cazzo. Mi interessa solo fare soldi». Servono spiegazioni ulteriori? Tutto chiaro, no?
È molto interessante sapere come si entra in una baby gang perché queste «iniziazioni» ci ricordano, e somigliano davvero molto, a quelle in associazioni criminali di altra portata. È d’obbligo l’uso di stupefacenti, l’aspirante all’ingresso deve compiere azioni violente, totalmente gratuite per dimostrare di essere un uomo e all’altezza della gang. Sempre colui che aspira a essere ammesso deve affrontare punizioni corporali dure, crudeli, dolorose e soprattutto esemplari in modo tale che il tutto si trasformi in una perfetta «affiliazione», come si chiamano gli ingressi nelle organizzazioni criminali mafiose.
Rispetto alle donne poi, nei testi delle canzoni dei vari autori del genere, emergono spesso disprezzo, offese, oltraggi e ingiurie che sottolineano una superiorità sul genere femminile. Colpisce, tra i mille esempi possibili, quello di un testo di tale Flaco Pnz.: «Sei in strada solo perché sei una puttana. Prendo la tua tipa accalappiacani. Prendiamo il tuo amico accalappia-infami». Ma citiamo anche quello che dice Emis Killa, altro genio musicale: «Preferisco saperti morta che con un altro, vengo a spararti… voglio vedere la vita fuggire dai tuoi occhi. Io ci ho provato e tu mi hai detto no. E ora con quella cornetta ti ci strozzerò».
Credo di non dover fornire altri dati. Non vede solo chi non vuol vedere. E se qualcuno (politico o politica che sia) interpreta tutto questo attraverso il giustificazionismo – ovvero richiamando come scusante le problematiche che questi delinquenti hanno dovuto affrontare nella propria vita – si attivino per fare quello che si deve, altrimenti non protestino quando le forze dell’ordine fanno il proprio dovere: acchiappano quelle persone e le mettono in galera. In qual altro modo dovrebbero trattarli?