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Una drag queen all’Olimpiade dell’ipocrisia

Una drag queen all’Olimpiade dell’ipocrisia

Una drag queen porterà la fiaccola ai prossimi Giochi di Parigi, come emblema di inclusione… Intanto però la città, per non sfigurare, nasconde i suoi senzatetto.


Avvertenza: attenzione, se leggete quest’articolo rischiate di essere bollati come omofobi. E se addirittura lo condividete ne avrete la certezza. Per quanto mi riguarda non sono affatto omofobo (in quanto grillo, poi, al massimo sarei grillofobo), ma permettetemi di dire che l’idea di far portare la fiaccola olimpica a Parigi a una drag queen è, fantozzianamente parlando, una boiata pazzesca. Un’ostentazione inutile. Una provocazione fuori luogo. E vorrei aggiungere che esibire lustrini, tacchi a spillo e trucco esagerato come simbolo della vera fratellanza e della vera inclusione mentre dal cuore della capitale francese si fanno sparire migliaia di senzatetto, nascondendo la povertà sotto il tappeto per non rovinare l’immagine della città, è davvero un’impresa degna della medaglia d’oro. Specialità: ipocrisia sincronizzata. Tartufismo a squadra. Salto triplo nella vergogna.

Minima Gestè. Si chiama così la drag queen che porterà la fiamma olimpica al suo arrivo nella capitale francese il 14-15 luglio. «Un messaggio di apertura e di uguaglianza» ha esultato il sindaco socialista di Parigi, Annie Hidalgo. «Grazie per questo gesto che scuote la società e aiuta l’emancipazione», si sono commossi nel salotto Tv di Bfm. E c’è già chi è pronto a denunciare come omofobo chiunque abbia a obiettare contro questa scelta che è «un messaggio di amore, di apertura e di uguaglianza». Ma vi pare? Come può essere un messaggio d’amore e di uguaglianza far sparire i senzatetto (brutti sporchi e cattivi) e mettere in mostra al loro posto i vestiti luccicanti di una drag queen amata dai vip? A me sembra invece un’esibizione inopportuna, un inchino paraculo alla moda gender e ai boss Lgbtq. E per questo ho messo l’avvertenza a inizio articolo. Forse, se smettete di leggere adesso, siete ancora in tempo per salvarvi.

Io, invece, vado avanti. Non sapendo nulla di Minima Gestè, infatti, ho provato a informarmi un po’ su di lei. Ho scoperto così che è un ingegnere di 33 anni, di nome Arthur Reynaud, che ha abbandonato il rigore della professione per buttarsi a capofitto nell’eccentricità del travestimento. Dai suoi social la drag queen risulta specializzata in blind test e bingo drag che non ho capito bene cosa siano, e spero di non scoprirlo mai. Va in giro con tacchi a spillo 25 centimetri, vestiti coloratissimi da popstar anni Novanta, trucco pesante e ciglia finte. Si esibisce regolarmente nei locali parigini ed è diventata una specie di icona del mondo Lgbtq francese, come testimoniano anche le numerose interviste rilasciate. Nel giugno 2022 al canale televisivo France info, per esempio, confidava la sua passione per il travestimento: «Il mio personaggio è ciò che il mio civile non osa essere», diceva. A ottobre scorso, con il quotidiano Liberation, ha discettato a lungo sul ruolo delle drag nei «locali notturni dove la gente è ubriaca» e «nel pre-night, prima della festa», concludendo con un’affermazione solenne: «Dopo qualche drink dimentico che mi fanno male i piedi».

Tutto interessante, si capisce. Ma che c’entra con le Olimpiadi? Il grillo non ha nulla contro le drag queen: considero Mauro Coruzzi una splendida persona, ho apprezzato migliaia di volte la sua Platinette, ho stimato e raccontato Madame Sisi, storica drag queen bresciana, scomparsa poche settimane fa. Ma ripeto: che c’entra tutto ciò con le Olimpiadi? Ho sempre pensato che le Olimpiadi debbano essere il trionfo della purezza, non dei trucchi; delle scarpe da ginnastica, non dei tacchi a spillo; della genuinità, non dei travestimenti. I profeti di locali notturni, drink, pre-night, vida loca, esagerazione di alcol e trasgressione sfrenata hanno già tanti palcoscenici su cui esibirsi. Perché dar loro anche le Olimpiadi? Perché gli atleti che da anni fanno sacrifici per arrivare alla gara olimpica, che si distruggono in allenamenti massacranti, che si negano tutto per portare in alto la bandiera del loro Paese, dovrebbero essere rappresentati da una drag queen in tacchi a spillo che beve per dimenticare il male ai piedi?

Sarò un nostalgico bacchettone, ma l’unico male ai piedi che mi interessa alle Olimpiadi è quello dei mezzofondisti. O dei maratoneti. E mi piacerebbe che i nostri ragazzi, che ogni giorno sono storditi da messaggi di confusione sessuale, con gender spinto e soggetti fluidi che spuntano in ogni show, in ogni film, in ogni serie Tv, potessero avere una volta ogni quattro anni davanti agli occhi solo l’esempio di ragazzi come loro (gli atleti) che non indossano lustrini e ciglia finte, ma tute da ginnastica e sudore vero. Che non scelgono l’apparenza, ma la sostanza, non le parrucche ma la fatica. Il palcoscenico olimpico dovrebbe essere loro. Soltanto loro. Minima Gestè, con tutto il rispetto, non c’entra nulla, è solo una meschina furbata per ingraziarsi la potente lobby Lgbtq+. In effetti: se davvero gli organizzatori volevano essere inclusivi, come dicono, beh la fiaccola avrebbero dovuto farla portare a uno di quei senzatetto che invece hanno scacciato come cani dal centro di Parigi. Dimostrando così che quando parlano di amore e fratellanza sono più finti della drag queen.

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