Nel nuovo glossario ambientalista scopriamo che la «meglio gioventù» soffre di strane patologie. D’altra parte questa è l’età dei gretini.
L’ecoansia l’abbiamo scoperta un giorno di fine luglio. Prima quasi nessuno sapeva cosa fosse. Poi l’abbiamo vista rimbalzare sui giornali e in tv fra le parole più gettonate. Trattasi di una malattia simbolo dell’era gretina. O meglio, come spiegano gli esperti, di «uno stato di allarme emotivo davanti al caldo record, alla siccità anomala, alle catastrofi ambientali» che produce stati di agitazione, momenti di panico e può portare a scelte dolorose, come la rinuncia a mettere al mondo dei figli. Almeno così ha detto una 27enne aspirante attrice che s’è messa a piangere al Festival del cinema di Giffoni. E prima ancora che si capisse se il suo fosse un moto sincero o una messinscena per il set, il ministro Pico Pichetto della Mirandola Fratin ha pensato bene di mettersi pure lui a lacrimare come una fontana, regalando all’episodio del piccolo festival del cinema una visibilità quasi hollywoodiana. E portando, che Dio l’abbia in gloria, l’ecoansia all’attenzione dei più.
Non contenti dell’ecoansia, però, alcuni mezzi di informazione, ormai specializzati in terrorismo climatologico, sono andati alla ricerca di altre malattie legate ai timori del riscaldamento globale. Così su Repubblica, per esempio, ho scoperto l’«ecoparalisi», che è quando l’ecoansia diventa così grande «da superare il valore di soglia e generare profonda tristezza e impotenza». L’ecoparalisi, ve lo confesso, in un primo momento mi ha preoccupato. Ho pensato ai titoli dei tg di questi tempi e ho pensato: ci troveremo schiere di ragazzini paralizzati? Tutti in carrozzella dopo aver visto le immagini del pianeta rovente? Leggendo un po’ meglio, però, mi sono accorto che la «paralisi» di cui parlano i grandi esperti delle malattie climatologiche, non è fisica ma mentale. Di fatto è la «perdita di fiducia nelle azioni degli ambientalisti». In pratica, più che un’ecoparalisi, un risveglio. Una forma di rinsavimento.
Ma chi non rinsavisce rischia grosso. I Dr. House delle temperature elevate stanno scoprendo giorno dopo giorno altri mali che colpiscono le nuove generazioni di gretini: la solastagia, per esempio, che è « la nostalgia del conforto», ovvero «quello stato di angoscia che affligge chi ha subito una tragedia ambientale”. Oppure la terrafuria che è la «rabbia di chi manifesta per incentivare la sensibilità delle istituzioni» Per dire: quei ragazzi che vanno in giro incollandosi alle opere d’arte nei musei del mondo, o buttando pomodoro sui Van Gogh o bloccando il traffico in tangenziale per impedire alle persone perbene di raggiungere il posto di lavoro, ebbene, vanno capiti perché non sono cattivi. Sono malati. «Terrafuria acuta». Con scappellamento a destra, ovviamente.
Ma non ci sono solo le malattie. La passione ambientalista, sempre a livelli gretini, s’intende, può anche generare situazioni di benessere. Del pianeta? Macché: della propria psiche. Per esempio, un po’ di manifestazioni di piazza e si raggiunge come niente la «sumbiofilia», cioè l’amore di vivere insieme, «ovvero quel sentimento di felicità e di unione nella cooperazione tra un essere umano e l’altro». Cioè significa che anche gli ecologisti, tra un corteo e un altro, fanno amicizia e qualche volta fanno pure l’amore: una volta si diceva semplicemente che si andava a far casino con gli amici. Ma a quei tempi non c’era ancora la catastrofe ambientale.
Peraltro, dopo aver scoperto che esistono anche il «simbiocene», ossia «la nuova era oltre il pessimismo ambientale caratterizzata da una relazione positiva e simbiotica tra l’uomo e la natura» (qualsiasi cosa significhi) e l’«endemofilia», cioè «l’amore per l’ambiente come casa naturale, quell’affetto che lega una persona al luogo in cui è nato», ho iniziato, ve lo confesso, a pensare di essere gravemente ammalato anch’io. Per dire: sono legato come tutti al luogo dove sono nato. Sarò un endemofilico? Ed è grave? Esistono cure? E quando al mattino non ho voglia di alzarmi dal letto, sarà colpa dell’ecoparalisi? Ho sbagliato a considerarla pigrizia per tutti questi anni? E i miei figli pure loro, quando fanno tardi al mattino, è perché sono vittima di sumbiofilia notturna con gli amici o di ecoparalisi mattutina da soli? O tutti e due? E che differenza c’è?
Ma soprattutto mi domando se non corriamo il rischio dell’ insorgenza di nuove patologie. Che ne so? Per esempio: la calvizie siccitosa, ovvero la caduta di capelli provocata dalla mancanza d’acqua nei fiumi; oppure l’adipe da tromba d’aria, ovvero la ciccia causata dagli eventi estremi (fra i quali non vanno considerate le abbondanti piogge di pastasciutta); oppure l’unghia incarnita da riscaldamento globale, ovvero la ribellione della cheratina alle temperature impazzite dentro i nostri mocassini. L’unica cosa strana è come mai, queste malattie così terribili non si sono presentate ai nostri nonni e agli altri antenati. Forse allora perché davvero faceva meno caldo, e il caldo si sa dà alla testa. O forse, più probabilmente, perché loro lavoravano troppo per pensare a queste scemenze.