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Le nuove follie della cultura gender

Le nuove follie della cultura gender

Bambini maschi o femmine? Concetto superato. Adesso, secondo le stravaganti teorie della mentalità «fluida» (soprattutto negli Usa), i piccoli non appartengono necessariamente a un sesso biologico o a un altro, ma oscillano tra i generi in base a fantasie, preferenze, suggestioni. Con il rischio di decidere terapie o interventi invasivi, a volte non reversibili, prima che ne siano davvero consapevoli.


Da figura mitologica a realtà che invade la prima infanzia. Secondo alcuni psicologi americani, il Minotauro, il leggendario inquilino del labirinto di Cnosso con corpo di uomo e testa di toro, si è incarnato in quei bambini che si sentirebbero «in un modo nella parte superiore e in un altro in quella inferiore». Il copyright è di Diane Ehrensaft, direttrice del reparto di Salute mentale all’Ospedale pediatrico di San Francisco Benioff, che da tempo si batte per spiegare che l’identità di genere, il senso di appartenenza all’essere maschio o femmina, non è che un costrutto socio-culturale indipendente dal sesso biologico. Ci si può sentire maschi, femmine, nessuno dei due oppure pescare tra uno degli oltre 100 generi individuati a oggi. E che non smettono di aumentare.

A svelare l’etichetta di Minotauro, l’eventualità che il bambino (o la bambina) mostri una fascinazione per le sirene. «Circondatelo di libri sul tema» si raccomanda la psicologa. Hai visto mai che smettesse di crederci. Non finisce qui, ovviamente. Ecco i «bambini caramella» e il riferimento è ai Tootsie Roll Pops, con un cuore morbido all’interno, ma una scorza dura all’esterno: possono essere maschio o femmina o altro dentro, maschio o femmina o altro fuori: «E per questo non si sentono accettati. Sono i bambini a dirci chi sono, ancor prima di parlare» afferma convinta Ehrensaft. «Se il vostro piccolo lancia delle barrette a terra e lo fa più di una volta, sta dicendo che non è come voi lo vedete» spiegava in una conferenza davanti a una platea esterefatta. «Un giorno un ragazzo ha volteggiato davanti a me e mi ha detto: sono un “Prius”, davanti maschio e dietro femmina”» ha scritto in un articolo dell’Associazione Americana degli Psicologi (APA) insieme al collega Colt Keo-Meier. Così come esisterebbe il «bambino protogay», che esplora il suo orientamento sessuale tramite le proprie espressioni di genere.

La classificazione (demenziale ) ha scatenato accese critiche. «Questi psicologi sono degli psicopatici» commenta su twitter Christopher Rufo, scrittore e membro del think tank conservatore Manhattan Institute for Policy Research. Secondo Jeff Myers, autore di Exposing the Gender Lie, le nuove teorie inquietano il 70 per cento delle famiglie americane ma pochi hanno il coraggio di parlare per paura di essere considerati omofobi, transfobici (e magari perdere la custodia dei figli). Da principio ragionevole, la necessità di non ostacolare i bambini nella definizione di sé, la teoria dei tanti generi sembra essersi trasformata in un diktat a vantaggio di tribunali e strutture sanitarie che, in casi estremi, possono arrivare a interventi invasivi sui minorenni (come rimuovere i genitali) anche senza il consenso dei genitori.

Per l’Associazione Americana dei Medici e quella dei Pediatri si tratta di «interventi medici di affermazione» dove il termine richiama le affirmative action, le «azioni positive» nate negli anni 60 per rimediare alle discriminazioni subite dalle minoranze. Il meccanismo promosso dalle associazioni LGBTQ+, cui la classe medica ha aderito in modo acritico, è simile. Per far sì che i giovani «diversi» non vengano discriminati, il sistema sanitario, scolastico e familiare deve assecondare qualsiasi loro modo di essere. Va in questa direzione l’inserimento, nel quinto Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (il DSM V, considerata la «Bibbia della psichiatria), della «disforia di genere»: il disagio psicologico causato da un’incongruenza tra il sesso alla nascita e l’identità di genere. Sebbene le cause di questo disturbo siano tutt’altro che chiare, dal 2017 le diagnosi sono triplicate per un totale di 42 mila minori nel 2021. Di questi, almeno 5 mila hanno iniziato il trattamento con bloccanti della pubertà.

In parallelo alla confusione sul genere, sono cresciuti altri disturbi mentali collegati. Secondo i Centers for Disease and Control americani (CDC) il 70 per cento dei soggetti con disforia di genere soffre di depressione, il doppio rispetto ai coetanei eterosessuali. Molti di quanti si dichiarano transgender o non binari sono autistici e 1 su 5 ha tentato il suicidio nell’ultimo anno, 4 volte più della media. Tutti problemi che il blocco della pubertà (con farmaci appositi) non sembra migliorare. Anzi. Il disagio potrebbe peggiorare, come mettono in guardia l’American College of Pediatricians e la pediatra inglese Hillary Cass. Fra i trattamenti chimici viene utilizzato il Lupron, medicinale nato per il cancro alla prostata ma prescritto «off label» (cioè per altre indicazioni, quindi non del tutto sicuro), per fermare mestruazioni e crescita dei genitali. Oltre a non essere stato approvato dalla Fda per tali trattamenti, tra gli effetti collaterali ci sono instabilità emotiva e complicazioni di sintomi psichiatrici.

Rischi sottovalutati, a fronte di notevoli guadagni. Mentre una terapia per la prostata costa 7 mila dollari l’anno, quella anti pubertà può arrivare a 30 mila. E il business è in crescita. Un mercato che oggi vale 2 miliardi di dollari e che grazie alle battaglie transgender e all’allargamento delle coperture sanitarie per le minoranze, cresce dell’11 per cento all’anno. Un ruolo chiave lo giocano gli interventi chirurgici: dalla vaginoplastica all’impianto dell’utero, dagli interventi per smussare il pomo d’Adamo a quelli per rendere la voce più femminile, le operazioni per avvicinarsi al genere percepito possono essere infinite. In base a indagini di mercato, ogni soggetto in transizione è un possibile paziente a vita per un potenziale da un milione di dollari a caso. Quali siano gli effetti di tutte queste cure su soggetti in un’età delicata come quella dello sviluppo non è chiaro. I dati sono pochi e spesso si limitano a sondaggi come quello realizzato dal Washington Post secondo cui il 78 per cento dei giovani che oggi vive secondo un genere diverso da quello assegnato alla nascita sarebbe soddisfatto.

Eppure non mancano, anzi sono sempre di più, i casi di transgender pentiti come Keira Bell che ha fatto causa ai medici per aver acconsentito troppo presto al suo desiderio di cambiare identità. O quello di Oli London, che dopo 11 interventi di femminilizzazione facciale in un giorno, si è reso conto di essere ancora infelice. Intanto si allunga la lista degli Stati che hanno deciso di mettere un freno alle cure mediche troppo precoci. Lo ha deciso la Svezia in Europa e una decina di Stati del sud negli Usa. Se gli attivisti LGBTQ+ parlano di «attacco contro i diritti», la cura dei giovanissimi «fluidi» sembra tutt’altro che disinteressata: tra i principali finanziatori figura l’Associazione Americana degli Psichiatri che collabora con una ventina di case farmaceutiche tra cui la AbbVie, l’azienda che produce il Lupron. Non è da meno l’Associazione degli Psicologi che conta tra i principali sostenitori la Arcus Foundation: una delle principali associazioni per i diritti LGBTQ+, dalla quale ha ricevuto quasi un milione di dollari. Il fondatore di Arcus è Jon Stryker, gay, appassionato di transumanesimo, a capo della Stryker Medical, un colosso nell’ambito delle tecnologie e dell’impiantistica medica.

Un settore in cui, guarda caso, ha massicci investimenti pure un altro magnate paladino del movimento transgender: Jennifer Pritzker, ex militare pluristellato oggi transgender, che attraverso la sua Fondazione Tawani finanzia il transgenderismo in tutto il mondo. In Italia, preoccupazioni in tal senso sono state espresse più volte dalla Società Psicoanalitica e da quella di Terapia Cognitivo Comportamentale che ricordano come le cause della disforia siano spesso trattabili con la psicoterapia. Non solo. Secondo alcuni studi come quello di Peggy Cohen Kettenis, The Treatment of Adolescent Transsexuals: Changing Insights, la maggior parte dei casi di disforia di genere che emergono prima della pubertà, se non esposti a forme di affermazione e interventi medici, si estinguerebbero alla fine dell’adolescenza. Temi che però al momento sono del tutto esclusi dal dibattito. Anzi. Solo negli ultimi anni negli Usa sono nate 300 nuove cliniche pediatriche di genere. Meglio intervenire subito prima che si perda il mercato.

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