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La formazione à necessaria per garantire il Made in Italy

La formazione à necessaria per garantire il Made in Italy

Si può invertire il deficit di profili qualificati nelle imprese solo con scuole più adeguate. In cui i percorsi tecnico-professionali dei giovani siano connessi finalmente al loro futuro lavoro.


«La carenza di manodopera qualificata costa alle piccole imprese 10,2 miliardi di euro in mancato valore aggiunto a causa di posti di lavoro che rimangono scoperti per oltre sei mesi». È quanto ha detto il presidente di Confartigianato che ha sottolineato «quanto gli sforzi dei piccoli imprenditori per agganciare la ripresa ostacolati dalla difficoltà a reperire 1,4 milioni di lavoratori nel 2022. Tutto questo a fronte del grande spreco rappresentato da 1,5 milioni di giovani tra i 25 e i 34 anni che non si offrono sul mercato del lavoro, un numero che assegna all’Italia il primato negativo nell’Unione europea per giovani inattivi».

La storia è vecchia e irrisolta da almeno vent’anni e presto detta: si tratta del rapporto tra formazione professionale erogata dalle regioni e dagli Istituti tecnico-superiori (Its) che dovrebbero formare i profili lavorativi richiesti dal mercato del lavoro. Se di certo questo avviene perché pochi studenti scelgono questo tipo di formazione (in Italia giudicata cretinamente di serie B per molti anni), è egualmente certo che questi corsi professionali vengono strutturati in modo che potremmo definire «valido per tutti e valido ovunque» quando, al contrario, dovrebbero essere pensati a seconda del mercato del lavoro nelle varie aree d’Italia e specificamente aggiornati nelle materie di studio a quel tipo di specializzazione di cui hanno bisogno le imprese.

La formazione tecnico-scientifica, che si chiude con l’ottenimento di un diploma al quinto anno delle scuole medie superiori, è stata da sempre pensata come un ponte tra la domanda di specializzazione, di manodopera specializzata e le richieste delle imprese. Perché ciò possa funzionare, questo tipo di formazione deve fornire agli studenti strumenti aggiornati nei settori specifici in cui, in quei determinati territori dove studiano, le imprese offrono impieghi specifici che richiedono, appunto, una preparazione adatta a quei lavori, immediatamente disponibile sul mercato. Purtroppo, in moltissimi casi, questa preparazione è standardizzata e propone contenuti fuori dal tempo e soprattutto lontani dalle esigenze delle imprese. Un tale addestramento tecnico significa preparare una persona che deve lavorare in quel settore specifico utilizzando cervello e mani. Quindi, deve essere più vicina possibile al mercato di quella zona o di quella regione e più aggiornata possibile alle esigenze tecniche e scientifiche di quelle aziende che domandano manodopera.

Viceversa, spesso accade il contrario, vengono formulati programmi di formazione professionale in determinati ambiti (per esempio, il cuoio, le calzature, il settore alberghiero, ecc.) e questi programmi non tengono conto degli aggiornamenti tecnici delle imprese dove dovrebbero andare a lavorare questi giovani formati. Rimangono invece standardizzati su nozioni del passato, anacronistiche, non adeguate alle nuove necessità tecnico-produttive. E così, spesso, i giovani si trovano a dover reimparare tutto da capo, senza poter utilizzare le conoscenze acquisite perché, ormai, inutili. Per questo la Confartigianato ha salutato, con speranza e ottimismo l’istituzione, presso il ministero dell’Istruzione e del Merito, di una Struttura tecnica dedicata alla promozione della filiera formativa tecnologico-professionale.

«Con la funzione di sostenere le sinergie tra i percorsi tecnico-professionali, gli Its e il mondo imprenditoriale, con un’attenzione alla formazione di competenze richieste dal mercato del lavoro, all’innovazione e al trasferimento tecnologico». È Confartigianato che ci dice ancora che occorre ritrovare e valorizzare quel talento e quel «saper fare» che sono indispensabili per garantire il futuro del Made in Italy. I nostri tecnici – prendiamo per esempio quelli del settore meccanico – sono richiesti in tutto il mondo e i loro prodotti garantiscono a un Paese come la Germania di poter usufruire di quella componentistica indispensabile alla produzione dei loro manufatti. Questa è una ulteriore prova provata delle capacità della manodopera italiana che, quindi, va stimolata, incentivata, e provvedere a mettere i giovani nella possibilità di essere formati adeguatamente.

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