Home » Attualità » Opinioni » In Italia non passa mai la mania dei complotti

In Italia non passa mai la mania dei complotti

In Italia non passa mai la mania dei complotti

Ultimo in ordine di pubblicazione, quello contro la premier e la sorella. Dire se sia una manovra autentica, un allineamento casuale di pianeti (e auspici), o altro non si può. Ma questi segnali possono anche essere uno stimolo per chi ne è l’obiettivo.


Il complotto politico-mediatico-giudiziario è una figura retorica ormai ricorrente e consolidata nella storia della nostra Repubblica e nel suo retrobottega. Si ripropone ciclicamente e non può dirsi mai confermata in pieno nei suoi dettagli e mai smentita nettamente dalla realtà. Sopravvive a mezz’aria, come una minaccia reale, un alibi frequente, e fonda il gioco delle parti, tra complottanti e complottisti, veri e presunti. L’ultima denuncia a mezzo stampa di un attacco ordito da giornali, sinistra e procure contro Arianna Meloni, la sorella della premier, rientra appieno nel genere letterario, fiorente soprattutto in agosto. Ma ha un fondamento di verità sul piano degli indizi e sulla base dei precedenti.

Il più vistoso, si sa, fu il caso Berlusconi, e la concertazione per farlo fuori. Difficile pensare che sia stato pianificato a tavolino in una congiura tra settori della magistratura, della stampa e del potere politico interno e internazionale; ma è indubbio che quei settori agirono, assunsero posizioni, mirarono alla sua caduta o alla sua incriminazione. Non ci sono elementi per affermare con certezza che fossero il frutto di un complotto o semplicemente un convergere di settori ostili e di fattori negativi contro di lui. E questo a prescindere dalle sue vere o presunte «colpe» politiche, imprenditoriali e giudiziarie. Comunque si avverte qualcosa nell’aria e in alcune posizioni e dichiarazioni. Vaghi sentori ma che spesso hanno prodotto conseguenze reali.

Vero è che la denuncia preventiva di un golpe, di un complotto, di una macchinazione, serve a prevenire e indebolire eventuali progetti e a compattare le forze e i consensi intorno ai governi, soprattutto quando sono insicuri, divisi e vacillanti (ma questo non fu il caso del governo Berlusconi, almeno fino all’affaire Fini, e non sembra il caso di Meloni, se non arrivano sorprese dagli eredi di Berlusconi e loro propaggini). Ma è vero che ci sono magistrati che lavorano da tempo intorno alla premier, ci sono giornali e giornalisti che preparano trappole, campagne e pacchi per inguaiare il governo e l’entourage della Meloni, e c’è il pressing della sinistra, ringalluzzita dalle recenti affermazioni elettorali. Analoghe speranze sono riposte a sinistra nelle votazioni del prossimo autunno in Umbria, Emilia-Romagna e Liguria, dopo aver costretto Toti alle dimissioni (e anche qui c’è chi ha visto il segno di un complotto).

Ed è pure vero che lo spirito maligno della politica nostrana, Matteo Renzi, il folletto a cui riescono ormai solo gli agguati ma non le vittorie, si è rimesso in moto; e in questa fase il suo pendolo va verso il Pd di Elly Schlein, contro il governo, con cui inizialmente aveva quantomeno un rapporto dialettico. Si aggiunga che il Quirinale non è affatto neutro, super partes o almeno equidistante, e seppur con la prudenza che lo distingue, le posizioni che assume Sergio Mattarella sono quasi sempre funzionali alla sinistra in Italia e all’asse democratico-progressista a livello internazionale, giudiziario e mediatico. Poi, dagli Usa l’effetto Trump o Kamala Harris potrà essere determinante per spostare l’asse e gli orientamenti d’opinione di quella fascia intermedia e indecisa. Prima che il Giornale e il suo direttore Alessandro Sallusti lanciassero l’allarme sull’operazione Arianna, avevamo preannunciato sulle pagine de La Verità che era cominciata l’operazione staffetta, per sostituire nell’arco di un anno, alla prima défaillance o momento propizio, il governo Meloni con una nuova alleanza di governo, incentrata su Elly Schlein. L’espressione staffetta non è casuale: chi si avvicenda non cambia il percorso ma si attiene all’obiettivo prefissato da chi giuda realmente il potere e lo indirizza. Per rovesciare un governo basta poco per mandarlo in default, anche uno spread.

A livello internazionale non sono piaciute alcune scelte della Meloni; ma lo sfavore esterno s’incontra o quantomeno s’incrocia con la linea prevalente nella stampa nostrana, nei settori più militanti della magistratura e in alcune porzioni importanti del Deep State italiano ed euro-atlantico. E naturalmente nel «dark power» ancora vigente della sinistra. Da qualche tempo, dopo un anno di scetticismo e incredulità, è in corso una specie di investitura politico-mediatica di Elly Schlein. Troppi indizi lo confermano, non la trattano più come una figura di transizione, una dilettante. La politica ci ha ormai abituato ad ascese e cadute sempre più veloci, perché nessuno deve radicarsi nel potere, le carriere politiche durano al massimo l’arco di un triennio; con ricambi repentini, governi di tregua, fino a compiere giri completi di turnazione: antipolitici e politici, tecnici e grillini, sinistre e destre, munite di centro.

Naturalmente non avevamo elementi per annunciare complotti e golpetti, ma più realisticamente mettevamo in fila questi fattori, sapendo che quando si allineano i pianeti, non solo a livello astrale, di solito succede qualcosa. Le denunce preventive possono servire a chi sta al governo a predisporre misure adeguate, e a giocare in anticipo spiazzando gli avversari e mobilitando l’opinione pubblica. Sono avvertimenti utili per non cadere dal pero e risultare sprovveduti e disarmati rispetto alle manovre in corso. Insomma, per tornare all’inizio: è fuori luogo parlare di complotti anche perché non si ritroveranno mai elementi probanti per affermare, e nemmeno per smentire, la trama di una congiura. Ma è realistico collegare i punti a rischio, i fattori ostili, le campagne mediatiche e fare qualche previsione. Il complotto lo lasciamo ai cultori della materia.

© Riproduzione Riservata